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Paolo Quaregna: un’avventura culturale nel cinema italiano

Creato il 11 settembre 2010 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

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Paolo Quaregna e Giovanni Berardi

Oggi il regista Paolo Quaregna è contento. L’iter produttivo del suo terzo film a soggetto, Madame Ba, tratto dal romanzo francese di Erik Orsenna, è pronto; dopo uno stop dal grande schermo durato ben undici anni, il suo ultimo film Dancing North è infatti uscito, “maldistribuito tra l’altro” confessa il regista, nell’estate del 1999. In questi lunghi anni Paolo Quaregna non è rimasto certamente con le mani in mano, ma ha diretto documentari, ha prodotto un film, L’isola, opera prima di Costanza Quatruglio, ma soprattutto è andato in giro per il mondo ad assimilare e ad assemblare usi ed abitudini di culture diverse e lontane.

Oggi Paolo Quaregna vive a Sabaudia, il suo buon ritiro, anche spirituale, con il monte di Circe che sembra adagiarsi sul mare e la sagoma di Torre Astura a fare da cornice, tra i gatti che vanno e vengono, al quale il regista non nega la sua umana, poetica disponibilità. Sabaudia, vissuta quasi come una linea di confine oltre la quale sembra abbandonarsi il mondo. Fisicamente Quaregna è un uomo molto elegante nella sua totale semplicità, è ancora un ragazzo, anche se nato nel 1946. Sarà un film molto atteso, Madame Ba, in lavorazione tra breve, e molto partecipato, per l’ormai lungo silenzio del cineasta, un autore che ha tratto, in definitiva, un affascinante motivo creativo dal suo anomalo percorso cinematografico. Un’attività cominciata relativamente tardi nel cinema, e dopo impegni assai sentiti in altri settori della vita sociale e civile. Quaregna, piemontese di Ivrea, era un professore di scuola, cresciuto con il sacro fuoco della settima arte, tra collettivi politici ed avanguardie teatrali, ”anni di grandi possibilità per la creatività” ricorda il regista. Al contempo la situazione storico culturale della scuola, decisamente mediocre, era sicuramente vissuta da Quaregna in maniera opprimente, senza neppure un segnale di liberazione emotiva o di partecipazione coerente, e quindi matura in lui la decisione di “mollare tutto e andare via”, “un uomo che si gioca il cielo a dadi”, come cantava Roberto Vecchioni proprio in quegli anni.

Film come Una donna allo specchio (1984) e Dancing North(1999) hanno comunque assicurato a Paolo Quaregna un posto di rilievo tra le righe della storia del cinema italiano recente, e la scelta di vivere appartato a Sabaudia, lontano dai clamori della società del cinema, lo ha certamente fortificato, maturato anche, in qualche maniera mitizzato.

Un documentario importante girato nel 1982 è Felicità ad oltranza, realizzato come una testimonianza, finanche poetica, sul disperato mondo dei malati di mente, soprattutto in rapporto con il mondo dei sani, necessità ed opportunità riuscita anche grazie alle tappe fondamentali che la pellicola ha raggiunto: proiezione fuori concorso alla mostra del cinema di Venezia, passaggio alla prima edizione del Festival del cinema di Torino, l’invito al Forum di Berlino. Poi l’idea del film a soggetto che segna l’esordio nel mercato del cinema, appunto Una donna allo specchio. Dice Paolo Quaregna: “In realtà volevo proprio fare un film. A pensarci oggi, l’esigenza del lungometraggio a soggetto, che avevo fortemente dentro in quegli anni, era solo la mia voglia di fare dei film”. Segue un percorso tipico dei giovani registi, l’arrivo a Roma, il giro per gli uffici dei produttori con i foglietti in mano e la storia del film da spiegare e fare capire. Aggiunge Quaregna: “L’idea primaria, quella che riempiva il mio trattamento, era questa avventura erotica di tre giorni, durante il carnevale di Ivrea. L’erotismo ed il carnevale, che anche per tradizione si legano tra loro, in qualche modo avevano dato senso ad una storia in cui i personaggi colmavano soprattutto un percorso d’identità nell’erotismo”. Enzo Gallo è stato il primo produttore a credere e ad investire nell’idea. Ed è lo stesso regista, una volta terminata la fase di preparazione economica, a contattare personalmente Stefania Sandrelli, che diventerà la protagonista del film, raggiunta nel pieno delle sue forze di attrice moderna. La Sandrelli veniva da un successo come quello de La chiave di Tinto Brass, un soggetto, anche questo, a forti tinte erotiche, in cui l’attrice aveva intelligentemente e saggiamente rimesso in gioco la sua carriera, tanto da autorizzare critici autorevoli a scrivere che l’attrice stava vivendo una seconda carriera, con un ruolo che saprà confermare, proprio con il film di Quaregna. “È una vera attrice la Sandrelli” spiega Quaregna “un’attrice che ha saputo rischiare anche con personaggi lontani dalla sua personalità”. La presenza della Sandrelli, in un certo senso, è anche all’origine del coinvolgimento di Gino Paoli come compositore della colonna sonora del film. Si capisce subito che Quaregna di questa colonna sonora è particolarmente orgoglioso. “Sono particolarmente soddisfatto” racconta Quaregna “perché Paoli è stato conquistato a poco a poco dal film, tanto da dedicare alla colonna sonora una canzone ex novo, quella “Una lunga lunga storia d’amore”, che nel mondo della canzone d’autore è diventata ormai un cult senza tempo”.

Una donna allo specchio ha fatto certamente ridere il suo produttore ed i suoi distributori: il film si è classificato tra i primi venti per gli incassi della stagione ’84-‘85, ma per Quaregna è scattato quello che si dice ‘pagare lo scotto’ per il successo commerciale di un film, specie se girato da un esordiente, un regista ancora pulito dalle etichette e dalle definizioni, perché le proposte che dall’ora in poi arrivarono a Quaregna furono tutte dello stesso tipo. “Sembrava in atto proprio un sistema preciso per andare avanti per anni con film in cui l’interesse erotico era assolutamente in primo piano, mentre io volevo solo comunicare attraverso le immagini e non fare film erotici tutta la vita” ricorda Quaregna.

Ad esempio la coppia Gabriele Lavia-Monica Guerritore si adagiò per qualche anno nel filone erotico ormai aperto, e conquistò più di un successo commerciale. Questo modo di agire produttivo, pensiamo, è la ragione per cui Quaregna non ha fatto più film a soggetto per ben undici anni, quasi che un recondito diniego interiore lo sconsigliasse, tanto che nel suo secondo film, Dancing North, progettato a Parigi e realizzato in Canada nel 1999, le tematiche sul conflitto tra creatività e mercato vengono fuori tutte. Dancing North è una leggenda rock, una favola metropolitana.

Ora il futuro immediato di Quaregna nel lungometraggio a soggetto è, come si diceva sopra, Madame Ba, tratto dal romanzo di Erik Orsenna. Il film, che sarà girato con capitali francesi, con un cast artistico e tecnico tutto francese, rappresenta dunque il ritorno di Quaregna in Africa, continente che il regista ha imparato ad amare a ridosso dei numerosi viaggi compiuti in quelle terre. Viaggi alla ricerca di sé, ma anche di lavoro, che si sono trasformati in una sorta di amore profondo: “Impossibile non ritornare in Africa una volta che ci sei stato” dice Quaregna “è un modo di vivere che ci si sente fieri di aver provato”. Madame Ba poi affronta tematiche che certamente rappresentano in pieno quelli che oggi sono gli ideali cari al regista: la salvaguardia di una identità, di una cultura, la protezione di un ambiente, l’Africa (e nel caso specifico il Mali), sempre e comunque minacciata, nel bene e nel male, dal mondo del capitale e del consumo, ormai quasi totalmente indiscriminato. Madame Ba è la storia di una donna, non africana, che tenta disperatamente di difendere il nipote, promessa del misero calcio locale, dalle lusinghe di un gruppo di occidentali interessati a portare il ragazzino in Europa per farlo giocare in un importante club. Si scoprirà, infine, che Madame Ba avrà ragioni da vendere per diffidare.

Quaregna non ama la televisione italiana, o meglio la difficoltà, gravosissima, di intavolare un colloquio, una discussione, un contraddittorio con i responsabili delle strutture, per non parlare di quel linguaggio così propenso al consumo immediato, ormai specialista ad allontanare la gente dalle emozioni ed avvicinarli solo al superfluo. Ed infatti la televisione in Italia non l’ha mai fatta. “Ignoro anche la via per arrivarci” confessa. Quaregna però, di controcampo, ha firmato parecchi documentari nella sua carriera, prodotti e passati anche, e con facilità, alla televisione francese. “La televisione francese ha tutto un altro sistema” dice Quaregna “non è quell’unico moloch come quella italiana, in cui Rai e Mediaset fingono di essere concorrenti ma in realtà si scambiano i progetti. In Francia con i dirigenti ti ci confronti, apri un dibattito. In Italia pare che questo non succede”. Tra i suoi documentari, e sono ben undici in quindici anni, troviamo Lotte pontine (2006), che Quaregna reputa “un lavoro non d’autore”, “una piccola cosa, locale”, in quanto realizzato per soddisfare pienamente un’esigenza altrui, quella del sindacato dei lavoratori della Cgil pontini. Il film, passato con notevole interesse al FondiFilmFestival 2007, si avvale della collaborazione dei dirigenti sindacali di Latina, Salvatore D’Incertopadre e Lia Lepri.

Ma soprattutto è da segnalare La distanza – Felicità ad oltranza 25 anni dopo (2008), ripresa appunto del suo docufilm d’esordio Felicità ad oltranza (1982), integrato con oltre trentacinque minuti di montaggio; un argomento fortissimo, come già detto, la malattia mentale, trattato con enorme umanità e sapiente poesia, come pensiamo debba essere trattato un tema del genere, che colpisce le sensibilità. E la felicità, per tutti gli altri, per tutti noi cioè, per gli spettatori, sarebbe a questo punto vedere La distanza – Felicità ad oltranza  25 anni dopo nelle sale. Michael Moore, in Italia, come nel mondo intero, ha fatto ormai scuola, e il documentario lungo, dai temi forti, attuali, può anche arrivare al grande pubblico. E’ un auspicio, ed insieme un augurio, forse anche un intuito, un suggerimento. Chissà.

Giovanni Berardi


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