Rabbia e frustrazione. Gli unici sentimenti che possono scaturire da una sentenza come quella che ha assolto gli otto agenti del settimo reparto celere di Bologna, accusati di lesioni gravissime ai danni di Paolo Scaroni, sono rabbia e frustrazione. Rabbia e frustrazione perché a oltre sette annni di distanza dai fatti non sappiamo chi ha massacrato di botte un ragazzo che allora aveva 29 anni, causandogli una invalidità del 100%, cancellando d’un sol colpo tutto il suo passato. Un ragazzo colpevole di nulla. O meglio, colpevole di essere un ultras, “naturalmente” pericoloso; da rendere comunque innocuo, magari con una gragnuola di manganellate sulla testa.
La vita di Paolo comincia e finisce la sera del 24 settembre 2005 alla stazione di Verona. Si perché, dopo quello che è accaduto, Paolo ha perso gran parte dei suoi ricordi, la sua adolescenza, e allo stesso tempo la sua esistenza è stata irrimediabilmente e tragicamente compromessa. Insieme agli altri ultras del Brescia, circa 800, è di ritorno dalla trasferta col Verona. Una partita pericolosa per le questure, ma fortunatamente allo stadio tutto è filato liscio. Ma alla stazione, con i tifosi brescianiin procinto di partire, succede il finimondo. Mezz’ora di cariche violentissime con i lacrimogeni sparati nei vagoni. Una trentina di feriti tra i tifosi, donne comprese, e Paolo che entra in coma. Si risveglerà 64 giorni dopo. Vivo per miracolo.
Negli istanti successivi all’accaduto, la versione ufficiale è quella di un malore a seguito di uno scontro con i tifosi veronesi. Poi però Paolo si è svegliato e ha raccontato quello che riusciva a ricordare. E le bugie si sono vaporizzate ad una ad una, confermate nel corso del processo dalle testimonianze dei macchinisti del treno e della polfer. Non c’erano ultras veronesi che bloccavano i binari; nessuno scontro tra tifoserie: “Erano almeno quattro celerini, con i caschi. Mi urlavano: bastardo. Picchiavano con i manganelli impugnati al contrario per farmi più male”.
Solo nel 2011 si è arrivati ad un processo. Un processo compromesso in partenza da un fatto vergognoso: la manomissione della principale prova per l’accertamento della verità. La polizia era in possesso di un video con la registrazione di quei momenti concitati, ma quando è arrivato in mano ai magistrati il video ha subito un taglio. Una decina di minuti, proprio quelli nei quali è avvenuto il pestaggio di Paolo. Rabbia e frustrazione.
E così, ieri i giudici, pur confermando che la sqaudra incriminata si trovava nell’area dove è avvenuto il pestaggio, non hanno potuto determinare le effettive responsabilità. Poiché non vi era una sola squadra mobile sul luogo, non è possibile individuare con certezza quella responsabile del pestaggio. Mancano le immagini, quelle più iportanti, e allora tutti assolti per insufficenza di prove. Mancano le immagine è vero, ma mancano anche le testimonianze degli altri poliziotti non imputati. Un comportamento omertoso denunciato dall’avvocato di parte civile, Alessandro Mainardi: «Buona parte di questi imputati ha ammesso di essersi trovato nel punto in cui c’era anche Scaroni – ha detto Mainardi -: pur essendo nella condizione privilegiata di vedere, è scandaloso che nessuno dica di aver visto qualcosa di anomalo. Per gli imputati capisco la legittima opportunità di non essere sinceri, per altri no. Qualcuno un anno fa, nel corso di una delle tante udienze, disse di essere arrivato nel posto in cui c’era Scaroni dopo che la squadra di Bologna aveva sistemato la situazione con una carica. Nessuno, dai macchinisti del treno ai tifosi ad altri testimoni, ha mai detto che c’erano i presupposti per una carica violenta».
Tutti assolti, dunque. Ora è previsto un supplemento di indagine per capire come sia stato possibile tagliare il video, di fatto alterando l’esito del processo. Quando saranno rese note le motivazioni della sentenza si potrà capire se ci sono i margini per una causa di risarcimento civile. Se i poliziotti avessero avuto un numero identificativo, probabilmente oggi si saprebbe chi sono i responsabili. Anzi, se i poliziotti avessero un numero identificativo questo e altri episodi analoghi, forse, non sarebbero mai accaduti. Rabbia e frustazione.
p.s. Poche ore dopo che Paolo veniva massacrato, un altro ragazzo veniva ucciso da uomini in divisa. Succedeva a Ferrara.