Neppure il tempo di annunciarne la beatificazione, che le associazioni gay, ieri, già esultavano: viva Paolo VI, viva il Papa gay. Spiace davvero deludere tanto entusiasmo, ma la notizia della beatificazione di Papa Montini (1897-1978) – proveniente dalla Congregazione per le Cause dei Santi, che ha ufficialmente riconosciuto il miracolo attribuito all’intercessione di Paolo VI, verificatosi con l’inspiegabile guarigione di un bambino – può essere l’occasione di fare definitiva chiarezza su una bugia che, contraddicendo l’antico adagio, ha avuto le gambe lunghe. A prescindere da come si consideri l’atto omosessuale, se si ritiene che i fatti debbano prevalere sulle chiacchiere, non si può infatti permettere che un falso storico di simili, enormi dimensioni seguiti ad essere ritenuto autentico.
Partiamo dunque da essi, i fatti. Che ebbero inizio nell’anno 1976 quando il diplomatico e scrittore Roger Peyrefitte (1907-2000) sulle pagine dalla rivista francese “Lui” per primo parlò dell’omosessualità di Montini facendo pure nome e cognome di colui che ne sarebbe stato l’amante ai tempi dell’episcopato ambrosiano e forse anche dopo, vale a dire l’attore Paolo Carlini (1922-1979). Una liaison così intensa, si è persino detto, da spingere il Pontefice a chiamarsi Paolo in omaggio all’amato. Questa storia – che negli anni è stata arricchita di particolari da altri libri quali Peccati scarlatti (Edizioni libreria Croce) di Biagio Arixi o Controvita di un papa di Franco Bellegrandi (Eiles) – da un lato non ha alcun fondamento e, dall’altro, ha una spiegazione semplice.
La spiegazione sta nel forte disappunto provato da Peyrefitte rispetto al magistero di papa Paolo VI, che in un documento confermò le posizioni della Chiesa in materia di omosessualità. In realtà – come conferma anche una fonte insospettabile come Gianni Rossi Barilli, giornalista e storico della cultura gay – non solo nella presa di posizione di papa Montini non v’era crudeltà ma addirittura con essa il Santo Padre «introduceva inedite sfumature di morbidezza nel raccomandare “comprensione” verso le persone omosessuali» (Il movimento gay in Italia, Feltrinelli 1999, p. 172). Potremmo insomma dire che, ben prima di quelle di papa Francesco, furono di Paolo VI le prime “aperture”, per dirla con espressione giornalistica assai equivoca ed oggi di moda.
Tuttavia Roger Peyrefitte – che era dichiaratamente gay – non volle sentir ragioni e considerò quelle di Montini parole intollerabili e disse quel che disse. Per farsi però un’idea sulla credibilità che potevano avere le dichiarazioni dello scrittore sul papa, basti ricordare che lui, Peyrefitte, era uomo dall’esistenza fuori dagli schemi (si autoproclamò «il più conosciuto difensore dei diritti gay» e a causa dei propri eccessi fu espulso dalla pur tollerante diplomazia francese) e che, soprattutto, quelle su Paolo VI non erano le sue prime “rivelazioni” sui presunti scandali vaticani. In precedenza, infatti, con un romanzo intitolato “Le chiavi di San Pietro“, uscito in Francia nel 1956 e pubblicato in Italia da Longanesi, avvalendosi di fumose confidenze altrui, Peyrefitte alluse ad una storia fra papa Pio XII (1876-1958) ed il conte Enrico Pietro Galeazzi (1896-1986).
Quella degli amori gay dei papi, insomma, era un’autentica fissazione dello scrittore francese, assetato di scandali e sempre desideroso di calamitare su di sé gloria ed attenzioni. Ciò non toglie che papa Paolo VI abbia purtroppo sofferto, e parecchio, per quelle insinuazioni – durante la Quaresima dello stesso anno delle dichiarazioni di Peyrefitte, il 4 aprile 1976, dalla finestra di piazza San Pietro denunciò ai fedeli e al mondo «le cose orribili e calunniose dette sul suo conto» – insinuazioni che, come abbiamo detto, continuano ancora oggi a circolare. Questo anche se – come ha ammesso, fra gli altri, anche un giornalista esperto di quegli anni e non tacciabile di sudditanza clericale come Lino Jannuzzi – «non c’ era alcuna prova a conferma di quelle voci» (Corriere della Sera, 27/1/2006, p. 20).
Voci che oltretutto non furono le sole sul conto di Montini. Prima della sua nomina a pontefice, per dire, alcuni mormoravano di una relazione con una suora conosciuta in Africa. Relazione che, peraltro, se vera sconfesserebbe l’ipotesi dell’omosessualità e della storia con Carlini, che non riferì mai di una storia con Paolo VI salvo a quanti assicurano di aver raccolto dall’attore rivelazioni che, deceduto nel 1979, l’interessato non ha potuto confermare né smentire. Parole, parole e soltanto parole, dunque. Ecco perché conviene non stupirsi, quando si sente di presunti scandali nella Chiesa: quasi sempre sono bufale. Del resto, ben prima del successo mondiale di Dan Brown, fu padre Giuseppe De Luca (1898-1962) a dirlo: «Da quando esiste una curia romana, esiste una denigrazione della curia romana. Si può dire ch’è quasi un genere letterario».