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Papa buono e papessa Bonino

Creato il 10 febbraio 2016 da Albertocapece

d80634c6256b3e3784a74d76ef8516d8Le inaspettate e stravaganti lodi di Papa Francesco alla Bonino, per “aver offerto il miglior servizio per conoscere l’Africa”venute proprio nel momento in cui è in corso una battaglia sulle libertà civili nel quale la Chiesa sta muovendo tutte le sue pedine, offrono finalmente un quadro più preciso della confusione italiana oltre che del muoversi a tentoni del Vaticano dentro posizioni di rinnovamento di facciata. Chiara la strumentalità di mettere su un piedistallo una persona non per ciò che ha fatto, per cui è nota agli italiani e invisa ai cattolici, ma per motivi del tutto diversi, discutibili, marginali e francamente legati a doppio filo con le politiche imperialistiche in Africa e al famigerato export di democrazia. Per motivi analoghi anche se non eguali meglio un pietoso silenzio sulla inconsulta laudatio nei confronti di Napolitano.

Questo però ci dà innanzitutto la possibilità di sgombrare il campo da un vecchio equivoco, generatosi proprio a causa del potere del Vaticano in questo Paese: il fatto che tutto un ambiente liberal sui diritti civili, ma estremamente conservatore, se non reazionario quanto al sociale, come quello radicale, sia stato confuso tout court con il progressismo a causa della resistenza della Chiesa e dei suoi referenti politici ad ogni tentativo di rinnovamento. E infatti non si contano i radicali in forza al berlusconismo e ora al partito della nazione il cui orizzonte è esclusivamente quello delle libertà individuali le quali, in assenza di una tensione verso l’eguaglianza sociale, anzi dentro una teorizzazione della disuguaglianza, diventano di fatto diritti accessibili solo a chi se lo può permettere. Ben vengano, per carità, non è questo il punto, ma in un contesto di riduzione di libertà effettiva e di reale rappresentanza democratica, rischiano di essere una sorta di asimmetrica compensazione.

L’altro equivoco messo in luce da questa singolare vicenda rivela la natura sostanzialmente mediatica del rinnovamento di cui sarebbe portatore Papa Francesco e che si concretizza spesso in prese di posizione più apparenti che reali, in allusioni piuttosto che in opere. Forse esprimono un dover essere che non riesce a divenire essere per mancanza dei necessari presupposti di rinnovamento dottrinale. Questo vale sia nella politica interna della Chiesa, sia nella predicazione di pace e lavoro che si arena regolarmente di fronte ai bastioni dell’economicismo liberista, sia ai presunti successi diplomatici di cui abbiamo un esempio proprio in questi giorni con il viaggio a Cuba e l’incontro con il patriarca ortodosso di Mosca. L’esempio della Turchia è illuminante: tutti ricordano la reazione offensiva e minacciosa di Erdogan nei confronti del Papa perché questi nella primavera scorsa aveva  parlato del genocidio armeno che i Turchi non vogliono né conoscere, né riconoscere. Naturalmente si è cercato di ricucire lo strappo e il Vaticano ha ceduto su tutta la linea: una nota del 3 febbraio uscita dalla Santa Sede non parla più di «genocidio» bensì dei «tragici avvenimenti del 1915», un adattamento totale alla elusiva e ipocrita versione turca.

Questa sarebbe la “diplomazia della misericordia” come viene chiamata adesso, ma l’episodio va ben oltre i suoi confini: è in realtà uno sventolare bandiera bianca di fronte al potere globale che ha fatto della Turchia una roccaforte nella creazione di caos in medioriente e che quindi non andava moralmente isolata, tanto più dopo l’intervento russo contro l’Isis. Dunque un cedimento sia pure indiretto, di fronte all’orrendo carnaio mediorientale allestito dall’occidente, di fronte anche ai massacri di cristiani da parte dell’Isis, notoriamente sostenuta dai Turchi anche se sottobanco. Se il Papa chiede giustamente accoglienza e umanità per i profughi, non può però far finta di non vedere le cause che hanno provocato l’ondata migratoria e darla vinta ad Erdogan e a tutto il mondo marcio che egli esprime. Insomma non si può tirare il sasso e ritirare la mano se si vuole davvero cambiare. Non si può chiedere una Chiesa povera e caritatevole per poi servirsi della più bieca idolatria dando in pasto reliquie ai meccanismi economico – turistici di gerarchie chiesastiche insoddisfatte dallo scarso successo di cassa del giubileo.

Se questi sono i presupposti si può prevedere che anche l’incontro cubano con il patriarca moscovita, ha grandi probabilità di rimanere sospeso a mezz’aria, finendo per non essere un passo significativo nella demolizione dell’ ossessiva demonizzazione della Russia da parte degli Usa, dunque una contestazione delle politiche imperiali, né un passo verso una maggiore unità religiosa, ma solo tonnellate di bit in archivio.


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