Il saluto a Manila, da un lungomare gremito fino allo spettacolare Rizal Park, a sette milioni di persone, che hanno partecipato alla celebrazione eucaristica dell’ “arrivederci” di Papa Francesco( il Papa quasi certamente tornerà ancora in Asia e probabilmente in Cina) è stato, in modo speciale, indirizzato alla gioventù numerosa di questo Paese di antiche radici cristiane.
Del resto saranno i giovani, gli uomini del domani, a rendere concreto quello che è il deposito della propria fede e della propria cultura, traducendoli in azioni mirate al bene della collettività.
E ciascuno lo farà, com’è normale che sia, con il proprio compito e secondo le proprie attitudini.
Pertanto, com’è abituato da sempre a rapportarsi, con un parlare molto diretto e affettuoso, Papa Francesco è entrato subito in argomento e ha detto loro che il mondo, in cui essi vivono e che tutti noi attualmente viviamo, consente d’abbracciare un’impensabile numero d’ informazioni rispetto al passato, grazie alle odierne tecnologie.
E’ questo certo è un bene. Un grande bene. Un tesoro posseduto ma che occorre utilizzare con la giusta intelligenza.
E intelligenza che, secondo il pontefice, specie per chi è giovane, significa imparare a guardare al mondo e alla vita con rispetto e con amore, persino quando pigiamo i tasti di un computer per informare. E, quindi, per divulgare. Oppure, all’incontrario, per ricevere, a nostra volta, informazioni.
E l’ amore richiesto, cui il Papa si riferisce, è solo quello che ci insegna Gesù.
Sarebbe a dire di saper usare, nelle più disparate occasioni, molta intelligenza (discernere con mente sgombra), molto cuore (affettività sincera e mai pappa di cuore) e moltissimo attivismo ma non fine a se stesso ( mani e piedi).
Mani per il fare, dunque, e piedi per l’ andare. Dove c’è il bisogno.
Credo che più chiaro di così Papa Francesco non potesse essere stato.
Il contrario, quanto all’uso smodato delle tecnologie, non sarebbe altro che un ingozzamento insensato di notizie, in un blà blà superficiale e vanesio, paragonabile all’inquinamento riscontrabile in certi contesti naturali, ormai irreparabilmente danneggiati.
E quanto ha detto, rivolgendosi alla gioventù presente, includeva e sottintendeva, per le orecchie degli adulti presenti, la sofferenza in animo del pontefice per quelle esistenze schiavizzate e abusate dei più piccoli, dei senza famiglia, dei ragazzi di strada.
Alcuni dei quali, senza difesa alcuna, a quanto pare, sono stati addirittura fatti scomparire dalle vie, per ordine delle autorità locali, perché non turbassero, con le loro immagini cenciose, il clima di festa di questi giorni.
Per essi Papa Francesco ha chiesto protezione.
Una parola sola pronunciata, che dice tanto. Che dice tutto.
Protezione significa anche mettere fine a certa pedopornografia e pornografia tout court, che insozza l’immagine di un Paese in cui i più, invece, sono uomini e donne onesti e laboriosi,amanti della propria famiglia e attenti all’avvenire dei propri figli.
Come si evince anche dai molti incontri con i lavoratori e le lavoratrici delle comunità filippine, attivi nelle nostre città occidentali
Per finire, un altro incontro col dolore, nella stessa mattinata, prima del commiato.
Quello di Papa Francesco con il padre della giovane volontaria Kristel, rimasta uccisa sabato, a Tacloban, per il distacco di un manufatto di acciaio, a causa del maltempo.
Anche qui silenzio e tanto ascolto condiviso da parte del pontefice.
In quanto è l’ascolto il presupposto dell’autentico dialogo. E lo è per tutti e in ogni circostanza.
Marianna Micheluzzi (Ukundimana)