Intervista all’arcivescovo di Campobasso-Boiano sulla visita del Papa in Molise
Con un occhio al futuro
di Gaetano Vallini«Per la visita del Papa in Molise abbiamo scelto lo slogan “Dio non si stanca di perdonare”. Certo, anche la nostra comunità ha qualcosa da farsi perdonare. Altrimenti non saremmo stati scelti. Siamo stati scelti proprio perché siamo fragili, deboli, limitati e peccatori». Monsignor Giancarlo Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Boiano, spiega così la presenza domani, sabato, di Papa Francesco nella regione. Dopo Lampedusa, Cagliari e Cassano allo Ionio, un’altra visita nel Mezzogiorno. E quella di domani sarà la terza di un Pontefice nella regione dopo le due di Giovanni Paolo ii nel 1983 e nel 1995.Com’è nata questa visita?
In realtà è nata due anni fa, con un invito rivolto a Benedetto xvi in occasione del sesto centenario di uno dei santuari più antichi del Molise, quello di Cercemaggiore. Gli chiedemmo il semplice dono di una visita breve, essenziale, con la recita del rosario. Nel gennaio del 2013, in visita «ad limina», noi vescovi ribadimmo quell’invito. Benedetto xvi ci rispose con un sorriso: nel cuore aveva già maturato la sua scelta di umiltà. Ma mai avremmo creduto che in seguito Papa Francesco avrebbe pensato di venire in Molise. E invece a marzo una telefonata inattesa dal Vaticano... Sì, è un dono. Ci siamo sentiti scelti. Ed è stata scelta una regione nel suo insieme, non un santuario o una chiesa particolare. Quindi un gesto di vicinanza verso l’intera società e verso la comunità ecclesiale con le varie realtà delle quattro diocesi molisane».
Evidentemente la crisi che attraversa il Paese si avverte pesantemente anche nel Molise. Quale realtà si troverà dinanzi il Papa?
I problemi sono evidenti. Non è una novità e sono legati un po’ a tutto il centro-sud. Davanti al Papa parlerà un’operaia della Fiat, e per l’occasione abbiamo invitato i vertici dell’azienda, per ribadire che abbiamo grande considerazione per questa realtà e vorremmo che nel processo di globalizzazione non fosse messa da parte. Ci preoccupa la crisi dell’intero settore industriale. Allo stesso tempo chiediamo maggiore attenzione al mondo rurale, che sarà rappresentato domani da un giovane cresciuto nel mondo agricolo dei nonni e dei genitori, ma che ha studiato all’università. Vogliamo contadini non per costrizione ma per vocazione, appoggiati anche dal mondo finanziario, e che rispettino la tipicità dei luoghi con questi concetti chiave: custodia della terra, dignità dei lavoratori, giustizia nella dimensione economica.
Quelli della giustizia e della dignità dei lavoratori sono temi sui quali la Chiesa si sta impegnando molto...
A testimoniare l’impegno della nostra comunità ecclesiale in questo senso sarà una donna, madre di un bimbo di due anni e in attesa di un altro. Racconterà al Papa la fatica nel comporre i tempi del lavoro con quelli della famiglia e rilancerà un appello per una vicenda che ci sta a cuore, cioè la chiusura domenicale dei centri commerciali. Un primo segno positivo lo avremo proprio domani, quando in occasione della visita del Papa i centri commerciali resteranno chiusi fino alla sua partenza. Non era mai avvenuto.
La terza cosa su cui puntate?
L’università. Vorremmo che il mondo della cultura fosse trainante, che la formazione di tutti fosse la vera risposta alla crisi. Non lamenti, dunque, ma studio.
Quale Chiesa troverà Papa Francesco?
Una Chiesa dignitosa, certamente con i suoi limiti e le sue fatiche, tipiche della realtà italiana di oggi: una certa stanchezza, autoreferenzialità, un pizzico di mondanità spirituale, alcune frammentazioni. Non mancano certo elementi positivi, anzi. A partire dall’unità dei vescovi, che significa capacità di elaborare una strategia comune. Abbiamo una sola rivista quindicinale per le quattro diocesi, una rarità in Italia. C’è poi la capacità di valorizzare la tradizione popolare, cioè la volontà di non distruggere il passato, per guardare al futuro con un presente di coraggio; un presente che ha soprattutto il volto dei giovani. Ne avrà un segno il Papa, che a Castelpetroso parteciperà a una sorta di gmg in piccolo, con i giovani delle undici diocesi dell’Abruzzo e del Molise.
Poi ci sono anche quelle che lei ha definito alcune «perle di santità».
È vero. Con un intento non di declamazione ma di edificazione, davanti allo stadio in cui il Papa celebrerà la messa ci sarà un grande banner con i nomi e i volti di dieci testimoni della fede: laici, religiosi e sacerdoti molisani o che qui hanno vissuto la pienezza del Vangelo. Tra loro c’è, ad esempio un fratello coadiutore degli stimmatini, Roberto Di Giovanni, figlio di genitori nativi di Isernia emigrati in Brasile nel 1907. Lì ebbero questo figlio poi diventato religioso, che visse una tale povertà e dedizione alla carità al punto che alla morte la congregazione ne avviò la causa di beatificazione. Ma ci sono anche due vescovi, monsignor Secondo Bologna e monsignor Vittorio Fusco, Padre Pio, san Giovanni di Tufara, fra Immacolato Brienza. Volti di santità, uno più prezioso dell’altro.
Come ci si è preparati all’incontro con il Papa?
Soprattutto con la preghiera. Ne abbiamo preparata una, che è stata recitata tutti i giorni nelle parrocchie. Poi con una serie di incontri sul magistero, sui viaggi del Papa nelle periferie della storia e su una lettura della nostra realtà. Ma lo abbiamo fatto anche attraverso l’organizzazione. Abbiamo sofferto, anche discusso animosamente, ma alla fine abbiamo trovato un’unità di intenti che ci ha edificato. Avremmo potuto mettere su un tavolo di esperti e decidere tutto, invece abbiamo chiesto consigli, abbiamo fatto un progetto, verificato, cambiato, rivisto più volte, ma alla fine è diventato un progetto bello, popolare, soprattutto condiviso. E come si caratterizzerà questa visita?
La città non ha ampie spianate, e dunque vivremo la logica dell’abbraccio. Lo stadio dove il Papa celebrerà la messa non è grande, ma raccoglierà nel cuore della città venticinquemila persone. Poi noi ci auguriamo che il Pontefice possa essere salutato da centomila fedeli in città, da ventimila a Castelpetroso e altri trentamila a Isernia, insomma quasi la metà della popolazione della regione. In ogni caso sarà un avvenimento con un coinvolgimento molto ampio. E che lascerà un segno concreto. Il Papa inaugurerà una mensa per i poveri, la «Casa degli angeli»: la benedirà e si siederà a tavola con i primi ospiti. Sarà un segno particolare perché nella struttura ci saranno anche un servizio docce, un emporio solidale, un luogo di ospitalità per gli sfrattati. Un’esperienza di servizio realizzata grazie alla sintonia in questo ambito tra Chiesa e istituzioni locali.
Cosa si aspetta il Molise?
Come Chiesa ci aspettiamo una conferma nella fede e nella misericordia di Dio. Ma anche nella logica dell’incontro, che è basilare per qualsiasi iniziativa ed è il contrario della logica dello scarto, e infine nell’impegno nell’accoglienza. Ma, come ho detto, il Papa incontrerà anche la società civile. Ci attendiamo allora una parola bella, vera, sul tema del lavoro, un sostegno al patto per il lavoro che il Molise sta costruendo giorno per giorno. In definitiva, un messaggio di grande speranza per il futuro.
A colloquio con il vescovo di Isernia-Venafro
Una comunità che guardaai bisogni della genteNominato vescovo l’8 maggio, ordinato l’11 giugno, è entrato nella diocesi molisana di Isernia-Venafro il 28 e 29. E domani, 5 luglio, accoglierà Papa Francesco. «Davvero un inizio col botto», scherza monsignor Camillo Cibotti, che non nasconde un po’ di comprensibile agitazione per questo avvio di ministero episcopale effettivamente singolare. «È una benedizione di Dio certamente — aggiunge — ma, oltre che con trepidazione, sto vivendo questo momento anche con entusiasmo e gioia nel registrare la festa della comunità diocesana, non solo del presbiterio ma dell’intero popolo di Dio, per l’incontro con il vescovo di Roma, colui che per noi è il segno più autentico di comunione con la Chiesa universale».È arrivato solo da qualche giorno, dunque al Papa presenterà una Chiesa che conosce appena.
È vero, però posso dire che sin dai primi incontri ho conosciuto un popolo generoso, che ha una ricchezza di cultura e di religiosità forte. Una realtà vitale, piena di iniziative, con alcuni aspetti da riscoprire e da rilanciare. Ed è quello che ci attendiamo dalla visita del Papa. Desideriamo che la sua parola riaccenda la speranza e la voglia di andare avanti, per superare questo momento di difficoltà che non è solo della nostra diocesi, di questo territorio molisano, ma che interessa l’intero Paese.
Papa Francesco incontrerà i detenuti e i malati a Isernia e prima ancora i giovani a Castelpetroso. Come interpreta la scelta di questi momenti?
Penso che siano il motivo dominante dell’azione pastorale del Papa. L’incontro con i detenuti è il segno di un’attenzione, che si ripete, verso chi vive un disagio nel rapporto con la società e con le istituzioni. In questa circostanza il Papa è stato attento a un invito che gli stessi carcerati gli hanno rivolto, ancora prima che si sapesse della visita in Molise; invito che ha trovato una risposta immediata, con sorpresa degli stessi detenuti. E questo è segno di una grande sensibilità, che non fa altro che sottolineare la sua attenzione verso gli ultimi. Tra di essi figurano i più deboli, gli ammalati, verso i quali mostra una cura che è propria di Gesù e che egli incarna quotidianamente, specialmente verso quanti vivono il mistero del dolore come offerta a Gesù della loro vita e della loro sofferenza. Detenuti, ammalati, poveri, gli ultimi in genere, nel Papa trovano questa attenzione che vuole indicare la direzione verso cui muovere tutte le nostre azioni: l’ambito del recupero nella società, quello della salute e quello dell’accoglienza. E poi ci sono i giovani, che riassumono le attese della nostra diocesi, ai fini non solo di una società nuova, ma noi ci auguriamo anche di vocazioni al sacerdozio, alla vita familiare e religiosa.
In occasione della visita il Papa aprirà ufficialmente le celebrazioni dell'anno giubilare celestiniano per gli ottocento anni dalla nascita di san Pietro Celestino, originario di questa terra. Cosa si aspetta da questo evento?
Attenzione agli ultimi. L’eremita del Morrone aveva un’attenzione quasi paterna per tutti. Sembra, dalle notizie storiche, che egli avvicinasse quanti si rivolgevano a lui e donasse loro piccoli oggetti costruiti da lui stesso. Noi ci auguriamo che questo anno possa non solo far sentire il calore della Chiesa nella nostra realtà locale, ma che possa riaccendere e vivificare ulteriormente questo sentimento religioso, per una fede che punti a un cambiamento di noi stessi, ma anche al miglioramento delle istituzioni, per renderle più sensibili ai veri bisogni della gente. (gaetano vallini)
(©L'Osservatore Romano – 5 luglio 2014)