Magazine Opinioni
[da Semana]
Iniziamo da Paradiso Amaro: una commedia molto triste, ambientata nell'arcipelago della Hawaii, che vede come protagonista un avvocato sulla cinquantina, con la umana speranza di non crescere mai, che ha dedicato al suo lavoro tutto il tempo che avrebbe dovuto dedicare alla sua vita. Il suo nome è Matt King.
Appartiene ad una famiglia che acquisto quelle isole due secoli prima. E' sul punto di vendere un gigantesco terreno di famiglia che lo farebbe diventare milionario, ma sua moglie rimane coinvolta in un incedente in alto mare che lo obbliga a prendersi cura delle sue due figlie, perché tutti prima o poi devono affrontare il proprio destino. "Io ero il padre sostitutivo", dice King, "ero il piano B". Ed ora sua moglie è in coma. Ed è uno di questi personaggi che interessano maggiormente al regista nord americano Alexander Payne: un uomo perso in sé stesso al quale non rimane altro che intraprendere il cammino per uscire da una simile tragedia.
Iniziamo da Paradiso Amaro, ho detto, perché si tratta di un film impeccabile che non solo documenta lo stano mondo dell'isola in cui una famiglia cerca di essere una famiglia, ma anche una vera prova di come non sia vero che il cinema non riesca ad raccontare quello che succede nella testa dell'uomo. Incominciamo da Paradiso Amaro perché la sua attenzione al dettaglio ci ricorda che i grandi registi hanno uno spirito da documentaristi, perché ogni scena si trasforma in un ricordo, le capacità recitative di George Clooney sono così straordinarie che fino alla fine del dramma, quando il titolo (in lingua originale The Descendats, i discendenti) del film acquista il suo senso completo, si trasforma in una lezione di principi.
Ma ora seguiamo con le altre opere di Alexander Payne, quattro parabole su tutto ciò che possiamo fare per non crescere, perché ci troviamo di fronte a uno dei più grandi registi gringo degli ultimi tempi Payne, 51 anni, ha studiato Storia all'Università di Standford e si servì del mondo spagnolo, prima di convertirsi in un regista che fa ritratti di personaggi simpatici che con molto poco riescano ad emergere.
Chi vede il patetico sommelier di Sideways - In viaggio con Jack (2004), il vedovo consolidato di A proposito di Schmidt (2002), il professore senza controllo di Election (1999) e la goffa ragazza di La storia di Ruth, donna americana (1996), sta vedendo dei vicini che mai ha pensato di avere, si sta rendendo conto di quanto si debba essere coraggiosi per sopravvivere alla miseria dello scorrere del tempo, è testimone di un'antologia di eroi minori per i quali non è ancora troppo tardi. Paradiso Amaro è un grande film: è già chiaro, ancor prima che la telecamera riprenda King mentre dice a sé stesso " Elizabeth andrà tutto bene".
Ma questa recensione è su Payne: sui cinque capitoli di un'opera che porta la notizia secondo cui la vita è possibile.
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