Parafarmacisti: 'liberalizzare tutti i farmaci di fascia C'
“Liberalizzate i farmaci di fascia C”. Tutti. Perché solo in questo modo si può avere una vera liberalizzazione del farmaco, dunque una reale concorrenza e prospettive concrete di sconti e risparmi per i cittadini. Se la bozza di decreto in circolazione fosse invece confermata, si avrebbe “il fallimento per legge” delle parafarmacie. Le parafarmacie, infatti, dovrebbero competere con quasi 5500 nuove farmacie senza avere la disponibilità di vendere quei medicinali che da anni chiedono di poter dispensare: i farmaci di fascia C con obbligo di ricetta e a carico del cittadino.
È quanto denunciano il Coordinamento nazionale delle parafarmacie, il Forum nazionale parafarmacie, l’ANPI (Associazione nazionale parafarmacie italiane) e il MNLF (Movimento nazionale liberi farmacisti) in una conferenza stampa nel quale affermano che, dall’unione del decreto Salva Italia di dicembre con la bozza di decreto in circolazione in questi giorni, si dovrebbe dire addio a 8 mila posti di lavoro, 600 milioni di investimenti, sconti sul prezzo dei farmaci pari a 500 milioni di risparmi annui per i cittadini.
“Siamo d’accordo con l’apertura di nuove farmacie – afferma Massimo Brunetti dell’ANPI in relazione alla previsione di abbassare il quorum a 3000 abitanti per farmacia – ma è necessario che sia presente un canale alternativo alla farmacia, in condizione di fare concorrenza su prodotti quali i farmaci di fascia C con obbligo di ricetta, perché solo questo dà vantaggi ai cittadini e ci mette in grado di competere”.
Sostiene Brunetti: “Quello che lamentiamo, sulla bozza di decreto in circolazione, è che il combinato disposto fra il primo decreto di dicembre e quello che oggi leggiamo decreterebbe la fine della parafarmacia. Come esito del primo decreto, avremmo poco più del 2% di farmaci a disposizione per concorrere con la farmacia. Con l’ultimo, avremmo oltre 5000 nuove farmacie con cui concorrere. Noi chiediamo non di togliere l’apertura delle farmacie – per noi il quorum dovrebbe abbassarsi fino a 2500 abitanti – ma avere a disposizione i farmaci di fascia C, che ci consentono di creare concorrenza con la farmacia”.
Come esito dell’intervento del Parlamento sul provvedimento originario di dicembre, c’è infatti un potenziale declassamento di una quota di farmaci di fascia C con obbligo di ricetta. Dalla liberalizzazione sono stati esclusi subito i farmaci relativi agli ormoni, come la pillola anticoncezionale, gli iniettabili e le benzodiazepine. Poi, con le attese indicazioni dell’Aifa su altri farmaci (quali le pomate), su un bacino complessivo di farmaci del valore di 3,3 miliardi di euro, alle parafarmacie – questa la denuncia – rimarrebbe una percentuale intorno al 25% del globale di farmaci di fascia C a ricetta ripetibile, pari a 500 milioni di euro, ma condivisi con le farmacie. La “fetta” rimanente alle parafarmacie sarebbe di 50 milioni di euro. “Una concorrenza sul niente”, chiosa Brunetti.
Secondo i parafarmacisti, l’effetto del provvedimento così come si sta perfezionando sarebbe quello di “togliere dalla distribuzione del farmaco il canale alternativo e concorrente alla farmacia, mantenendo per quest’ultima l’esclusività della vendita dei farmaci”. Nonostante il decreto Salva Italia prevedesse la possibilità di introdurre sconti sui farmaci di fascia C con obbligo di ricetta, “nessuno fa lo sconto”, denuncia Giuseppe Scioscia del Forum farmacie non convenzionate. Questo accade proprio perché non c’è concorrenza sul canale alternativo.
Sostiene Scioscia: “Non siamo farmacisti figli di un Dio minore. Siamo farmacisti a tutti gli effetti. I nostri esercizi, sia quelli in strada sia i corner della grande distribuzione, hanno gli stessi controlli delle farmacie. Chiediamo di poter dispensare tutti i farmaci di fascia C”. Da questa liberalizzazione del farmaco, ipotizzando uno sconto medio che vari dal 10% al 15%, si stimano da 330 milioni a 500 milioni di euro di risparmi annui per i cittadini.
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