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In teoria, l’esperienza di un deja-vù dovrebbe essere qualcosa di anomalo o anche destabilizzante, perché arriva all’improvviso e interrompe bruscamente il rilassante tran tran delle nostre magnifiche vite di consumatori che trombano e generano altri consumatori, vite che, grazie al deja-vù, si rivelano così su due piedi essere una sorta di MMORPG giocato da Dio (non nel senso di ‘giocato molto bene’, ma proprio nel senso di ‘giocato da Iddio padre onnipotente in persona’) e ricominciato da capo forse una, forse cento, forse cento miliardi di volte, dove però il protagonista ogni tanto, per un qualche salvifico errore di sistema, sfugge alla programmazione globale, ricorda che in quella situazione appunto c’è già stato, e in virtù di questo assume una nuova, privilegiata consapevolezza esistenziale: se questa cosa l’ho già fatta, forse allora Dio ci sta fregando e si diverte alle nostre spalle. Pertanto, il fortunato mortale colto da deja-vù – solo per un fugace momento, il cui però conseguente ineguagliabile valore lo mette in condizione di trascendere ogni misera cosa terrena – in pratica fotte il sistema di Dio.A quel punto, se questo fosse un universo un minimo interessante, subito dopo il deja-vù dovrebbe arrivare Dio in persona a dirti che la festa è finita, perché sfortunatamente hai scoperto che l’esistenza non è così vera come pensavi, in realtà la vita è una specie di globale partita a The Sims dove siamo tutti il trastullo di Dio, quindi ormai sai troppe cose e per colpa del deja-vù devi morire, ma giustamente tu non opponi resistenza, ci mancherebbe altro: hai penetrato i misteri più alti, hai fregato Dio e gli hai scippato il senso della vita, cioè, che cazzo vuoi ancora? Non puoi morire più realizzato di così. Pensandoci bene, tutto questo in fondo non sarebbe così destabilizzante, sarebbe semplicemente l’entelechìa aristotelica, cioè la nostra massima e legittima realizzazione come forme di vita senzienti, ciò che ogni uomo in quanto uomo dovrebbe raggiungere, e, dal mio personale punto di vista, anche il minimo sindacale che ci spetta come ricompensa dallo sbattimento dell’esistenza.Ad essere sinceri, in effetti è esattamente questo che mi aspetto ogni volta che mi viene un deja-vù, ci spero con tutte le mie forze che arrivi Dio e, prima di disintegrarmi con uno schiocco di dita, mi dica un po’ stizzito “piccolo stronzetto, me l’hai fatta”, ci spero sempre, anche se invano, perché purtroppo, dopo qualche secondo di angosciante autentico stupore in cui le ginocchia mi fanno giacomo giacomo davanti all’abisso di un’imminente rivelazione nonché apice assoluto della mia esperienza di vita, mi torna subito in mente che per la scienza neurologica i deja-vù sono soltanto banali problemi mentali legati a disfunzioni dell’ippocampo, e che quindi il massimo che posso aspettarmi come ricompensa dallo sbattimento dell’esistenza è una banale, moderata, perfettamente riconducibile a schemi già noti (e dunque per nulla stimolante), pazzia.