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Parata per la vittoria, sconfitta per l’Europa

Creato il 09 maggio 2015 da Albertocapece

345441La parata sulla piazza rossa parrebbe appartenere a un immaginario postbellico di cui si va perdendo la memoria e di cui le generazioni del cellulare non hanno mai sentito parlare. Ma oggi essa ritorna per festeggiare il 70 esimo anniversario della vittoria sul nazismo di cui l’Unione Sovietica fu il maggiore artefice, un fatto che decenni di propaganda anglofila e liberista hanno cercato di far dimenticare. Ed è anche per questo che alla parata di oggi mancano parecchi leader europei impegnati da una parte a confutare la realtà del passato e dall’altra ad appoggiare i neonazisti in Ucraina, il che in fondo dimostra una certa grottesca coerenza.

Gli stessi miserabili potenti europei che si preparano alla soluzione greca si propongono con la loro assenza di “isolare Putin” e non si accorgono di isolare solo se stessi in un rapporto alla Quisling con gli Usae le loro multinazionali. Si isolano negando l’evidenza storica, ma sapendo benissimo che senza il fronte russo le vicende belliche sarebbero state ben diverse e che, anzi, potendo rifornirsi nell’immenso retroterra russo (come brevemente  avvenne con il tratto Ribbentrop – Molotov) la Germania avrebbe senza difficoltà costituito un terzo impero dall’atlantico al Mar Nero. Sta di fatto che nel dicembre del 1944 per poco gli alleati occidentali non furono ributtati a mare da un colpo di coda tedesco nelle Ardenne e che riuscirono a traversare il Reno solo il 7 marzo del ’45,  quando le armate sovietiche erano in vista di Berlino, stavano facendo crollare tutto l’apparato militare tedesco e avevano già liberato molti campi di concentramento compreso Auschwitz. Purtroppo una martellante narrazione americana, ha tentato per decenni di cancellare tutto questo, riuscendo persino a spacciare le sconfitte per vittorie, come la famosa battaglia d’Inghilterra (*vedi nota) e creare invece un vortice di silenzio sulle vicende decisive per le sorti della guerra come per esempio Stalingrado.

Tuttavia un ‘Europa immersa nella inquietante vicenda ucraina si sottrae alla parata della vittoria non solo nel tentativo di contraffare un passato che si rivela scomodo alle governance titanizzate dal pensiero unico, ma anche in quello di confondere il presente: ciò che si cerca di nascondere ai cittadini del continente è la criminale leggerezza con cui ci si è lasciati trascinare in un confronto geopolitico con una Russia e più in generale con il nascente blocco euroasiatico che oggi è più forte di quanto non lo fosse al momento della dissoluzione dell’Urss. Nel Telegraph c’era ieri un confronto impietoso tra le forze di Usa e Gran Bretagna ( a volte ci si dimentica dell’appendice europea)  e quelle russe che spesso hanno il doppio degli armamenti. Alla fine però ci si consola con la leggenda della superiorità tecnologica occidentale, quando invece è proprio qui che sta il marcio: la globalizzazione ha di molto ridotto le distanze tra l’occidente e una Russia che per forza di cose aveva dovuto limitare il suo sforzo tecnologico ad alcuni settori. E non parliamo nemmeno della Cina che negli anni 80 poteva contare solo immense risorse umane, ma che allora ha avuto uno sviluppo stellare.  Adesso le due potenze euroasiatiche dispongono di armamenti pari e spesso superiori in campo missilistico e aereo. Del resto questo stato di cose è testimoniato da alcune spie rosse sul cruscotto di comando: le difficoltà di mettere a punto un caccia di quinta generazione come l’ F 35, che nasce già inferiore ai suoi eventuali avversari e anche il fatto che la cessione della missilistica al settore privato come è avvenuto negli Usa si sia concretato con il disastro della Orbital che si serviva di propulsori sovietici degli anni ’60, parlano chiaro.  In entrambi i casi c’è lo zampino del profitto senza limiti, ma traspaiono anche i limiti di un modello giunto al suo capolinea e che tuttavia è ormai costretto a sbandierare superiorità inesistenti.

La realtà è che non si vuole dire ai cittadini europei in quale bordello ci si è andati a cacciare e che in qualche modo prende forma nella spettacolare parata di oggi. In fondo negare il ruolo assolutamente determinante che ha avuto l’Unione Sovietica nella sconfitta del nazismo trova una correlazione nel voler negare l’evidenza del presente: che l’Europa è ben poca cosa senza il retroterra eurasiatico, mentre con esso non solo sarebbe alternativa, ma bagnerebbe il naso all’imperialismo americano. Era qualcosa che Bismark sapeva benissimo ma che agli europei viene imposto di dimenticare anche dopo le vicende della seconda guerra mondiale.

*Nota La presunta vittoria nella battaglia d’Inghilterra è una delle più divertenti contraffazioni narrative sulla seconda guerra mondiale destinata a regalare un ruolo decisivo ed eroico a una Gran Bretagna rivelatasi attore di secondo piano al confronto di Urss e Usa.  E dico contraffazione narrativa perché in realtà la storia militare britannica ammette tranquillamente e senza equivoci il fatto che l’aviazione inglese stesse per soccombere a quella tedesca, quando Hitler decise da un giorno all’altro di fermare l’offensiva per trasferire le Luftflotten ad oriente e attaccare l’Urss. Il maggior storico militare del periodo Liddel Hart nella sua Storia militare della seconda Guerra Mondiale dice esplicitamente che senza questo evento salvifico non ci sarebbero state speranze di resistenza per la Gran Bretagna anche perché – contrariamente alla leggenda – il rateo di abbattimenti tra caccia era nettamente in favore dei tedeschi. Ma grottescamente si legge spesso o si è costretti a sentire che Hitler attaccò l’Urss come una sorta di compensazione dopo il fallimento della battaglia d’Inghilterra. Certo Liddel Hart è uno storico da cui non si può prescindere, ma che è divenuto sostanzialmente  inviso al potere dopo la pubblicazione postuma della sua storia. Il fatto che considerasse barbaro e inutile il bombardamento atomico del Giappone che comunque avrebbe dovuto arrendersi nel giro di pochi mesi o settimane a causa della totale mancanza di materie prime o rifornimenti, le critiche alla distruzione di Cassino che oltre a ridurre in polvere un enorme patrimonio storico permise a Kesserling di farne un bastione difensivo, le bordate alla politica franco inglese di appeasement con Hitler, la decostruzione di molte leggende belliche, lo relegano ad essere una lettura per specialisti e non per divulgatori di favole in salsa americana.


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