Pare proprio che la dirigenza del Partito democratico abbia trovato il responsabile dei suoi recenti rovesci elettorali, anche se ufficialmente questi non sono mai avvenuti, come ben sappiamo.
La causa principale della mancata affermazione del candidato della coalizione di centrosinistra, nella quale il Pd ricopriva il ruolo di partito guida, è infatti dai più indicato dal Movimento5stelle, la lista ispirata dal comico Beppe Grillo che anche il Molise ha ottenuto una buona affermazione, conquistando il 5,6% dei consensi.
Facile a questo punto sostenere che con l'aggiunta di quei voti il candidato del centrosinistra Frattura avrebbe certamente sopravanzato il suo rivale Iorio del centrodestra.
La elementare deduzione, che ha subito trovato facile riscontro nei dibattiti all'interno dei forum e delle chat, è però fondata su una presunzione errata già alla base che ne invalida la esattezza: si presume che tutti i voti andati al Movimento5stelle appartengono all'area politica di dentrosinistra. Il che non è in se sbagliato, perché anche se è sicuro che con l'apporto dei grillini Frattura sarebbe stato eletto, non si può però aggregare in nessun modo il M5S ai partiti del centrosinistra, dal momento che sia Grillo sia i suoi seguaci da tempo dichiarano molto chiaramente di non volere alleanze con nessuno dei partiti esistenti, ai quali essi si contrappongono con uguale fermezza, sentendosi alternativi ad entrambi i poli.
A Grillo possono essere addebitate molte cose, a cominciare dall'opacatezza della gestione del suo sito e del suo movimento, attraverso la società del suo socio Gianroberto Casaleggio, come pure certe assurde campagne pseudo scientifiche a favore dell'ambiente e innamoramenti presto dimenticati per personaggi alfieri di tematiche più che discutibili. Tutte cose ampiamente discusse da tempo e che a suo tempo non mancai di sottolineare io stesso, ma almeno una cosa gli deve essere riconosciuta: il suo giudizio sui partiti politici è sempre stato chiaro e netto, giudicandoli tutti fati della stessa sostanza (che non nomino per decenza), tanto da chiamare il Partito democratico il Pd meno L, e che il suo movimento, fatto da cittadini per lo più giovani ed estranei agli ambienti tradizionali della politica, si pone in alternativa a tutto il sistema partitico, ripudiandone la natura stessa, e dimostrando con i fatti, rinunciando per esempio ai contributi elettorali pubblici previsti, di essere l'unico vero Terzo Polo politico esistente, in quanto anche il supposto polo formata da Casini, Fini, Rutelli, Montezemolo etc, semmai dovesse un giorno prendere forma, non sarebbe altro che l'ennesima incarnazione del partitismo che abbiamo imparato a conoscere da tanti anni.
La scelta è così netta e chiara che Beppe Grillo ha dovuto nel tempo prendere le distanze anche da quanti avevano coperto con lui un tragitto anche non breve, come il partito di Antonio Di Pietro, che all'inizio sembrava potesse essere il braccio politico del grillismo (anche perché il blog dell'ex magistrato è gestito proprio dalla Casaleggio e ass.) e, proprio nei giorni scorsi, il giornalista Marco Travaglio, che ha interrotto la collaborazione con Grillo che durava da anni. Una rottura poco chiara, quella tra i due, ma che potrebbe avere origine proprio nella scelta di Grillo nel non volere appoggiare le coalizioni di centrosinistra e i movimenti cari al giornalista torinese e ai suoi soci de il Fatto Quotidiano.
Non si può quindi imputare a Grillo e ai suoi niente altro che quello di seguire una strada ben chiara e tracciata da tempo, mentre le debacle dei partiti che ritengono di essere danneggiati dalla presenza del M5S non possono che essere addebitate ai loro dirigenti.
Grillo ha ben chiaro la sua strategia che, piaccia o non piaccia, va oltre il semplice abbattimento del berlusconismo, unico collante che tiene insieme la coalizione del centrosinistra, e si prepara invece già ad un era politica successiva, nella quale vuole giocare il ruolo della vera e unica novità.
Il Pd e gli altri partiti del centrosinistra, dovrebbero quindi smettere di guardare al M5S a un ladro di voti o a un possibile alleato di domani, ma ad un altro contendente, cercando di riconquistare i voti persi attraverso le proposte politiche e il rinnovamento della propria dirigenza.