Che fine hanno fatto gli uomini? Ovunque mi volti, solo gay. Quand'anche non lo fossero, il look ne tradisce l'eccessiva effeminatezza che li esclude automaticamente dalla cerchia di chi potrei volere al mio fianco: sopracciglia tirate - che manco sul mio viso ce le vorrei così impeccabili e sottili, burrocacao - se non lucidalabbra proprio, pettinature improbabili con ciuffo stirato e poi lasciato ricadere ad arte. Qui c'è proprio uno studio dietro. Perché anziché passare tempo allo specchio a perfezionare l'espressione a culo di gallina per le prossime foto da pubblicare con Instagram non si fissano un po' dritto negli occhi a cercare dentro di sé un senso, un valore rimasto intatto, una dignità nascosta da qualche parte? Ultimamente non posso soffrire niente che non sia pelle, sguardo e sudore. Cosa vuol dire tatuarsi una roba addosso per una fraccata di soldi? Se proprio una ferita deve restare indelebile, che si possa leggere negli occhi, che sia una cicatrice.Non è che io sia contraria ai tatuaggi in senso assoluto, che non mi piaccia vestire bene o andare dal parrucchiere (una volta l'anno). È questione di misura, di cantare fuori dal coro, di scelte personalissime, d'identità.Un tatoo me lo farei fare, ammesso di avvertire mai l'urgenza di fissare indelebilmente qualcosa sul mio corpo, qualcosa che sarò certa avrà valore per me fino all'ultimo dei miei giorni (A.A.A. alta improbabilità), da un amico che non sa disegnare, con uno spunzone arrugginito infuocato, imbottita di alcol. Voglio il capello bianco qua e là, voglio la barba incolta - ma perché non si ha tempo da perdere a farsela, le mani callose. Voglio che tutte queste cose non siano artifici, non parte di un look studiato. Voglio sincerità. Quando l'effeminatezza non è nell'abbigliamento o nelle movenze, è eccessiva delicatezza d'animo. Gli esemplari maschili che mi capita di incontrare oggigiorno sono fragili emotivamente. Hanno paura. Sopra tutto temono i legami, le urla di assestamento che li precedono, i primi ostacoli - figuriamoci i secondi e i terzi. Se pure trovassimo un uomo che avesse il coraggio di rimanerci accanto dopo la prima mestruazione, dopo il primo esame universitario, possiamo sperare che ci tenga la mano se ci muore un genitore? Che cresca un figlio nostro? Io credo di aver perso ogni speranza.
Che fine hanno fatto gli uomini? Ovunque mi volti, solo gay. Quand'anche non lo fossero, il look ne tradisce l'eccessiva effeminatezza che li esclude automaticamente dalla cerchia di chi potrei volere al mio fianco: sopracciglia tirate - che manco sul mio viso ce le vorrei così impeccabili e sottili, burrocacao - se non lucidalabbra proprio, pettinature improbabili con ciuffo stirato e poi lasciato ricadere ad arte. Qui c'è proprio uno studio dietro. Perché anziché passare tempo allo specchio a perfezionare l'espressione a culo di gallina per le prossime foto da pubblicare con Instagram non si fissano un po' dritto negli occhi a cercare dentro di sé un senso, un valore rimasto intatto, una dignità nascosta da qualche parte? Ultimamente non posso soffrire niente che non sia pelle, sguardo e sudore. Cosa vuol dire tatuarsi una roba addosso per una fraccata di soldi? Se proprio una ferita deve restare indelebile, che si possa leggere negli occhi, che sia una cicatrice.Non è che io sia contraria ai tatuaggi in senso assoluto, che non mi piaccia vestire bene o andare dal parrucchiere (una volta l'anno). È questione di misura, di cantare fuori dal coro, di scelte personalissime, d'identità.Un tatoo me lo farei fare, ammesso di avvertire mai l'urgenza di fissare indelebilmente qualcosa sul mio corpo, qualcosa che sarò certa avrà valore per me fino all'ultimo dei miei giorni (A.A.A. alta improbabilità), da un amico che non sa disegnare, con uno spunzone arrugginito infuocato, imbottita di alcol. Voglio il capello bianco qua e là, voglio la barba incolta - ma perché non si ha tempo da perdere a farsela, le mani callose. Voglio che tutte queste cose non siano artifici, non parte di un look studiato. Voglio sincerità. Quando l'effeminatezza non è nell'abbigliamento o nelle movenze, è eccessiva delicatezza d'animo. Gli esemplari maschili che mi capita di incontrare oggigiorno sono fragili emotivamente. Hanno paura. Sopra tutto temono i legami, le urla di assestamento che li precedono, i primi ostacoli - figuriamoci i secondi e i terzi. Se pure trovassimo un uomo che avesse il coraggio di rimanerci accanto dopo la prima mestruazione, dopo il primo esame universitario, possiamo sperare che ci tenga la mano se ci muore un genitore? Che cresca un figlio nostro? Io credo di aver perso ogni speranza.
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