Parenthood, la serie più famigliare del piccolo schermo

Creato il 26 novembre 2013 da Oggialcinemanet @oggialcinema

26 novembre 2013

Il giudizio di Marco Goi

Parenthood fa sempre lo stesso effetto. Quello di un ritorno a casa, in famiglia, dalle persone che conosci da una vita. Qui sta la sua forza, così come anche il suo principale e unico limite. Parenthood non è una serie sorprendente, non è una di quelle per cui attendi impaziente l’arrivo di un nuovo episodio. Il suo problema è che non provoca quel tipo di eccitazione seriale e d’altra parte non sembra nemmeno il suo obiettivo. Se non è una serie che stupisce con fuochi d’artificio o colpi di scena pazzeschi, anche se ogni tanto qualche svolta inattesa riesce comunque a proporla, Parenthood è però qualcos’altro: una serie che ti fa stare bene, ti fa sentire come se fossi insieme a una seconda famiglia.

È per questo che, una volta entrati nelle case dei Braverman, non si può fare a meno di continuare a seguire le loro vicende episodio dopo episodio, anno dopo anno. Ed è per questo che la serie, in Italia trasmessa da MyaLa5 dopo uno sfortunato tentativo su Canale 5, negli USA continua a tenere duro su NBC, dove pur non brillando per ascolti mirabolanti ha il suo pubblico affezionato ed è arrivata alla quinta stagione.

Mae Whitman e Matt Lauria in un momento romantico di Parenthood

Nel quinto ciclo di episodi, attualmente in onda negli Stati Uniti, le cose fondamentalmente non cambiano. Parenthood continua a macinare le sue trame molto quotdiane, basate sulle piccole grandi cose che rendono la vita speciale. Tanto per dire, uno dei drammi principali della stagione è il fatto che Victor (Xolo Mariduena), il figlio adottivo di Joel (Sam Jaeger) e Julia (Erika Christensen, l’attrice top di questa stagione), viene bocciato e “retrocesso” in quarta elementare. Al che lo spettatore più smaliziato si chiede: “Beh, e a me che importa?”. Parenthood è fatto così, è come la vita normale. Non ci sono guerre con i draghi all’orizzonte e la frase “Winter is coming” qui significa semplicemente che è ora di accendere il riscaldamento di casa. Il bello di Parenthood è proprio questo. Saper coinvolgere, tirare dentro le vite della sempre più allargata famigliona Braverman con enorme semplicità. Ogni personaggio, anche quelli minori, vengono fatti vivere nei loro piccoli problemi quotidiani e in questo modo li sentiamo vicini a noi, come fossero nostri parenti.

Detto questo, non ci troviamo comunque di fronte a un documentario e le storie sono architettate con grande cura dall’autore Jason Katims, uno che non a caso proviene da quell’altro gioiellino della serialità americana più genuina e “vera” che è stato Friday Night Lights. Tra gli snodi principali della quinta stagione ve ne sono soprattutto due a tenere insieme le varie vicende dei singoli personaggi. La prima parte da Kristina (Monica Potter); dopo aver sconfitto il cancro nella drammatica stagione numero 4, decide che è arrivato per lei il momento di candidarsi come sindaco della città in cui la serie è ambientata, Berkeley in California, con l’aiuto del fido marito Adam (Peter Krause) e della responsabile della sua campagna elettorale, Heather, interpretata dall’ottima new entry Jurnee Smollett-Bell, proveniente proprio dal citato Friday Night Lights.

E a proposito di quella serie… L’altra storia centrale della stagione riguarda l’annunciato matrimonio tra Ryan (Matt Lauria proveniente pure lui da Friday Night Lights) con Amber (Mae Whitman), che non sarà visto del tutto di buon occhio dalla madre di lei, Sarah (l’ex mamma per amica Lauren Graham). Niente di sconvolgente o rivoluzionario, insomma. Solo una serie piena di piccoli grandi eventi in grado di appassionarci e tenerci compagnia ogni settimana. Come una visita ai parenti. Meglio specificare: dei parenti simpatici.

Di Marco Goi per Oggialcinema.net

Erika ChristensenFriday Night LightsLauren GrahamMae WhitmanMatt LauriaMonica PotterParenthoodPeter Krause


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :