Non ci sono parole. Proprio non si trovano. Vero. Ma è in momenti come questi che bisogna sforzarsi al massimo per trovarle, affinché la benzina del pensiero attivi la seria ricerca delle soluzioni, oltre le pesanti emozioni vissute nel corso di una delle notti più buie della Storia.
La paura e il terrore paralizzano, smorzano il respiro e ti conducono in una assurda dimensione di consapevole impotenza. Ma noi che ne sappiamo delle bombe su Londra del 1940? Dei rastrellamenti nazifascisti del 1943? Noi che ne sappiamo della confidenza quotidiana con la morte?
70 anni di pace, di altalenante prosperità e di libertà non sempre dosata con moderazione. In fondo stiamo quasi tutti bene. Un piatto di pasta e un tetto sopra la testa, lo abbiamo quasi tutti. Così, di fronte alle breaking news di quest’ultimo maledetto venerdì, rimaniamo storditi, mentre non manca chi si prodiga a tracciare varie dietrologie, sullo sfondo di una litania sintonizzata sulla contabilità delle perdite.
Siamo all’abominio: una sala da concerto trasformata in un mattatoio. Spettatori di un sereno fine settimana trasformate in assurde vittime inermi in una capitale europea ricca di radici culturali. Ogni luogo è possibile. Uno stadio, un locale o un ristorante, ma potremmo aggiungere molto altro solo se ci guardassimo intorno.
Eppure, il mondo civile deve reagire.
Qualcuno sostiene che sia arrivato il conto delle “nostre” politiche coloniali (e neocoloniali). Sì, storicamente è così, come è altrettanto vero che i vari raid “pacifici” degli esportatori democratici del “mondo civile” (l’altro, quello tra virgolette… ) sono nati e nasceranno sempre per mantenere inalterata la presa sulle risorse altrui. Non è una giustificazione e nemmeno un’attenuante di fronte all’orrore; però è arrivato il momento in cui gli interessi particolari (nonché nazionali) si tramutino in un’intesa collettiva. Che l’economia ceda il passo a prospettive, anche economiche ma che partano dalla centralità della persona.
Anche qui, qualcuno potrebbe obiettare che le mie “parole trovate” siano mentine retoriche, ideali per un momentaneo sollievo intellettuale, freschezza illusoria, esercizio di scrittura. Che lo si voglia o no, oltre che al conto, siamo giunti alla prova del 9 europea. C’è l’Europa? Non il singolo Stato. Ci sono l’Italia, la Germania, la Gran Bretagna, etc. per la Francia in un’ottica veramente comunitaria, oltre le banche e i comitati d’affare.
E a proposito di retorica. È finito il tempo dei “JeSuisQualcunoQualcosa”, che, alla fine, fa tanto figo sui social e, magari, se sei bravo, ci organizzi sopra anche una marcia della pace. Ci sta tutto, ma che il nostro spirito di riflessione sia, pur nel nostro piccolo, un contributo reale e concreto alla risoluzione di un quadro complesso e non solo uno “stato” da condividere su Facebook. [R.S.]