E’ un tiepido pomeriggio di fine ottobre.
Mi trovo a Parigi, in Place Denfert Rochereau.
Davanti a me quasi due ore di coda, per entrare in un luogo così particolare da farmi dimenticare questo particolare, che si trasforma presto in piacere al pensiero di portare ai Viaggiatori una nuova storia. Voi però nel caso decidiate di visitarlo non dimenticate di prenotare il tour in anticipo su internet.
Parigi è una città dalle mille sfaccettature, e infinite sorprese, alcune visibili ed altre più nascoste. Camminando per le vie del 14° arrondisment, più precisamente quelle intorno a Place Denfert Rochereau, precedentemente nota come Place d’Enfer, risulta difficile credere che proprio sotto i nostri piedi esista una città parallela intrigante e misteriosa: quella delle catacombe. L’origine, delle Catacombe di Parigi, risale alla fine del XVIII secolo quando, per far fronte alla situazione di alcuni cimiteri e dal diffondersi di epidemie, il Consiglio di Stato decise di spostare le ossa in quel mondo sotterraneo costituito da un dedalo di gallerie e cave che oggi mi accingo a visitare.
La parte delle catacombe visitabili rappresenta solo una piccola parte del mondo sotterraneo che si snoda, attraverso un lungo labirinto di gallerie oscure e stretti corridoi, che copre una vasta area ed interessa ben sette distretti cittadini: l’intero complesso è considerato tra i più grandi del mondo. Si stima che nelle grotte siano state deposte le spoglie, disposte in modo da formare diverse decorazioni, di oltre sei milioni di parigini dalle persone più comuni fino a quelle più illustri come ad esempio Montesquieu, Desmoulins, Danton, Fouquet, Colbert e molti altri. Il trasporto dei resti dai cimiteri alle catacombe, accompagnate da processioni in preghiera in loro onore, incominciò il 7 Aprile 1786 proseguendo ininterrottamente per circa 2 anni. Ad attirare ancora maggiore interesse vi sono numerose leggende legate a questo particolare luogo; tra queste, ad esempio, ricordiamo la credenza che le catacombe siano la dimora della dea della terra Cibele, e di un uomo verde dalla lunga coda, metà diavolo e metà fantasma. Suggestiva la sorte toccata a tale Philibert Aspairt che, desideroso di accedere ad una cantina che conteneva del buon vino, finì per perdersi nel labirinto delle grotte vagando per giorni e trovando infine la morte. Il corpo dello sfortunato venne ritrovato, un decennio dopo, proprio a pochi passi dalla cantina che stava cercando e subito identificato a causa del mazzo di chiavi che portava con se che gli avrebbe permesso di violare il prezioso locale. Scelgo di chiudere l’articolo riportando un breve brano tratto da “Lo spleen di Parigi”, scritto dal nume parigino per eccellenza, il suo più grande poeta Charles Baudelaire. Il titolo è “Ubriacatevi”, consiglio che lo sventurato Philibert avrebbe voluto seguire senza purtroppo riuscirvi. "Bisogna sempre essere ubriachi. Tutto qui: è l'unico problema. Per non sentire l'orribile fardello del Tempo che vi spezza la schiena e vi piega a terra, dovete ubriacarvi senza tregua. Ma di che cosa? Di vino, di poesia o di virtù: come vi pare. Ma ubriacatevi. E se talvolta, sui gradini di un palazzo, sull'erba verde di un fosso, nella tetra solitudine della vostra stanza, vi risvegliate perché l'ebbrezza è diminuita o scomparsa, chiedete al vento, alle stelle, agli uccelli, all'orologio, a tutto ciò che fugge, a tutto ciò che geme, a tutto ciò che scorre, a tutto ciò che canta, a tutto ciò che parla, chiedete che ora è; e il vento, le onde, le stelle, gli uccelli, l'orologio, vi risponderanno: «È ora di ubriacarsi! Per non essere gli schiavi martirizzati del Tempo, ubriacatevi, ubriacatevi sempre! Di vino, di poesia o di virtù, come vi pare".
Marco Boldini.
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