La grave situazione venutasi a creare in Occidente dopo le stragi di Parigi avrebbero spinto gli Usa verso un accordo segreto con la Russia per una soluzione politica per il conflitto in Siria. Dal vertice informale tra Barack Obama e Vladimir Putin a margine del G-20 ad Antalya (ha colpito l’immagine dei due leader discutere seduti sulle poltroncine di una sorta di “diplomazia del salottino”) sono nettamente cambiate le tattiche di attacco aereo della Russia sulla Siria. Da lunedì 16 i bombardamenti di Mosca si sono intensificati e per la prima volta dall’intervento nel conflitto gli aerei non sono decollati dalla base aerea siriana di Hmeymim, nei pressi di Latakia, bensì da quella russa di Morozovsk, nella regione meridionale di Rostov. Ma non è questa la sola novità: nelle ultime ore Mosca ha impiegato bombardieri strategici Tupolev Tu-160 Blackjack e Tupolev Tu-95 Bear. Il primo, il velivolo da combattimento più grande del mondo, è un jet a lungo raggio, mentre il secondo è un gigantesco turboelica quadrimotore utilizzato anche per lanciare i missili: un chiaro segnale di un aumento della frequenza degli attacchi e della potenza di fuoco utilizzata dalla Russia contro le milizie ribelli e l’ISIS che, insieme al lancio di missili da crociera Kalibr dal Mediterraneo e dal Mar Caspio, segna un mutamento nello sforzo militare russo in Siria.
Un cambio di marcia da interpretare essenzialmente come una mossa di Putin per regolare i conti con lo Stato Islamico per l’abbattimento del volo della Metrojet nel Sinai, specie ora che i servizi russi del FSB hanno confermato la presenza a bordo di una bomba. Ma dal dopo-G20 l’offensiva aerea russa si è orientata non solo contro l’ISIS ma anche, e soprattutto, contro gruppi ribelli siriani jihadisti, per la quale Putin adesso avrebbe anche l’appoggio di Obama.
Secondo fonti militari israeliane citate dall’agenzia di stampa Debka, nella sua conversazione di domenica ad Antalya con il suo omologo russo, il presidente americano avrebbe accettato la maggior parte dei punti del piano russo per una soluzione politica del conflitto siriano, con la sola eccezione del punto relativo al futuro di Bashar al-Assad: ad Antalya la Casa Bianca e il Cremlino hanno trovato una posizione comune su di un cessate-il-fuoco in Siria, che crei il terreno adatto ad un negoziato tra i ribelli e il regime di Assad attraverso la mediazione dell’Onu.
Ma il principale punto su cui Putin avrebbe ottenuto il placet di Obama riguarderebbe proprio un’intensificazione, nelle prossime tre settimane, dei raid contro tutti i gruppi ribelli non disposti ad entrare nel processo di pace: in pratica Usa e Russia sarebbero giunte al vertice di Antalya consapevoli della disponibilità di alcune delle parti in lotta a deporre le armi, e avrebbero quindi deciso di fare tabula rasa di tutte quelle che in grado di mettere a rischio la nascita di un governo di unità nazionale in Siria.
A conferma dell’esistenza di questo patto segreto russo-americano ci sarebbero i dati degli attacchi aerei avvenuti ieri, che si sarebbero concentrati maggiormente sulle zone nei dintorni di Hama e Aleppo (dove operano gruppi jihadisti non legati all’Isis, almeno ufficialmente, ma nemmeno disposti ad un accordo con i governativi) e meno su Raqqa, la roccaforte dello Stato Islamico, martellata invece dai Kalibr lanciati dalle navi al largo della Siria e dai bombardamenti aerei francesi.