"Parkland"/id.
di: P.Landesman.
con: B.B.Thornton, P.Giamatti, R.Livingston, M.G.Harden, T.Welling, Z.Efron. J.B.Dale
- USA 2013 -
Drammatico - 93 min
In concorso all'ultimo festival lagunare, "Parkland" - dal nome dell'ospedale, il "Parkland memorial" di Dallas, dove venne ricoverato in tutta fretta uno degli uomini simbolo degli anni '60, l'ideatore della "Nuova Frontiera", uno dei più giovani presidenti di sempre, John Fitzgerald Kennedy, dopo l'attentato subito nella città texana il 22 novembre 1963 - descrive, con una certa minuzia di dettagli e la comprovata attenzione del cinema USA verso la ricostruzione "mimetica" dei luoghi e delle scenografie (il film e' stato girato ad Austin), nonché l'accurata selezione dei volti - principali e comprimari - (puntuale e diligente Paul Giamatti nel ruolo dell'"operatore del destino" Abraham Zapruder; arcigno e tormentato, come portasse sulle spalle tutto il peso del senso di perdita di una nazione intera, B.B.Thornton, nei panni di Forrest Sorrels, capo del Servizio Segreto che ha fallito per la prima volta la sua missione: "Non avevo mai perso il mio uomo"), le ore immediatamente successive all'omicidio del trentacinquesimo presidente della prima democrazia del mondo, John Kennedy appunto, noto anche col celebre acronimo JFK.
Evitando di avventurarsi sul sentiero sdrucciolevole - peraltro assai battuto - delle ricostruzioni investigative con annessi corollari complottistici - pur sposando, di fatto, la tesi ufficiale dell'"uomo solo" - per concentrarsi, invece, sulle reazioni emotive e comportamentali di tutta quella varia umanità che con motivazioni diverse orbito' attorno ad un evento di siffatte proporzioni, il film, con buona diligenza, si fa strumento di testimonianza per le vicende concitate, il disagio febbrile e il sostanziale disorientamento di uomini e donne coinvolti loro malgrado entro una linea di frattura della Storia: quindi, con asciutta enfasi, annotiamo squarci isolati del dolore senza parole di Jacqueline Bouvier Kennedy, per tutti "Jackie", novella vedova, nel suo tristemente famoso tailleur rosa imbrattato di sangue. Assistiamo all'andirivieni del personale delle varie Agenzie e dell'FBI e ai loro contrastati rapporti con la polizia locale. Osserviamo i tormenti interiori e l'irresolutezza di un uomo all'apparenza mite e sinceramente fiducioso nell'operato del già ex presidente, quanto cosciente di avere per le mani col suo film amatoriale un reperto di vitale importanza destinato a rimanere nei libri di scuola, come Zapruder. Seguiamo tra le corsie e i reparti lo stupore ben presto reincanalato dal tipico pragmatismo a stelle e strisce del personale medico (all'interno del quale spicca la sempre sublime "antipatia" di un'attrice come Marcia Gay Harden): silenzioso, efficiente, in doloroso equilibrio tra senso del dovere e frustrazione. Siamo messi al corrente dell'atteggiamento scostante quanto ambiguo, volta per volta incline al sospetto e all'agitazione di stampo provocatorio/propagandistico, come, molto più prosaicamente, solleticato all'idea di facili guadagni di natura scandalistica, da parte della madre di Lee H. Oswald (il fratello di costui oscillando perlopiu' ai margini dell'incredulità e di un contegno più perplesso che angosciato).
Se l'occhio della mdp di Landesman - giornalista qui al debutto nel Cinema - si dimostra sicuro nello scegliere il proprio campo d'azione (una scena per tutte: il tentativo spasmodico e "furente" di rianimare il corpo oramai esanime di JFK da parte dell'equipe di giovani medici che contro ogni evidenza si accanisce terapeuticamente sulle spoglie quasi infierendovi), più incerto appare il registro espressivo che oltre a cadenzare lo sviluppo degli attimi fatali dopo la tragedia alternando i punti di vista in un prevedibile mosaico a più voci - i Servizi da un lato; Zapruder e la Stampa dall'altro: l'attivismo della struttura ospedaliera per buona parte, al centro. Lo sconcerto e la titubanza della polizia di Dallas e dell'opinione pubblica tutta, intorno - adatta ritmo e snodi al passo sobrio ma anodino di un dignitoso manufatto televisivo. Nel tentativo comprensibile di non arenarsi nelle solite secche del film a tesi (cospirazioni, mandanti multipli quanto indecifrabili, dietrologie, rimpianti assortiti), il neo-regista sceglie la via della "storia laterale", degli "eventi fuori fuoco": il risultato e' un'opera dal piglio nobile, discreto nerbo ma che lascia la sensazione di - per così dire - essersela "giocata in difesa" e, alla fin fine, per un esito neutro. Soprattutto se si considera il "materiale" a disposizione: diversi attori di rango; fotografia "nostalgica"; repertazione pignola (si vedano, ad esempio, gli strumenti diagnostici dell'ospedale, le fogge degli abiti, le acconciature, gl'interni degi uffici, il fumo compulsivo e ubiquo et.).
Trasmesso in prima TV da RAI 3 in occasione del cinquantenario dei tragici avvenimenti: 22/11/1963 -22/11/2013.
TFK
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