Benigno (Javier Cámara) è un infermiere. Marco (Darío Grandinetti) è uno scrittore di guide turistiche. Alicia (Leonor Watling) è una ballerina. Lydia (Rosario Flores) è una torera. Tutti e quattro si incontrano assieme nella clinica in cui Benigno lavora, le donne in comma e gli uomini a vegliare su di loro. Quello tra Marco e Lydia è un rapporto d’amore normale, come ce ne sono tanti al giorno d’oggi. Quello fra Alicia e Benigno invece è molto di più: qualcosa di mostruoso e malato in cui, tuttavia, forse qualcosa di buono c’è…
Parla con lei è uno dei film di Pedro Almodovar. Uno dei più importanti, forse quello di maggior successo, probabilmente il più riconosciuto a livello internazionale dopo (ovviamente) Tutto su mia madre. Come tutte le pellicole di Almodovar appartenenti a una certa fase della sua produzione, questo non è sicuramente un film per le famiglie, da far vedere ai bambini. Non perché contenga scene particolarmente scabrose, piuttosto a causa della serietà dei diversi argomenti trattati.
Questo è un film che parla soprattutto dell’amore, delle sue forme e di quello che può portarci a fare. Tutti i protagonisti amano qualcuno e ognuno, con la propria storia, ci dipinge un aspetto di questo sentimento.
Marco è l’amore puro e fedele per una donna, ma anche quello per il teatro (il film si apre e si chiude su di lui che si commuove durante uno spettacolo).
Lydia è l’amore passionale e infedele, quello che non si può controllare e porta a tradire una persona per un’altra.
Alicia è l’amore per il ballo e per la vita, soprattutto quest’ultimo è talmente forte da riuscire a farla uscire dal coma.
Benigno è l’amore morboso, malato, anche violento. Prima che finisse in coma, Alicia era seguita da Benigno senza che la ragazza se ne rendesse conto. L’infermiere era uno stalker vero e proprio: aveva seguito Alicia fino a casa sua e vi si era intrufolato mentre questa faceva la doccia, aveva iniziato una sessione di sedute presso suo padre (uno psichiatra) solo per poterla avvicinare. Il peggio capita durante il coma: Benigno stupra Alicia e la mette incinta. Il fatto viene scoperto quasi subito e l’infermiere finisce in carcere, dopo essere stato licenziato dalla clinica. Ma è proprio questo fatto, questa gravidanza non cercata, potremmo dire violenta, a riportare Alicia alla vita (il bambino purtroppo non sopravvive).
Si potrebbe dire che Almodovar abbia un certo senso del grottesco, riconoscibile in quanto appena accennato. Una reminiscenza delle sue prime pellicole, a tal proposito si potrebbero citare Pepi, Luci, Bom e le altre ragazze del mucchio (1980), Legami (1990) oppure Kika – un corpo in prestito (1993), tutti film caratterizzati da scene morbose ma anche allucinate, senza dubbio grottesche. La forma peggiore di amore, un’idea che vede la donna come un oggetto di cui disporre: questo è ciò che, ironia della sorte, salva la vita ad Alicia, riporta la ragazza a un esistenza viva (passatemi il gioco di parole).
Il citato senso del grottesco di Almodovar non si ferma a questo, è presente anche in altre parti della storia. La portinaia del condominio in cui abita Benigno, per esempio, si lamenta del fatto che nessuna trasmissione e nessuna emittente televisiva si sia interessata alla faccenda di Benigno e che nessuno sia venuto per delle interviste.
E’ sull’amore comunque che si chiude il film. Marco e Alicia si incontrano a teatro, lei lo vede commuoversi e nello stesso modo in cui era nata l’amicizia tra lui e Benigno inizia qualcosa fra loro due. Almodovar sceglie di non raccontare niente di più su questa nuova passione, solo di accennarvi. Se fra i due funzionerà verrà deciso dallo spettatore.