La moda spesso non comincia dalla moda in sé, così come le idee non nascono dall’idea di un progetto ma da uno spunto, quindi vorrei iniziare la nostra intervista con Maria Rosa De Sica non parlando di collezioni ma parlando di silenzi e canzoni.
Purtroppo per problemi tempistici (il mondo moda a luglio ti risucchia in incontri, riunioni, sfilate e un turbinio di eventi) l’intervista non è stata un face-to-face e mi sarebbe piaciuto fare come da bambina quando ancora ci si spediva le lettere in coloratissime buste dove si infilavano foto, fogli strappati dai quaderni e magari qualche conchiglietta rubata alla spiaggia per poter interagire con Mariù, anima creativa della sua omonima Maison 100% made in italy (che secondo me avrebbe anche apprezzato il postino con buste che non portavano solo bollette e tristi depliant). Ma, anche se ci sono state solo mail senza francobolli da leccare, nelle righe in Times 14 si è comunque sentita la presenza di una donna calma e sicura, orgogliosa delle sue radici e protettiva di valori tutti italiani che riverberano nel suo lavoro. Un diapason in cui si intrecciano i colori caldi di un Italia bella, sana, classica e dove la vita è ancora dolce.
E quindi di seguito ecco il nostro diapason in Times 14:
Partiamo dunque dall’ultimo intervento al salone del mobile di Alessandro Baricco, in cui ha dichiarato: “Questo silenzio qua era quello di cui volevo raccontarvi… di cui gli italiani sono maestri a generarlo e ad esercitarlo, è il silenzio di quando si racconta qualcosa, quando si assiste a qualcosa di pazzesco… un silenzio che accade nei teatri e nei cinema… un silenzio che si costruisce, fatto di talento che solo gli italiani sanno fare… un silenzio in cui c’è la vita, una vita intensa, un patrimonio italiano da salvaguardare con coraggio… Il silenzio è il nido di un pensiero” e il momento della creazione altro non è che un lasso di tempo (relativo alla vita) in cui si è in uno stato di “cova” delle idee, un momento pieno di silenzio in cui si lascia che il mondo, che la vita accada intorno a se e si accumulano le informazioni. La stranezza di quello che accade durante questo silenzio è che tutto riconduce ad un idea, un pensiero, un soggetto che si ripete in tutto ciò che si vede, si legge e si respira.
L’impressione è che questo silenzio per te continua a riverberarsi nel tuo lavoro, un silenzio che sembra tradursi in un’eleganza pacata e grazia senza tempo… è un impressione giusta? Che ne pensi del silenzio in generale? E quanto fa parte del Tuo processo creativo?
– Il silenzio non è un luogo privo di suoni ma è dove i suoni intorno a te diventano armonici e ti cullano e ti accompagnano diventando un tutt’uno con i tuoi pensieri. È riflessione ed equilibrio, è meditazione. Se si è in armonia con se stessi, se si trova un equilibrio interno allora puoi arrivare ad apprezzare il silenzio e a trarne ciò che di buono ti porta. Il processo creativo credo invece che avviene in modo inaspettato, può essere armonico ma anche caotico. È un flusso e come tale avviene quando meno te lo aspetti.
“La prima cosa che si nota nell’atto creativo è che si tratta di un incontro…la creatività è il confronto dell’essere umano intensivamente conscio con il suo mondo” diceva Rollo May.. che tipo di incontro e impatto ha avuto su di te il tuo mondo?
– Tutto quello che ci circonda è fonte di riflessione e quindi di creatività. Tutto quello che si presenta davanti al nostro volto serve alla nostra immaginazione. Tutto quello che noi nel tempo abbiamo costruito e creato è fonte d’ispirazione.
Io cerco di essere attenta perché molte volte l’idea trova spunto da una piccola cosa che non avesti pensato potesse essere così importante.
Figlia d’arte a volte può essere un titolo che apre delle porte, ma a volte è un fardello che pone in situazioni difficili e rende le persone prevenute sulle tue capacità, e più il nome di famiglia è importante più la situazione si accentua…tu che tipo di esperienza hai avuto?
– E’ al quanto bizzarro pensare che il proprio cognome sia un “fardello” per la persona e per la realizzazione dei propri obiettivi.
Il cognome è una storia di famiglia che si tramanda, è un racconto anagrafico che passa di persona in persona.
La mia famiglia porta avanti una storia italiana legata al cinema, che per questo può risultare diversa agli occhi degli altri ma per me è identica a tutte le altre. E non penso proprio che questo può pormi in situazioni difficili per quanto riguarda la realizzazione o l’affermazione del mio lavoro; lo troverei assurdo e ridicolo se fosse così perché significherebbe ingombrante e portatore di problemi agli occhi degli altri, non hai miei.
È davvero bella l’immagine di un racconto anagrafico, quasi come un susseguirsi di capitoli che non hanno mai fine, un libro di famiglia che può potenzialmente crescere all’infinito. Jean-Luc Nancy diceva: “Tutti i libri sono raccolte di geroglifici, collezioni di caratteri sacri e assemblaggi di icone e di emblemi che compongono una cifra dalla combinazione inestricabile”, nel tuo libro di famiglia quali sono i tuoi simboli, le icone e i geroglifici a cui più sei legata e continuano ad accompagnarti ogni giorno?
– Mi accompagnano i ricordi della mia infanzia, tutto quello che ho passato con la mia famiglia, i “ricordi belli”. A tutti quei modi e insegnamenti che mi sono stati insegnati, che cerco di onorare o quanto meno di ricordare, e spero anche io di insegnare quando sarà il momento.
Dai silenzi invece passiamo alla musica…il nome del tuo marchio Mariù de Sica non può che richiamare la famosa canzone “Parlami d’amore Mariù” del film “Gli uomini, che mascalzoni” in cui tuo nonno interpretava Bruno; è giusto il riferimento o è semplicemente un tuo diminutivo?
– La scelta di utilizzare Mariù viene un po’ dalla voglia di ricordare, è quindi un riferimento affettivo alla famiglia e alla storia che tramanda. Ma è anche il mio diminutivo che si usa in famiglia da sempre; ne colleziono tre e ho scelto il mio preferito.
Ormai la conoscenza dei marchi, da grandi a piccoli, si ottiene attraverso lo studio dei vari social, vero mezzo comunicativo degli ultimi anni. Su instagram ho trovato un tuo post con l’hashtag #parlamidamoremariu e l’invito a “show what you’re loving right now!”. Se tu dovessi rispondere adesso a questa richiesta e postare 3 foto, cosa inquadreresti?
– Fotograferei i miei due cani Fred e Nana che giocano o dormono insieme (amo gli animali, servono a ricordarci che possediamo la capacità di essere buoni), pubblicherei il luogo di un viaggio che feci a dicembre con il mio compagno e che ricorderò sempre ed in fine pubblicherei una foto di famiglia rubata in un giorno qualsiasi…
E se io invece dovessi fare tre post sulla tua nuova collezione cosa inquadrerei? Che colori, sapori, odori e suoni immortalerei nei miei scatti? Con quali hashtag potrei descrivere la donna Mariù della prossima estate?
– Inquadreresti il dettaglio delle bellissime righe bronzo e nero che si trovano su molti dei miei capi invernali, la morbidezza della seta dei miei pantaloni pijama e il sapore che si può immaginare guardando il mio bicchiere da cocktail. L’hashtag sarebbe #mdsworld #mariùdesicafallwinter #thenewcollection .
La donna #mariùslady è calma sicura e femminile.
A cura di Martina Cotena.