Magazine Cultura
E quindi eccomi qua, a scrivere questo post che in realtà avevo in testa già da un po', in modo un po' più generico forse, per cercare di capire quali siano i motivi per cui certi autori sono amati tantissimo da qualcuno e odiati senza ritegno da altri ("odiati" è ovviamente una parola forte, ma ci sta bene).
Roberto Saviano credo sia forse uno degli esempi più lampanti di questa strana dicotomia. Ha un sacco di estimatori, dal mondo della cultura, della politica, dell'informazione e del pubblico, ma anche un sacco di deterrenti che provengono esattamente dagli stessi ambienti. Io mi colloco nel primo gruppo. Ho letto Gomorra qualche anno fa, dopo aver aspettato che passasse la "moda" (faccio quasi sempre così, per non lasciarmi influenzare, nel bene o nel male dal fatto che lo stiano leggendo tutti) e mi sono trovata catapultata in un mondo che non conoscevo e che mi ha sconvolta. Ancor più se penso che quando Saviano lo ha scritto aveva solo ventisette anni. Dopo, mi sono procurata la raccolta "La bellezza e l'inferno" e da lì ho iniziato davvero ad amarlo. Amo il suo modo di scrivere e il suo modo di raccontare. E da lettrice e non da critica di professione, il fatto che non rientri in nessun genere questo suo stile non mi turba più di tanto. Leggo, rifletto, mi commuovo o mi arrabbio, un testo mi rimane dentro, un altro se ne va. Che sia un saggio, un romanzo, una poesia, un articolo, un'etichetta del detersivo, mi cambia poco. Poi è arrivato "Vieni via con me", quel fantastico programma su RaiTre con Fabio Fazio che mi ha tenuta incollata davanti alla tv come non succedeva da parecchio tempo. Ho amato il modo di parlare e di esporre i fatti di Roberto Saviano, quella timidezza che non penso fosse assolutamente costruita, che poi spariva miracolosamente mentre iniziava a parlare. Uno stile di esporre un po' lento il suo, fatto di pause, di silenzi che a volte valgono più delle parole, di gesti. Accuse chiare, dirette. Pugni nello stomaco su argomenti che troppo spesso vengono taciuti o dimenticati. E poi beh, c'era il duetto finale con Fazio, quel "vado via... resto" che mi ha perseguitato per mesi. Ho amato un po' meno il secondo programma "Quello che non ho", ma forse perché gli autori stessi si sono tenuti un po' di più, a seguito delle innumerevoli polemiche a strascico del primo programma, ma anche perché fin troppo consapevoli dell'impossibilità di replicare quello che erano riusciti a fare.
Nel mezzo, poi, sono andata a vedere lo spettacolo di Checco Zalone (altro personaggio che amo da impazzire), durante il quale ha fatto un'imitazione di Roberto Saviano fenomenale, da lacrime agli occhi dal ridere. Seguo poi Saviano su Facebook e su Twitter, mi sono mangiata le mani per averlo perso per un soffio al Salone del Libro di Torino l'anno scorso, mi sono emozionata quando il suo staff ha risposto a una mia mail in cui gli inviavo la mia recensione di SuperSantos e avrei voluto abbracciare Diego De Silva quando lo ha nominato durante la presentazione di "Mancarsi" a Torino.
E ora c'è questo Zerozerozero, che non vedo l'ora di leggere ma che ancora una volta aspetterò, vuoi per il prezzo troppo alto, vuoi perché ora lo leggeranno davvero tutti.
Rileggendo quello che ho scritto finora emerge forse chiaramente qual è il "problema", se così si può chiamare, di questo autore, ciò che lo ha reso antipatico a molti (molti che magari nemmeno hanno letto i suoi libri). E' diventato un personaggio, troppo sovraesposto a volte. E si è esposto, più o meno ingenuamente, più o meno consapevolmente, alla stessa macchina del fango da lui stessa portata alla luce e condannata. Perché se da un lato c'è chi parla male o prova antipatia per Saviano con cognizione di causa (a me il suo modo di scrivere e di parlare piace, ma posso capire che ad altri non piaccia, e ci mancherebbe altro), c'è chi invece critica senza mai aver aperto un suo libro, perché giudicare e insultare è sempre stato più facile che fermarsi a riflettere.
"Sfrutta la sua situazione". "Fa la vittima". "Era meglio se non avesse detto niente della Camorra, che figura ci fa fare nel mondo". "Dice cose che già si sapevano". "Usano i nostri soldi per pagargli la scorta" (io personalmente ma se sulla mia busta paga ci fosse scritto "detrazione per pagamento scorta a Roberto Saviano" anzichè "addizionale Irpef" sarei più contenta). "Se non ci fosse Repubblica a sostenerlo non sarebbe nessuno". "Pubblica con Mondadori e poi li critica" (e questa ha fatto vacillare anche me, lo ammetto)... e potrei andare avanti e avanti e avanti.
Io capisco che ci siano delle persone che a pelle possono stare antipatiche, persone che conosciamo e persone che non conosciamo. Io stessa ad esempio mi avvicino a certi autori con estrema cautela e con estremo sforzo perché non li amo molto come persone (precludendomi magari grandi libri e grandi opere). Però con Saviano ho l'impressione, del tutto personale, che si sia fatto un passo oltre al semplice "non lo leggo perché mi sta antipatico" (motivazione, ripeto, più che legittima) o "trovo il suo stile noioso" (altrettanto legittima).Un passo oltre che va a offendere la sua persona, il suo percorso e il suo cammino.
Che lo abbia fatto nel modo giusto o nel modo sbagliato, secondo me è impossibile negare che con il suo Gomorra abbia smosso qualcosa. E, pur non potendo entrare troppo nel merito essendo totalmente ignorante in materia, non si può dire che quello che ha scritto non sia vero. Una critica, questa, non gli ha mai effettivamente mosso nessuno.E forse è anche per questo che fa così paura , perché quello che dice è vero, e si preferisce criticare, giudicare, condannare, fare finta di niente per non dover fare troppo i conti con se stessi.
O forse sono semplicemente una di quelle fan un po' invasate, che si arrabbiano quando viene criticata una persona che stimano e amano e che si sente in dovere di difenderla, senza che ne abbia assolutamente alcun bisogno.
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