Pubblicato come tutti i testi scritti del monaco benedettino nelle edizioni “Il Messagero” di Padova, l’ultimo lavoro di Anselm Grun (manca la dieresi sulla “u” ma la tastiera italiana non la dà) riguarda il tema della comunicazione ai nostri giorni.
Neanche duecento pagine e un tema stuzzicante specie in tempi di social network, che i più, in tutto il mondo,ormai utilizzano.
Soprattutto le giovani generazioni.
Le nostre giornate, si sa, sono colme di parole.
Parole parlate, scritte, urlate, cantate, recitate.
Infatti è impossibile per l’essere umano non comunicare, ricorrendo alla parola.
Parola che lo distingue fortemente dalle altre creature del Creato.
E lo facciamo, a ben vedere, anche con la nostra postura.
Il richiamo che ci viene da questo garbato monologo-dialogo di Grun è che noi, spesso, tirando fuori dalla bocca una fitta pioggia di paroline o paroloni, a seconda della circostanza, siamo convinti di comunicare.
Mentre le nostre sono quasi sempre solo chiacchiere.
Proprio quelle, insomma che, come si dice, lasciano il tempo che trovano e che, osservando con un pizzico d’attenzione, balzano con notevole evidenza anche al più sprovveduto e/o distratto degli osservatori.
Ecco allora il richiamo ironico e intelligente allo stesso tempo di Grun.
Perché ci si riappropri del silenzio. Dell’empatia.
Perché è così ,e soltanto in questa maniera, che realmente il cuore parla nell’incontro con l’altro.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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