Parlare con i bambini della Malattia di Alzheimer ovvero il caffè per la gattina

Da Jessi

Carlo rientra a casa dopo una giornata di lavoro. Entrando, si accorge che sua madre non è seduta alla TV come al solito e inizia a chiamarla e cercarla, in ansia. Nonna W. ultimamente ha fatto cose strane e i suoi familiari non sono più tanto tranquilli. Per fortuna, Carlo sente dei rumori in cucina, corre lì e vede che su madre sta preparando la macchinetta del caffè:

-”Mamma, ma che fai? E’ tardi, ti fa male il caffè a quest’ora!!”

-”Nooo, non è mica per me!! E’ per la gattina!”

Da quel giorno, Nonna W. non è più rimasta a casa da sola. Il dottore le ha fatto una diagnosi di demenza senile e i sintomi sono stati sempre più evidenti, per tutti. La Malattia di Alzheimer è una forma di demenza che toglie a poco a poco la memoria, l’autonomia, la parola. E’ molto importante che i familiari siano preparati ad affrontare i sintomi di questa malattia: siamo infatti abituati ad identificare le persone che conosciamo in base alle loro competenze, alle memorie e agli affetti comuni ed è straziante, se non si è preparati, vedere che i genitori non riconscono la propria casa, i propri figli. Che cercano il coniuge o i genitori che non ci sono più da anni. Che sono inconsolabili nell’attesa di un ricordo che non vuole manifestarsi chiaramente e che resta come un’ombra confusa nella testa.

La Federazione Alzheimer Italia mette a disposizione delle famiglie molti materiali e informazioni utili. In particolare, segnalo le indicazioni che vengono date per spiegare questa malattia ai bambini, a questo link. Per i bambini, infatti, vivere da vicino questa esperienza ha molte implicazioni: al dolore per la malattia, si aggiunge spesso il disorientamento e l’impegno dei familiari verso il malato. Inconsapevolmente, gli adulti possono far ricadere sui bambini responsabilità troppo grandi, come il senso di colpa per i sentimenti di rabbia o frustrazione che la situazione suscita in loro:

Mi sembra che dovrei essere triste per la nonna, perché le voglio molto bene. Ma qualche volta non la sopporto più, perché lei vive con noi. Ha cambiato tutta la mia vita. Devo dividere la stanza con mio fratello e sopportare tutto il tempo le domande di mia nonna. Qualche volta mi sento in colpa, perché non lo fa apposta. Ma sto meglio quando posso prendere da parte mia madre e sfogarmi con lei.

Per prepare i bambini ad affrontare l’Alzheimer, è possibile anche leggere un libro dedicatto proprio a loro “Cara Nonna“: un libro molto tenero, che parla ai bambini della malattia e agli adulti dice che il modo giusto e utile per rapportarsi con i malati lo insegnano proprio i bambini, che mettono l’affetto prima della memoria, delle parole e dell’intelligenza così come siamo abituati a concepirli.

Se ci chiediamo che cosa fa di una persona quella persona, vediamo che spesso associamo all’identità le competenze cognitive: ‘mia madre era una maestra così brava e adesso non sa più parlare”. “Aveva una memoria di ferro e ora non riconosce più noi figli.” “La persona più intelligente che abbia mai conosciuto, e ora sembra un bambino, non sa più fare niente.”

Parte della sofferenza legata all’Alzheimer deriva, nella mia esperienza, dal nostro modo di concepire l’identità delle persone e la relazione con loro. Se facciamo come i bambini, invece, e ci rapportiamo di più ai malati in modo affettivo e diretto, vivendo il presente e il contatto emotivo, possiamo vedere che la persona a cui vogliamo bene è sempre lì, pronta a prendere la nostra mano a raccontarci una storia, magari un po’ strana e sconnessa, a darci un bacio e a riceverlo con il sorriso.

 Ho vissuto vicino a persone che affrontavano l’Alzheimer e la demenza, sia nella mia vita personale e professionale e ho scritto nella nostra Antologia per un figlio questa frase, che vorrei condividere con voi:

“In struggling each day with what Luria called the ‘tenacity of the damned’ those exceptional people those who had Alzheimer and those who cared for them embodied the human spirit at its best”

“Nella loro lotta quotidiana con quella che Luria chiamava la ‘tenacità dei dannati’ queste persone eccezionali, i malati di Alzheimer e quelli che si occupano di loro, incarnano lo spirito umano nella sua forma più alta.” (S. R. Sabat, The experience of Alzheimer’s Disease)

Vi è capitato di dover affrontare questo tema con i bambini? come avete scelto di farlo?


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