Parlare d’ amore in maniera diversa

Creato il 08 aprile 2010 da Dylandave

- Sul Mare – 2010 – ♥♥♥ -

di

Alessandro D’ Alatri

C’è modo e modo di parlar d’ amore in un film italiano. Lo si può fare come Moccia con frasine scontate, lucchetti e scene patetiche oppure lo si può fare come Alessandro D’ Alatri in maniera delicata, emozionale e decisamente più realistica. D’ altra parte D’ Alatri è già da tempo che ha dimostrato di saperci fare con l’ argomento amori difficili (Casomai e La Febbre ne sono stati un fulgido esempio). Accantonata la parentesi comica e leggera (per fortuna!) di CommediaSexi il regista romano ritorna al genere che più gli riesce e che gli ha donato la notorietà tra i registi emergenti, e con un pò di sale in zucca, del panorama cinefilo italiano. Ma soprattutto continua il suo progetto di film a basso budget e autoprodotti (la Buddy Gang è infatti il nome della sua stessa casa di produzione), e con soli 700mila euro , una ridottisima troupe, un’ unica location e attori sconosciuti è capace di raccontare una storia profonda e vera che non si  limita all’ amore tra due ragazzi di estrazione sociale diversa ma con sottotesti che sfociano nei problemi sociali economici e lavorativi. Le vicende traggono spunto dal romanzo di Anna Pavignano, che ha anche collaborato alla stesura della sceneggiatura e che per anni ha collaborato col grande Massimo Troisi. Unica location del film è l’ isoletta di Ventotene, un piccolo paradiso dove Salvatore (un esordiente e convincente Dario Castiglio) vive la sua vita come se fosse un materasso: d’ inverno lavora in nero nei cantieri di Formio mentre d’ estate con la stagione turistica guida una barca per escursioni per il piacere di turisti ma soprattutto turiste. Ed è proprio durante questa stagione che conosce, in circostanze non proprio piacevoli, Martina (Martina Codecasa), una giovane ragazza di Genova proveniente da una realtà decisamente borghese e vittima di aspettative genitoriali più grandi della sua stessa forza. Dario Castiglio è straordinario ad esordire con un personaggio estremamente rude fuori (caratteristica rafforzata dal suo smaccato dialetto napoletano e il genere di rapporti e discussioni con gli amici del posto) ma che scoprirà di possedere una straordinaria sensibilità, quasi femminile che lo porterà a soffrire per amore, in una paralisi psicofisica che dipende in gran parte da Martina ma che è arricchita da tutto un contesto lavorativo e sociale che non gli offre in nessun modo alternative valide. Ed è proprio a questo proposito che D’ Alatri introduce un’ argomento spesso glissato dal cinema che spesso parla di crisi e precariato lavorativo, ma molto poco dei rischi effettivi del lavoro nero che spesso provoca quelle morti chiamate bianche ma che ben poco hanno di quel colore così pulito e trasparente. D’ Alatri sperimenta attraverso la Sony X3 Full HD un modo totalmente diverso di fare cinema che può perfettamente essere combinato con il realismo dei personaggi e dei luoghi. Nettamente in controtendenza con la moda odierna di utilizzare impianti faraonici che si preoccupano decisamente meno della storia e dei personaggi. Anche la fotografia piena di frequenti chiaroscuro e oggetti interposti tra la luce e i soggetti mette in mostra quel modo di far cinema che nasce spesso nel cinema indipendente di arrangiarsi soprattutto con le idee che con i mezzi. Il risultato è decisamente più che soddisfacente e fa ben sperare per il cinema italiano in un momento così poco gravido di sperimentazione neorealistica.

( In barba al contesto il loro amore non è di certo roseo)

(Ma c'è anche altro nel film di D'alatri oltre all' amore)

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