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Parlare di uscita dall’euro? Impossibile (o quasi)

Creato il 07 aprile 2014 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
imagesdi Michele Marsonet. Uno dei grandi misteri dell’Unione Europea, com’è oggi strutturata, è comprendere perché sia così difficile parlare delle possibili conseguenze dell’uscita dall’euro. E non mi riferisco solo all’Italia: intendo tutti i Paesi che hanno adottato la moneta unica.
Voglio però sgombrare subito il campo da ogni equivoco. Chi scrive è convinto in cuor suo che una simile mossa avrebbe conseguenze nefaste ma, non essendo un economista, è incapace di indicare con precisione le ragioni a supporto di quella che potremmo definire una semplice “intuizione”.

Eppure se ne parla ormai da molto tempo, senza che ai non addetti ai lavori venga concessa l’opportunità di acquisire un quadro certo. Spetterebbe – penso – alle autorità di Bruxelles fornire un quadro di quel tipo, tagliando così la testa al toro e ponendo fine a un’interminabile serie di chiacchiere.

Invece niente. Commissione europea e BCE si limitano a ribadire che sarebbe un disastro, soprattutto per nazioni deboli come la nostra. Abbiamo dichiarazioni e documenti in gran numero, ma scritti in modo così criptico da impedire una loro lettura fruttuosa da parte dell’uomo della strada (o, se si preferisce, da parte dei comuni cittadini della UE).

E’ una situazione curiosa, che ovviamente rinfocola i sospetti e porta acqua al mulino di tutte le formazioni politiche (e sono ormai tante) che adottano un’ottica antieuropeista. Io non m’identifico con alcuna di esse e mantengo – con una certa fatica – l’opinione che l’Unione sia indispensabile.

Resta però il fatto che, se si vogliono trovare dei ragionamenti articolati e, soprattutto, comprensibili sull’argomento, bisogna andare a pescare nella “letteratura” antieuropeista. Faccio un esempio.

Qualche giorno fa un amico della Lega Nord mi ha allungato un opuscolo curato dall’economista Claudio Borghi Aquilini, intitolato “Basta euro. Come uscire dall’incubo”. Sapendo che non provo grande simpatia per il movimento di Bossi e Salvini, il suddetto amico, ex direttore ora in pensione di un istituto di ricerche economiche e sociali, mi ha strizzato l’occhio dicendomi: “tu leggilo, e poi se vorrai ne parleremo”.

Chiarisco subito che la lettura dell’opuscolo in questione non ha affatto risolto i miei dubbi. Tuttavia è scritto in modo molto chiaro, con una serie di domande a ognuna delle quali viene fornita una risposta puntuale (il che, com’è ovvio, non significa che sia anche corretta).
In ogni caso emerge un quadro di luci e ombre, dal quale si evince che l’eventuale uscita dalla moneta unica produrrebbe più vantaggi che danni. Il motivo principale, secondo Borghi Aquilini, è che “un’unica moneta per economie diverse non può funzionare, crea disoccupazione, rafforza chi è già forte e indebolisce chi è già in difficoltà. Senza il controllo sulla sua moneta uno Stato in recessione non può tentare di contrastare la crisi. Senza il controllo sulla sua moneta uno Stato non può avere alcuna autonomia e si riduce alla condizione di un Paese del Terzo Mondo, con governi fantoccio e costretti a supplicare per ottenere il denaro di cui hanno bisogno”.
Naturalmente non è tutto qui, poiché nel pamphlet si trovano pure argomentazioni tecniche (espresse comunque con un linguaggio perspicuo). Ma il mio intento, come scrivevo all’inizio, è capire perché mai i superburocrati di Bruxelles neppure si sognino di far pubblicare qualcosa di simile difendendo la tesi opposta. Non sarebbe forse utilissimo?

Se Manuel Barroso e Herman Van Rompuy, invece di scambiarsi sorrisini ironici a proposito di Matteo Renzi, si degnassero di spiegare a tutti in maniera chiara perché è pericoloso (o addirittura impossibile) uscire dall’euro, non ci guadagnerebbe forse l’intera Europa? Oppure dobbiamo ipotizzare che, in fondo, neanche loro saprebbero fornire risposte adeguate al riguardo? O ancora, dobbiamo sospettare che Angela Merkel li abbia precettati proibendo ai due di fornire chiarimenti?

In tale contesto sorprende non poco la risposta che Sergio Romano ha dato a un lettore nella sua rubrica quotidiana sul “Corriere della Sera” del 4 aprile. L’ex ambasciatore sostiene, in sostanza, che l’uscita dall’euro è un alibi per chi non vuole capire. La colpa dell’attuale situazione non è della Germania ma nostra, giacché per “molti anni lo Stato italiano ha continuato a spendere più di quanto incassasse”.
Tutto verissimo, per carità, ma che c’entra con le conseguenze derivanti da un’eventuale uscita dalla moneta unica? Ci siamo già abbondantemente cosparsi il capo di cenere di fronte agli europei virtuosi (o presunti tali). Ora vorremmo solo sapere in modo chiaro che accadrebbe se abbandonassimo l’euro. Forse una vera e propria tragedia, ma è esagerato chiedere il come e il perché?

Featured image, banconote in Euro.


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