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Parliamo di evoluzionismo

Creato il 03 novembre 2011 da Cultura Salentina
Parliamo di evoluzionismo

©Dino Licci: acrilico su tela 50x70

Adoro parlare di Darwin perché questo scienziato ha attuato in campo metafisico, oltre che filosofico e biologico, una vera e propria rivoluzione copernicana.

Come Copernico ci ha liberati dalla visione tolemaica del mondo, che vedeva la terra centro dell’Universo, così egli ci ha liberato da quella visione antropocentrica della vita che relegava il mondo animale e vegetale in una condizione di servilismo innato di tutte le specie viventi nei confronti dell’uomo, creato come signore incontrastato di tutta la natura.

La chiave  di lettura è diversa e va ricercata appunto in un contesto evolutivo che ci veda  provenire da un profondo passato e  proiettati verso un  futuro incerto che aspira, senza certezza alcuna,  verso una condizione di autodeterminazione.

Ciò sarebbe possibile quando dovessimo  possedere  tali qualità recettive da essere capaci di spiegarci quei fenomeni metafisici cui tutti aneliamo ma che sfuggono, senza un passivo atto di fede, alla nostra conoscenza razionale. Prima di allora il povero transeunte striscerà sulla terra, sia pure con balzi eccelsi che hanno il sapore della musica, dell’arte, della poesia, chiedendosi instancabilmente chi è, da dove viene, dove va e soprattutto il perché del suo misterioso divenire.

Ma in questo contesto, stretto in  un uno spazio necessariamente angusto, l’argomento che vorrei trattare (comparsa del linguaggio e rapporti ecologici con le altre specie viventi),  non può certo essere esposto in modo esaustivo ma, per prima cosa, potrei cercare, alla luce delle moderne conoscenze, di riabilitare il mondo degli animali col tentativo di “entrare nei loro pensieri” attraverso la conoscenza elementare delle loro strutture cerebrali.

Intanto, carte anatomiche alla mano, possiamo dimostrare  come i sentimenti, il dolore, il piacere, la gelosia, l’emozione, l’affetto, la simpatia, la permalosità o l’amicizia, siano  caratteristiche comuni a tutti i mammiferi perché il cervello (evidente per chi conosce la neurologia comparata) è composto come da più strati sempre più complessi man mano che si progredisce verso l’alto nella scala zoologica .

Per esempio al TRONCO ENCEFALICO, il cosiddetto cervello RETTILIANO, tipico dei rettili,(midollo spinale, midollo allungato, ponte di Varolio, mesencefalo), che si è formato circa 500 milioni di anni fa, nel corso dell’evoluzione si è aggiunto (200-300 milioni d’anni fa) il CERVELLETTO e finalmente  il SISTEMA LIMBICO (fornice, talamo, ipotalamo, ipofisi, ippocampo, amigdala) detto anche MAMMALIANO  perché tipico dei mammiferi e sede dei sentimenti che ho appena elencato.

Questo fa sì che fa sì che, al contrario dei rettili,  anche  gli  altri mammiferi  soffrano, godano, palpitino d’amore e gelosia proprio come noi, mentre invece in nessun caso essi  saranno capaci d’astrazione perché non hanno le strutture atte a  sviluppare tali pensieri.  Quando  si formerà la CORTECCIA che sarà sede d’astrazione, pensiero, idea, allora l’animale sarà diventato Uomo, l’animale che sa di dover morire, e appunto egli comincerà a chiedersi chi è ed eleverà al cielo le sue braccia, le sue preghiere, le sue aspirazioni o s’invaginerà in se stesso, conscio dei propri limiti, schiavo della sua cavità cranica che non è ancora abbastanza sviluppata da svelargli il mistero della sua esistenza, ma abbastanza capiente  da contenere i suoi dubbi, le sue angosce, le sue ansie, l’immagine  elaborata e  infinita  dell’universo intero.

Con la comparsa della corteccia compare il linguaggio e compare la capacità di muovere la mano in senso completo, col pollice opponibile che consentirà a questa creatura di crearsi l’organo accessorio, dalla clava al computer, dalla ruota all’astronave, con un ‘enorme amplificazione delle sue potenzialità accresciute dalla capacità acquisita col linguaggio, di trasmettere ai posteri le proprie conquiste e moltiplicare enormemente  le proprie conoscenze.

E  il linguaggio non dipende soltanto da un’evoluzione del nostro apparato vocale, ma  soprattutto dall’evoluzione  del nostro cervello che aggiunge alle aree di cui vi ho parlato prima e con la corteccia, la capacità d’astrazione, la capacità di elaborare concetti, immagini, suoni e opinioni trasformandole in idee che il centro di BROCA traduce in linguaggio. Questo centro,  si trova nella  nostra corteccia, nell’emisfero temporale di sinistra e fu scoperto da Broca nel 1860  quando il grande fisiologo si accorse, a mezzo  dell’esame autoptico, che tutti i pazienti che avevano sofferto di  difficoltà di linguaggio (l’afasia di Broca oggi si dice), mostravano  anche una lesione nel loro  lobo frontale  sinistro. Interessante, molto interessante,  sottolineare che questi pazienti erano  in grado di capire  il linguaggio ma non sapevano  elaborarlo mentre altri pazienti, che erano  in grado di scrivere e di parlare, non erano  in grado di capirlo e questi ultimi, come scoprì successivamente un altro grande neurologo, Karl Wernicke, avevano  invece una lesione nella zona parieto-temporale sempre dell’emisfero sinistro. Questa fu detta area di Wernicke dove arrivano gli stimoli (visivi  dal lobo occipitale ed uditivi dal lobo temporale), per venire poi  trasformati in una specie di “codice neurale“ del linguaggio e trasportati attraverso una via nervosa (il fascicolo arcuato) al centro di Broca, dove finalmente il linguaggio prenderà forma. Insomma  il cervello è molto più complesso di quanto crediamo ed è il grande mistero della biologia.

Mi spiego meglio:

a ogni parte del corpo (come cominciarono a dimostrare fin dal 1870  Fritsch e Hitzig  e come oggi è più facile vedere anche in vivo attraverso la tomografia assiale e la risonanza magnetica funzionale, corrisponde un’area corticale che, se stimolata, ne induce  l’attivazione (col cosiddetto Homunculus di Penfield se ne proietta un’immagine didattica).

Quindi, nel caso della parola, è il nostro cervello sinistro, la corteccia, a produrla con una  interreazione  di più aree, più regioni che collaborano insieme per il raggiungimento di uno stesso fine. Il linguaggio, nel senso letterale della parola, è, come  abbiamo visto, una conquista dell’uomo ma questo non vuol dire che il resto del mondo vivente non comunichi con i suoi simili. E non sono solo i cani, i gatti, i nostri animali domestici a strabiliarci  con le loro capacità innate od acquisite di comunicare tra di loro, ma anche i pesci, i rettili, gli insetti e perfino  forme di vita  ancora più elementari. Tutto sta nel saper decodificare i messaggi nascosti come in un gioco crittografico dei nostri quiz enigmistici .  Ma di questo parleremo un’altra volta.


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