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Parola e antiparola. Dialogo tra due pensatori a tempo perso

Creato il 28 dicembre 2011 da Cultura Salentina

di Leandro Ghinelli

Parola e antiparola. Dialogo tra due pensatori a tempo perso

© Pasquale Urso

Primo pensatore – Mi piace vedere la gente che passa. Vorrei essere amico di tutti e conoscere tutti vizi e virtù. Per esempio, quello là vicino al benzinaio, sai chi è? Sembra camminare come se galleggiasse nell’aria.

Secondo pensatore – Chi, quello con la cravatta verde-speranza? Lo conosco bene, ma non siamo amici. Ha il vizio di non essere vizioso, e avrà il vizio di pentirsene.

Primo p. – E quell’altro là, col giornale in mano?

Secondo p. – Quello di solito saluta tutti, perché dice di amare il prossimo. Volle fare amicizia come me fermandomi e dicendo ‘Mi pare di conoscerla’. Ora non mi ha visto. Ha la virtù di avere molte virtù, e avrà il vizio di non pentirsene.

Primo p. – E quella lì col nasino all’insù, davanti alla vetrina di abbigliamento?

Secondo p. – Ha la voglia di non avere alcuna voglia.

Primo p. – Parlando così, tu rovesci il modo di giudicare il mondo.

Secondo p. – No, è nato rovesciato, diritto e rovescio come le medaglie. Vedi materia e antimateria, polo positivo e polo negativo.

Primo p. – E noi, secondo te, di che pasta siamo fatti?

Secondo p. – Siamo impastati di negativo e positivo. E per dimostrarlo abbiamo la parola, la parola di cui tanto ci vantiamo, che ci fa felici e infelici, sinceri e falsi. Beati gli animali che non hanno la parola. La parola gioca tra luce e oscurità, tra rabbia e torpore, tra l’alto e il basso, tra sonno e veglia, è la nostra dualità.

Primo p. – E allora non dobbiamo rallegrarci di nascere esseri umani. Tanta parola sciorinata a voce o per iscritto a che servirebbe?

Secondo p. – Al contrario, dobbiamo essere contenti anche di essere scontenti, come vuole madre Natura, tra i molti sì e i molti no, tra spirito e antispirito, tra potenza e debolezza. Anche Dio lascia esistere il Demonio; pensiamoci.

Primo p. – Ma verrà il tempo in cui Dio annienterà il Demonio, e già l’ha imprigionato e inchiodato nell’Inferno, anche se quel “vermo reo” sguscia fuori dal suo chiostro mefitico, serpeggia e fomenta nella materia i cataclismi, e nello spirito nostro il freddo più del caldo, il nero più del bianco, l’ira più della pace. Quando il Demonio non ci sarà più la nostra parola rispecchierà solo il Vangelo di Gesù. Non sarà questa la virtù finale della parola?

Secondo p. – Anch’io vorrei, ma temo che sempre ci sarà una realtà binaria: parola e antiparola, materia e antimateria, speranza e disperazione, bene e male. Se nella pazzia c’è l’antipazzia, e forse la mente cieca vede quello che i vedenti non vedono, io non sono tutto sano di mente e mi par d’essere sano e insano a fasi alterne. Per questo soffro. Per questo nasce il dolore. Per questo la tristezza è un bisogno umano. “Hilaris in tristizia, in hilaritate tristis” disse Giordano Bruno.

Primo p. – Vabe’. Sarà o non sarà così? Torniamo a casa, al nostro riparo.

Secondo p. – No. Oggi dormo all’aperto. Ho bisogno di antiriparo.

Primo p. – Tu non vuoi ripararti dal male?

Secondo p. – Certo che lo voglio, ma in certi momenti mi arrendo, non combatto.

Primo p. – Io invece combatto. E anche senza combattere ho fiducia che alla fine il bene vincerà. Non disperare.

Secondo p. – Spero di sperare, te lo voglio concedere. Addio.


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