Buono per quanti almeno una volta si sono imbattuti in una pagina di Marguerite Duras e si sono fatti catturati dalla sua scrittura, dalle sue storie che scavano fino in fondo e danno parola a ciò che di solito di parola è privo. Buono anche per quanti la Duras non l'hanno mai amata - non è un autore che si lascia conquistare facilmente, nonostante i successi editoriali di altri anni - e che tuttavia ora hanno la possibilità di esplorare il mondo segreto di una grande del Novecento.
Non so bene come definire I miei luoghi, ora pubblicato da Clichy. Un libro-intervista certo, con la Duras che, conversando con Michelle Porte, racconta i luoghi della sua vita, dalla giungla del Vietnam alla casa affacciata sulla sabbia e le maree della Normandia. Eppure non è solo questo. O meglio il gioco delle domande e delle risposte si fa molto altro: racconto intimo, parola evocativa, silenzio che sembra impregnare i luoghi stessi della Duras e farsi più eloquente di molti discorsi.
Un libro sul filo della memoria, della nostalgia, del ricordo che si fa strada e chiede cittadinanza al presente. Un libro anche da toccare, sfogliare, vedere, perché parla pure attraverso le sue pagine bianche e le tante fotografie.