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Prima e ultima volta che lo dico, poi mai più: sulla faccenda del part time penso davvero che noi donne siamo un po’ stupide. Sempre di corsa, mai una chiacchiera, salto del pranzo, riorganizzazione della vita personale e familiare in base a quelle misere 4 o 5 ore giornaliere, zero salti di carriera, sottopagate. L’inglese Timewise Foundation ha appena pubblicato uno studio sul vissuto di chi lavora a tempo ridotto: il 77% percepisce il part time come una trappola da cui non riesce più a uscire, il 73% non ha più avuto un aumento o una promozione, il 34% si sente sottostimato e l’11% addirittura invisibile. Oltre il danno la beffa. Ora. Su 8 milioni di part time 6 sono donne. E di queste il 48% l’ha scelto per star dietro ai figli. E allora ho il sospetto che, dietro questa scarsa considerazione del part time, ci sia del sessismo, visto che stiamo parlando soprattutto di donne. Donne che vivono costantemente col piede sull’acceleratore. Il cui tempo per sé è sempre al primo posto tra i pensieri e le preoccupazioni ma relegato ad optional. Donne divorate dai sensi di colpa e dalla lista delle cose da fare che non diminuisce mai. Che rinunciano agli ultimi inviti degli amici per stanchezza o mancanza di tempo. Un cambiamento improvviso di un impegno segnato sull’agenda può innescare una crisi isterica, perché non più abituate ad un’elasticità mentale. E tutt’intorno un coro di “come sei dimagrita/sciupata/trascurata”. Sì, ci sono passata. Sì, non tornerei più indietro. La vita è un puzzle, tanti pezzi, tutti importanti. Noi crediamo che si possano incastrare. Il mondo del lavoro, là fuori, molto meno.