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Parte 3: In viaggio con Wilfred

Creato il 09 luglio 2010 da Faustotazzi
Parte 3: In viaggio con Wilfred
"Dovevamo evitare qualsiasi contatto con Arabi che non fossero dei Rashid e possibilmente anche con loro, in modo che la notizia della mia presenza qui non si diffondesse tra le tribù. Dei gruppi di Karab provenienti dai monti Hadhramaut avevano saccheggiato questa zona l'anno scorso quindi correvamo anche il serio rischio di venire scambiati per banditi, visto che le nostre tracce arrivavano chiaramente dalle steppe del sud. Ma avevamo bisogno di abbeverare i cammelli e trovare acqua anche per noi, quindi decidemmo di arrivare più vicino possibile alle oasi di Liwa poi da li mandare un gruppetto al villaggio per cercare cibo per almeno un'altro mese. Hamad mi disse che Liwa apparteneva agli Al bu Falah di Abu Dhabi e che questi erano perennemente in guerra con i Said bin Maktoum di Dubai. Molte scorribande erano attualmente in corso e gli Arabi della Costa erano diffidenti e in costante allerta".
Quando pensate alla rivalità tra Abu Dhabi e Dubai, a chi costruisce la torre più lunga, alle recenti vicende economiche della Dubai Holding col ritardato supporto da parte dei cugini di Abu Dhabi, fino alla mossa finale del Burj Dubai ribattezzato Burj Khalifa non dimenticate che non più tardi di qualche decina di anni fa le due tribù stavano ancora scannandosi allegramente, e non in senso lato. Fino agli anni 70 questa regione era ancora sostanzialmente una zona tribale composta da sette emirati indipendenti conosciuti come “gli stati della tregua” per via degli accordi marittimi stretti con la corona britannica allo scopo di garantire un transito sicuro delle navi in rotta per l’India. 

Per quanto il petrolio sia stato trovato per la prima volta verso il 1958 al largo delle coste diAbu Dhabi ci sono voluti almeno una decina di anni prima che iniziasse un vero e proprio sfruttamento industriale.Nel 68 gli inglesi si sono ufficialmente ritirati dalla regione e nel ’71 i due Emirati più potenti realizzarono che con l'era del petrolio alle porte non sarebbe stata una cattiva idea metter da parte la loro rivalità secolare per gestire l'oro nero attraverso una federazione chiaramente destinata a diventare molto potente. Sheikh Zayed bin Sultan al Nahyan di Abu Dhabi e Sheikh Rahid bin Seed Al Maktoum di Dubai strinsero allora un accordo che poi venne ratificato anche dagli altri sceicchi della zona: erano nati gli Emirati Arabi Uniti, una federazione di sette minuscoli stati indipendenti in una penisola montagnosa e desertica: Abu Dhabi, Dubai, Sharjah, Fujeirah, Ajman, Umm al-Qaiwain e Ras al Khaimah, detto anche RAK, che si aggiunse solo qualche anno dopo. 
La fine della (indiretta) colonizzazione britannica coincise con l’impennata nei prezzi mondiali del petrolio. Gli Emirati fiorirono (nel vero senso della parola) e prosperarono sotto la guida di alcuni governanti (in un certo senso) illuminati. Sheikh Zayed è ritenuto uno dei Padri della Patria, oltre che della famosa Sheikh Zayed Road. F
u un visionario e sognatore, i suoi successori, Sheikh Rashid e il figlio, Sheikh Maktoum bin Rashid a far si che quei sogni si realizzassero. Sheikh Maktoum è passato a miglior vita nel 2006 e oggi è suo fratello Sheikh Mohammed bin Rashid, che ne ha assunto gli onori di vice presidente degli Emirati, primo ministro, ministro della difesa e ovviamente governatore di Dubai. 
All’epoca della fondazione i sette Emirati contavano in totale meno di 180,000 abitanti seminati in un territorio di deserto e montagne. Oggi i residenti degli UAE sono circa quattro milioni, di cui uno e mezzo a Dubai. La stragrande maggioranza espatriati dal subcontinente indiano, poi asiatici in genere, arabi dai paesi vicini e un po’ di occidentali, inglesi in primis, ovviamente.
Gli Emaratee - cosi si definiscono gli abitanti originali, che noi "western expats" definiamo semplicemente “locals” - vestono abiti tradizionali. La dishdasha, che è una lunga veste bianca portata sopra a un pareo e dei sandali per gli uomini e l’abaya nera che copre ancora molte donne locali dalla testa ai piedi. Molto sporadicamente e solo nelle donne più anziane l’abaya è accompagnata anche dal burqa, una maschera di pelle che copre bocca e naso. In occidente si usa questo termine largheggiando un po’ ed estendendolo a qualsiasi oggetto atto a coprire integralmente il volto, preferibilmente di una donna. Orgogliosamente vestiti in questo modo gli Emaratee fanno comunque shopping nelle boutiques più alla moda, guidando macchine lussuose su un sistema autostradale che può essere tranquillamente invidiato dalle nazioni più sviluppate del mondo.





"Il mattino dopo arrivammo a Muwaiqih, uno degli otto piccoli villaggi nell'oasi di Buraimi, dove viveva Sheikh Zayed. Ai margini del deserto le dune lasciavano il passo a una piana sassosa e da li si poteva già scorgere il suo forte: un grande recinto quadrato dai muri di fango alti una decina di piedi. Sulla destra, dietro a un muretto mezzo diroccato e seppellito dalla sabbia c'era un boschetto di palme secche e impolverate sullo sfondo del quale si scorgeva in lontananza il massiccio isolato di Jebel Hafeet, alto cinquemila piedi e distante una decina di miglia. Ancora più in la, quasi indefinite, le cime azzurro pallido delle montagne dell'Oman".



Thesiger arrivò qui nel 1948, attraversando il Quarto Vuoto a dorso di cammello. Al Ain è una città-oasi nell’entroterra di Abu Dhabi, dove i picchi dei monti Hajar incontrano le pianure del deserto e le sorgenti d’acqua formano una grande oasi. Oggi è sede di un bel mercato del bestiame. Ci si va per ammirare i suoi grandi parchi e i suoi forti, tra i quali ovviamente anche quello di Sheikh Zayed. Al Ain fu la sua città natale e lo sceicco ebbe sempre un occhio di riguardo per questa zona. Cosa che che spiega tutti i sontuosi palazzi e anche la serie infinita di cunette antitraffico sul lunghissimo rettilineo che dal deserto portà in centro città.




"Hamad ci accompagnò fino a Ibri. Conosceva il bene deserto e gli spostamenti delle varie tribù e ci disse che era meglio tenersi  lungo il margine meridionale di Liwa perchè questa zona era al momento poco frequentata. Normalmente le pianure a sud di Liwa sono i pascoli preferiti dalle mandrie cammelli dei Manasir ma recentemente questi sono stati razziati ripetutamente dai predoni di Dubai e quindi hanno deciso di spostarsi più a occidente". 


L’oasi di Liwa si trova a più a sud, nel deserto profondo del Rub Al Khali. Fu la casa ancestrale della famiglia reale degli Al Nahyan è una grande mezzaluna di piccole oasi ognuna delle quali in origine non era altro che due capanne barasti e quattro palme da dattero. Un luogo remoto e beduino che una volta si poteva raggiungere solo a marce forzate a dorso di cammello sotto sole, sete, caldo e fatica. Oggi ci si arriva tranquillamente in autostrada ed è diventato il punto di partenza per le gite organizzate sulle gigantesche dune del Quarto Vuoto.
Gli altri cinque Emirati si estendono tutti a nord di Dubai. Il più vicino, lungo la costa a soli 13 chilometri e praticamente ormai inglobato nella città principale, è Al Sharjah.


Fieramente musulmana e storicamente governata dalla potente famiglia Al Qasimi, Sharjah è stata a lungo la potenza dominante di questa parte del Golfo. Città fortificata, sede del primo aeroporto degli Emirati, a lungo scalo commerciale obbligato dall’Europa per l’India, e fondatrice della prima scuola dell’intera regione, inaugurata nel 1953 (millenovecentocinquantatrè!). E' l'Emirato più intransigente in fatto di usi e costumi e il contrasto con Dubai può essere notevole. Il suo predominio è declinato quando navi sempre più grandi hanno iniziato ad avere problemi a entrare nella sua insenatura stretta e poco profonda preferendo fermarsi nel più agevole creek di Dubai. Ma per via della sua storia e del profondo rispetto per la famiglia dominante Sharjah gode tutt’ora di grande considerazione. Una ventina d'anni fa era stata nominata Capitale Culturale Araba e tale continua a proclamarsi tutt'ora, per quanto nonostante i suoi progetti di “landscape beautification” (che significa cercare di piantare erbe e fiori nel deserto) sia ormai solamente una poco gradevole zona industriale e città-dormitorio di Dubai.

"Arrivammo a Sharjah il 10 maggio (del 1948, ndr). Fiancheggiammo l'aeroporto passando attraverso scheletri di auto abbandonate, pile di lattine vuote, bottiglie rotte, mucchi di filo spinato arrugginito e pezzi di carta che volavano dappertutto. Un generatore batteva in lontananza e una jeep passò sulla pista lasciando puzza di fumo, olio e benzina. Sharjah era una piccola cittadina araba sulla spiaggia, misera e decandente come Abu Dhabi ma infinitamente più squallida perchè era coperta di rifiuti portati fin qui da chissa dove."Dibba e Khor Fakkan sono enclavi di Sharjah sulla sponda orientale. Popolari destinazioni turistiche locali, sono posti tranquilli e ancora relativamente poco toccati dalla modernizzazione. Molto relativamente, a dire il vero. Ad alternarsi con queste enclavi è l’Emirato di Fujeirah: 1300 chilometri quadri di montagne con qualche minuscola pianura costiera, desertica ovviamente. Fino a una decina di anni fa la costa orientale era completamente isolata dal resto del paese, poi è stata costruita un’autostrada che passa per le montagne nella zona di Masafi per scendere fino ai villaggi di pescatori sulla costa del Golfo dell'Oman, tra forti di fango, piantagioni di datteri e i tradizionali canali di irrigazione.
A nord di Sharjah ci sono due emirati minori: Ajman e l’impronunciabile Umm al-Quaiwain (che significa “La Madre di qualcosa che non ho ancora capito bene"). Entrambi si sono sviluppati da piccoli villaggi di pescatori sulla costa. Oggi il primo è conosciuto per i suoi cantieri navali tradizionali dai quali esce la maggior parte dei dhow della zona mentre il secondo, in onore delle sue origini marinare, ospita un (relativamente) importante centro di ricerca sulla pesca.
Su a nord, ai confini con l’Oman e la penisola di Musandam, c’è Ras al-Khaimah. Un emirato ricco di storia che come Sharjah può vantare periodi di preminenza su tutta la regione. Ras al-Khaimah è ricca di sorgenti d’acqua e l’agricoltura è inaspettatamente sviluppata: si vocifera addirittura di coltivazioni di fragole che poi vengono esportate in Europa. Le altre attrazioni di RAK sono le sorgenti calde tra i monti Hajfar, le piantagioni di datteri nascoste e un distreto numero di villaggi-fantasma. Da queste parti sorgeva la potente Julfar, città fortificata che dominò su tutta la zona fino al diciottesimo secolo quando venne improvvisamene abbandonata. In questa costa di montagne e fiordi c'è anche Telegraph Island, uno scoglio divenuto famoso in tutto il mondo e poi rapidamente dimenticato, scomparso insieme ai tempi gloriosi del telegrafo.
Ma di tutti questi posti avremo tempo di parlarne con più calma, in seguito.

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NOTA: Tutte le citazioni di questi post sono prese da Arabian Sands, di Wilfred Thesiger. I libro fu edito per la prima volta a Londra nel 1959 e racconta dei suoi viaggi nel deserto d'Arabia dal 1945 al 1949. In versione italiana è edito da Neri Pozza e si chiama Sabbie Arabe, anche se secondo me sarebbe stato più corretto tradurlo in Sabbie d'Arabia. Dello stesso autore vi consiglio anche Quando gli Arabi Vivevano sull'Acqua, titolo che è davvero una pessima traduzione dall'originale The Arab of the Marshes. Temo che entrambi siano leggermente fuori stampa quindi non vi sarà facilissimo trovarli.

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