Passarono diversi minuti, poi all’improvviso Ninuccia e Gaudenzio smisero di parlare della Fabbrica, si abbracciarono stretti stretti in silenzio, come se di lì a poco i loro corpi e i loro sentimenti stessero per abbandonarli per sempre. Nei movimenti che eseguivano era palpabile un sentore di lontananza che sarebbe arrivata inevitabilmente in breve tempo. Qualcosa tra loro li divideva ancora, come la sottile lama di una scimitarra ben affilata nonostante la morsa dei loro corpi fusi insieme e nello stesso tempo lontani anni luce. Quando Gaudenzio la baciò, togliendole la sigaretta dalla bocca, lo fece come fosse un ordine che lei doveva eseguire, accettandolo tacitamente. Usò un rigore che non ammetteva repliche, lei non riconosceva più l’uomo del treno che fissava il pavimento. Sfoderava un impeto che non aveva mai usato con lei, con una punta di violenza si avvicinò a lei con la sua lingua umida, facendogliela scorrere sul viso, sul collo e nell’incavo dei seni per posarsi con prepotenza sui capezzoli per risalire e indugiare, giocando con i piccoli lobi delle sue orecchie. Ninuccia era stordita dai suoi baci, la sensazione che provava era quella di una geisha che riscuote il premio tanto ambito dopo aver seminato per lui arte e maestria, pretendendo da lui la giusta ricompensa e non in moneta naturalmente. Voleva essere marchiata a fuoco e gli ordinava di continuare, voleva essere sottomessa a lui pur conducendo lei il gioco, voleva essere la sua amante, colei che ama e non una prostituta dedita al sesso mercenario. Ninuccia non si riconosceva più, non era lei quella donna lasciva e abbandonata completamente, senza il solito controllo che voleva avere anche in quei momenti di passione. Era come una drogata in crisi di astinenza d’amore, ma ora non voleva un surrogato al metadone ma la droga buona, vera e non tagliata: desiderava passione, amore, affetto, dedizione totale che avrebbe saputo restituire a tempo debito. Ora Dora pensava esclusivamente al piacere e ai desideri di Ninuccia, regalando a Gaudenzio i suoi sospiri e gli orgasmi furenti, che sarebbero arrivati, forse, in seguito. La strada che Gaudenzio disegnava con la sua lingua, era il sentiero da seguire, quello che lei cercava e non aveva ancora trovato, era un sentiero illuminato con candele di cera profumata, lampioni colorati e lucciole che le volavano attorno, danzando per lei come nessuno era riuscito a fare. Le luci la conducevano verso cammini tanto ambiti ma sconosciuti, lei piccola ed umile scolara si lasciava condurre per mano, obbedendo muta, imparando da lui che si può fare l’amore anche in silenzio, senza parlare, ascoltando solo i respiri e guardando negli occhi l’altro. Stava capendo alla sua età, che non c’era bisogno di troppe parole per eccitarsi, non doveva proferire termini che il partner voleva sentirsi dire, ma lasciava che i suoi occhi, i suoi gemiti, i suoi tremori parlassero per lei, ed era un linguaggio che lui capiva alla perfezione. Tutto questo rituale d’amore spontaneo, riusciva a portarla esattamente dove lui voleva e stavolta non sarebbe scappata. Erano soli in quel caldo pomeriggio di maggio; all’oratorio i bambini ancora non c’erano per le prove dei canti domenicali e don Pasquale era andato a battezzare un bambino, nella vicina Parrocchia di Marano Marchesato perché il loro Parroco era influenzato. Dunque potevano donarsi l’uno all’altra, senza scuse per rimandare oltre. Gaudenzio non poteva più attendere, lei nemmeno, la trascinò in camera sua, la buttò sul letto come una bambola di pannolenci senza smettere per un istante di baciarla e di accarezzarla. Lei lo agevolò e iniziò a bagnarsi nella sua intima natura, senza mezzucci chimici come era solita fare da molti anni a questa parte.
Lui andò in estasi sentendo l’eccitazione di lei, ed avvertì che le sue dita, infilate con forza e dolcezza nella vagina di lei, erano completamente bagnate dai suoi umori vaginali. Ansimavano come due animali liberi da chi li aveva braccati per anni, si spogliarono di abiti e tabù, cosicché lui finalmente riuscì a vedere il suo seno nudo ed indifeso e tutto il suo armonico corpo. Lei poté accarezzargli il torace e la possente schiena, le gambe magre ed atletiche, scolpite da anni di gioco al pallone, dicendogli che nudo lui era come lei lo aveva sognato mille volte, non le importava la pelle bruciata che aveva nella schiena, un altro regalo di quel suo fratello dispettoso. Anzi lo baciava maggiormente, dove lui aveva le cicatrici per dimostrargli che non ne era disgustata, esse erano molto evidenti ed occupavano buona parte della schiena, ma lei le amava ancora di più perché facevano parte di lui. Come ogni volta che stava facendo l’amore, le venne spontaneo toccarsi la clitoride che era già eccitata, ma lui con dolcezza le scostò la mano e le disse”Faccio io amore mio, lascia che sia io e solo io a procurarti gli orgasmi che hai tenuto incatenati dentro di te troppo a lungo…” Lei che a malapena riusciva a parlare, gli sussurrò “Non credo tu riesca a farmi venire , per me è molto difficile sai raggiungere l’orgasmo vaginale, se prima non ne ho uno clitorideo intenso, poi sarò un fiume in piena e ne avrò uno dopo l’altro. Lui eseguì l’ordine amoroso, iniziò ad accarezzarle la clitoride con dolcezza e con le dita bagnate di saliva, poi gliela baciava con la punta della lingua, cercava di descrivere dei mini cerchi concentrici su quel piccolo e delicato accumulo di carne, quasi timoroso di farle male. Doveva calibrare bene la potenza, se premeva troppo, Ninuccia diceva “Ahi” o se usava la lingua troppo leggere, lei, al contrario non sentiva nulla. Era convinto che fossero loro e solo loro a riuscire a toccare quel bottoncino che la Natura aveva loro regalato, secondo le sue precedenti esperienze non erano cosa che un uomo poteva eseguire alla perfezione. “Non è per niente semplice, anzi è molto complicato!”, pensò Gaudenzio in una frazione di secondo, “Procurare a una donna un orgasmo clitorideo”, erano cose che solo le donne sapevano fare bene, avendolo imparato durante le loro masturbazioni solitarie. Forse un’altra donna avrebbe saputo eseguire quell’atto così difficile su di un’altra donna, ma per un uomo..beh, occorreva veramente molta buona volontà per imparare. E Gaudenzio in quel pomeriggio, di volontà ne aveva parecchia, era uno studente diligente ed attento ad ogni smorfia o espressione che Ninuccia aveva sul viso, voleva imparare come rendere felice ed appagata completamente quella che oramai considerava la sua donna a tutti gli effetti. Era molto concentrato e faticava non poco, nel compiere quell’atto orale così intimo, temeva di non saper più come fare per rendere felice una donna, la sua amata donna, non era nemmeno abituato a preoccuparsi di far raggiungere un orgasmo esterno a una donna. Quando consumava quei pochi atti sessuali, con donne non impegnative, dava loro poche spinte con il pene, in modo frettoloso e sgraziato, ed eiaculava immediatamente, non gli importava certo che anche loro godessero e in che modo lo facessero. Se in quei pochi minuti anche loro sentivano qualcosa a livello vaginale buon per loro, diversamente lui pagava il servizio e a testa china se ne andava via, fumando rabbiosamente. Dai sospiri e dagli occhi estasiati di lei, dai gemiti che emetteva, dalla testa reclinata all’indietro dai capelli arruffati, lui poteva capire il grado di piacere che lei provava e finalmente si sentiva un uomo vero e completo. Stava iniziando a comprendere come amare una donna, come farla sentire bene dal punto di vista sessuale e anche come fare in modo che la stessa donna, tornasse da lui a riprendere ciò che aveva assaporato. In questo modo la sua donna, sarebbe stata per così dire legata sessualmente a lui, perché sapeva che cosa provava mentre faceva l’amore con lui. Una sorta di sottomissione sessuale che avrebbe causato dipendenza a tutti e due, questo era certamente ciò a cui entrambi aspiravano: essere dipendenti l’uno dall’altro nel sesso, in modo tale da non andare mai a cercare sostituti altrove. Una specie di giuramento tra loro: non ci tradiremo mai, il mio corpo, il mio cuore, il mio seno, la mia vagina, la mia clitoride, il mio ano sono completamente tuoi. Viceversa, il mio corpo, il mio cuore, il mio pene, i miei testicoli, tutta la mia mente ti appartengono. Mentre i minuti passavano, si sentiva più forte e padrone della situazione: era lui al timone e lei lo lasciava fare, questi segnali positivi che silenziosamente da lei riceveva, lo spronavano a proseguire, in quell’amplesso tanto laborioso, quanto di soddisfazione carnale.
Poi lei senza indugiare, gli prese il membro forte e autoritario tra le mani, leccandoglielo attorno al glande e nel senso della lunghezza, facendogli emettere un suono gutturale, rauco, quasi da uomo primitivo, infine se lo indirizzò dentro di lei. Gaudenzio possedeva un pene esemplare, molto imponente e lungo, rigido come granito, che quasi la sbigottì, lasciandola perplessa nel constatarne con la lingua la lunghezza e la larghezza. Aveva la vagina in fiamme, bagnata come fosse appena uscita dalla vasca di bagno, la clitoride gonfia all’inverosimile e come lo sentì entrare, iniziò a muoversi ritmicamente come impazzita sopra di lui senza riuscire a fermarsi.
Dopo il primo orgasmo esterno, che lui le procurò con immensa fatica, seguirono gli altri profondi e fortissimi, quelli interni della vagina come lei gli aveva preannunciato: un incessante processione, dove ogni orgasmo spingeva quello precedente in modo da farsi posto nell’uscire allo scoperto e farla rinascere. Con grande stupore Ninuccia si accorgeva che non faticava a venire, in quel momento era una ragazza nel pieno del suo vigore fisico e sessuale incredula, per ciò che Gaudenzio riusciva a farle provare. La felicità che entrambi provavano era immensa, difficile da poter descrivere con semplici parole. Quell’atto d’amore così primordiale che non si può imparare dai libri di scuola, era per loro il primo bambino tanto atteso e desiderato che stavano partorendo insieme. Stavano comprendendo che non si sarebbe trattato di sesso o di mancanza di affetto, quello che erano riusciti a darsi, era stato custodito, cercato e ora finalmente suggellato. Fu un amplesso amoroso intenso, laborioso, lunghissimo, intervallato da pause per ritardare l’eiaculazione di lui, che diversamente sarebbe avvenuta non appena lui fosse entrato dentro di lei.
“Qui sono a casa, al calduccio e non ho paura, questa è la casa che ho sempre sognato e dalla quale non voglio uscire mai più. L’ho trovata finalmente la mia dimora!” Era un pensiero che Gaudenzio era riuscito a concepire nonostante l’ebbrezza e lo stordimento di tutti i sensi, lo aveva fissato per bene nella mente, incollandolo al suo cervello: aveva trovato la sua nuova casa e tanto gli bastava, il resto ora non contava più.
…non so se sia di vostro gradimento questo piccolo assaggio erotico, che spero non abbia offeso la sensibilità di nessuno, preso dal 17° capitolo di “Ninuccia e le scarpe degli angeli”. Anche per dopo tre libri scritti è stato difficilissimo scrivere di erotismo senza cadere nel volgare o nello scurrile, questo tipo di storia non si sarebbe prestata! Ho faticato e provato emozioni corporali e mentali mentre lo scrivevo tre anni fa, oggi rileggendolo non m ifa più quell’effetto devastante, ma vi assicuro che non è stato facile!! Lo dedico a tutti voi ed in particolar modo ai miei nuovi amici che si sono iscritti al nostro forum, ringrazio di cuore: Wwayne, CarloGalli, Fedifrago, Ilmiokiver, Retecinemaindipendente, Nunizatullio. E meno male ed era ora e me lo asuspicavo che arrivassero anche degni rappresentanti del sesso maschile! Questo è un gran bel regalo di primavera, per me i pareri e le idee maschili sono molto importanti e mi possono insegnare aspetti a me sconosciuti. Spero di non deludervi mai e di portarvi idee frizzanti, intelligenti e perchè no! anche un pochino peccaminose sempre nei limiti del buon gusto erotico soft, ma vero e non superficiale o costruito! Baci passionali soprattutto agli uomini, mi perdonino le amiche ma alle donne li mando solo affettuosi! E’ primavera e credo trapeli da ogni blog consultato………