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Partecipazione, bene comune, senso civico. 3 falsi miti da sfatare

Creato il 04 settembre 2015 da Romafaschifo
Partecipazione, bene comune, senso civico. 3 falsi miti da sfatare

Oltre ad essere scadente, incoerente, ripetitivo, inconcludente, giustificazionista, superato di almeno trent'anni, disattento, spocchioso, ignorante e impreparato, il dibattito "civico" nella nostra città presenta anche dei tic che è bene, una volta per tutte, smontare.

Già il discorso sulla città è inesistente o fa schifo, se poi lo infarciamo di frasi sfatte e di concetti vuoti è davvero la fine. Nella solita insufficiente manciata di secondi radiofonici abbiamo abbozzato questo ragionamento ospiti, ieri mattina, a Radio Anch'io, una delle trasmissioni radio più seguita delle terre emerse. Dopo un dibattito tra Sabella, Marchini, Esposito e quant'altri, il dibattito ha pericolosamente virato verso il "senso civico" e i curatori di Radio1 forse proprio per quello ci avevano chiamati: per confermare che a Roma c'è poco senso civico, o per segnalare come un bel grumo di senso civico si stia coagulando attorno al nostro blog. Abbiamo invece cercato di impostare la cosa in maniera molto diversa, cercando di smontare i falsi miti e gli equivoci che aleggiano attorno a tre pericolosi concetti. Sono tre concetti belli, alti e nobili, ma che nella pozzanghera romana vengono strumentalizzati. Lo sarebbero anche a Parigi o a Berlino se non si garantisse una sorta di 'presidio' istituzional-amministrativo, ma tant'è. Da noi, fintanto che i prepotenti avranno la meglio sulle persone per bene e rispettose del prossimo e della città, anche le robe serie e fondanti vengono trasformate in grimaldelli a fin di male. E allora eccoli i tre miti da sfatare.


1. SENSO CIVICO
E' una cosa complessa. Molto amplia. Non necessariamente attiene al fatto di "fare" qualcosa di concreto. Anzi. Quella è più protesta, quella è più una forma di manifestazione. Tra l'altro una manifestazione (quella di pulire la città, intendiamo, sostituendosi a chi dovrebbe farlo per mestiere, profumatamente foraggiato dalle tasse versate) che ha molto più senso quando si pulisce sotto casa di altri (Retake) piuttosto che quando si pulisce sotto casa propria (Gassmann). Senso civico è anche essere preparati, informarsi, capire cosa succede, criticare e proporre solo se si è approfondita una partita, un argomento. Altrimenti tacere, per evitare di aggiungere confusione a confusione. Ma il senso civico è terrificantemente sopravvalutato: "eh ma manca il senso civico" è la giustificazione perché alcune cose non funzionano, quando non funzionano semplicemente perché non ci sono adeguati controlli e sanzioni. Le persone che salgono sull'autobus senza pagare non lo fanno per assenza di senso civico, lo fanno perché siamo tra le poche città al mondo dove si può entrare senza pagare. Metti questo sistema anche a Zurigo e nel giro di sei mesi neppure gli svizzeri pagheranno più il ticket, così come, di converso, metti un cafone romano a Londra e vedrai che pagherà tutto il dovuto fino all'ultimo penny.


2. BENE COMUNE
Altro appello che si fa ad ogni spron battuto è quello del bene comune. Giusto, bello, già. Peccato perché che sotto questo label si sono nascosti e si nascondono migliaia di farabutti che considerano qualsiasi cosa gli interessi bene comune e con questa scusa se ne impossessino ai danni della collettività, ai danni dei legittimi proprietari e ai danni della "concorrenza". Questa idea secondo cui se rubo un immobile e ci faccio una palestra con tariffe più basse (ovvio, non devo pagare l'affitto, non devo pagare le tasse, non devo pagare le bollette) sto facendo un servizio in nome del bene comune è da spazzare via.

3. PARTECIPAZIONE
Peggio mi sento. Giù appelli alla partecipazione. I romani partecipano poco. I romani dovrebbero partecipare di più. Ma che iddio ce ne scampi e gamberi! In questa fase storica purtroppo la popolazione di qualità è in altre faccende affaccendata o è ampiamente e felicemente emigrata in città più dignitose. E' rimasta una percentuale di ignoranti, persone in cattiva fede, conservatori che si venderebbero la madre al peggior offerente pur di non cambiare - anche se in meglio - le proprie abitudini. La partecipazione, a Roma, fa più danni delle scelte effettuate dai decisori politici, pubblici e amministrativi. Se quelli sono scadenti e fanno poco, la partecipazione popolare è peggio e, in luogo di far poco, punta a far nulla o a tornare indietro. Tutte le volte che ci è capitato di prendere parte a processi di partecipazione - ci sono le dovute eccezioni, è chiaro, ma sono quelle che confermano la regola! - abbiamo sempre notato grumi e metastasi di cittadini pronti a tutto pur di bloccare lo sviluppo della città. Bloccare il tram, bloccare la ciclabile, bloccare il parcheggio interrato, bloccare il cantiere della metropolitana, bloccare l'allargamento dei marciapiedi. Il paradigma della "partecipazione" a Roma (è un problema italiano, è vero, ma a Roma si accentua di parecchio) ce lo hai nelle riunioni di condominio e nello squallore dei comitati di quartiere (l'ultima notizia? Oggi quello di Tor di Valle, una zona fetente e vomitevole che potrebbe essere riqualificata dal progetto del Nuovo Stadio della Roma, hanno denunciato il progetto stesso alla Procura della Repubblica, che ha dovuto far partire una inchiesta). Tanto basta. Che questo modello venga portato nella filiera delle decisioni amministrative è follia in questa fase. I decisori che sono pagati per farlo decidano per il meglio, tanto è facilissimo farlo: basta copiare quanto fatto in tutto il mondo su problemi che tutti avevano e che oggi sono rimasti solo qui.

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