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Partir vorrei, ma tu vuoi danzare

Da Bruno Corino @CorinoBruno

Partir vorrei, ma tu vuoi danzare
Era da molto tempo che non scrivevo un "racconto", chissà, forse mi mancava l'ispirazione, o forse non ne avevo voglia, o forse ero e sono troppo preso dalla contingenza attuale che non dà scampo. Fatto sta che ho scritto questa "storiella" (come amava Camillo Boito definire le sue novelle), senza pretese. Al lettore/visitatore il compito di mettere insieme il puzzle, trovare in esso il suo significato. Se ce n'è uno, almeno!
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Il luce s'accartocciava come una foglia gialla, all’imbrunire, nei riflessi verdi di una bottiglia vuota di spumante, avanti indietro rotolante, in un cigolio calmo, senza sosta. Da lontano i rintocchi di un orologio a pendola flebili calavano nella stanza. Il tuo sorriso sparito dalla bocca un tempo traboccante di buonumore, si crogiolava nella sera ormai stanca. Qui sono e qui resterò. Tu mi dicevi. Calma e silenziosa. E a me non restava che partire quando tutto era fermo, e gli incubi non riuscivano a cancellare le ombre sottili della sera che s’affollavano nella mente. Ah, se i tuoi desideri fossero candida neve, che fiocco dopo fiocco, soffice e leggera, s’accumula sul fondo della schiena, sopportarne il dolore sarebbe un gioco da ragazzi! Ma i tuoi desideri sono grandine, che non si scioglie e che s’abbatte a scudisciate sulla pelle, violenta e impura come quella di tamburo. E così iniziasti ad eccitarmi. Sentivo brividi di freddo, ma non era freddo. Erano le prime contrazioni della mia pelle intirizzita. Le labbra che si contraggano in un ritmo pruriginoso. Il movimento delle gambe che s’aprano e si chiudono, dolcemente. Silenziosamente. La mano che d’impulso corre in mezzo, quasi a voler frenare il ritmo voluttuoso che l’avvolge. T’alzi per un attimo e sollevi la gonna su fino all’inguine. Ammiro la tua sensuale biancheria. Mi piace accarezzare le gambe morbide e lisce, le calze di seta bianca. E cominci a premere la mano sulla tua calda conchiglia. La sento umida e vogliosa. Desiderosa di carezze. Morbosa. Ti lasciavi andare sulla sedia e allargavi le cosce chiudendo gli occhi. E ora a me piaceva inseguire le immagini che mi scorrevano davanti. E penetrare nei tuoi pensieri. Ascoltare il tuo respiro affannoso. I tuoi miagolii. Avvertire il calore delle guance che s’avvampano. La lingua che s’agita intorno alle tue labbra. Le forti vibrazioni delle tue dita. Il tuo urlo soffocato. E mi piaceva vederti adesso abbandonata sulla sedia, con le gambe ancora aperte, ma come assorta. E le labbra che piano pianino si ritirano. Languida. Quasi stupita e incredula. Richiudere tutto, ricomporsi, come se nulla fosse accaduto. Eppure, non so per quale misteriosa magia sia successo, ma quella sera non sono andato più via, e sono rimasto con te a danzare, anche in quella sera, come sempre.  


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