3 MAGGIO – Vujadin Boskok è uscito di scena la mattina del 27 aprile 2014, giusto due giorni dopo la morte di Tito Villanova, ex allenatore del Barcellona scomparso prematuramente a soli 49 anni. Entrambi accomunati da un tragico destino, il solito male incurabile che purtroppo non lascia scampo. Il tecnico serbo era nato il 16 maggio del 1931 – avrebbe quindi tra poco compiuto 83 anni – a Begec, un piccolo paesino a pochi chilometri da Novi Sad, da dove è partita la sua carriera di calciatore con la maglia della squadra locale del Voivodina. Una carriera che lo vide poi partecipare anche a un’olimpiade e a ben due fasi finali del campionato del mondo con la casacca della ex-Jugoslavia. Nei tre lustri passati a tirar calci ad un pallone anche un’esperienza nel campionato italiano nel lontano 1961 con la maglia della Sampdoria – guarda come sa essere strano a volte il calcio – squadra che giusto trent’anni più tardi, guidata proprio dal tecnico serbo, conquisterà il primo e unico scudetto della sua storia, l’ultimo vinto da una squadra “non metropolitana”. Nel nostro paese, oltre alla Sampdoria, Boskov è stato l’allenatore anche di Ascoli, Roma, Napoli e Perugia ma è fuor di dubbio che i suoi ricordi più belli sono legati ai sei anni trascorsi sulla panchina della compagine blucerchiata. Alla guida dei liguri oltre al campionato italiano, conquistò infatti una Coppa delle Coppe, due Coppe Italia e una Supercoppa Italiana, arrivando a toccare da vicino anche la Coppa dei Campioni, persa in una sfortunatissima finale contro il Barcellona allenato da Johan Cruijff. Ma oltre che per le sue imprese sportive, Boskov sarà sempre ricordato, dai tifosi sampdoriani e non, anche per le sue frasi celebri, dense di ironia, con le quali era solito commentare gli episodi di una partita, dalla rete sbagliata alla decisione, magari ingiusta, del direttore di gara. Come non ricordare infatti frasi del tipo “Rigore è quando arbitro fischia” oppure “ Pallone entra quando Dio vuole” o ancora “Un grande giocatore vede autostrade quando altri vedono solo sentieri”. A me piace sempre ricordare “se uomo ama donna più di birra ghiacciata davanti a televisione con finale di Champions, forse vero amore ma non vero uomo”. Una frase magari meno calcistica, ma specchio della sua indiscutibile capacità di saper cogliere “il gusto pieno della vita”.
L’amico ed ex-calciatore Antonio Bogoni poi, quando parla della sua esperienza con la maglia dell’Ascoli, ricorda sempre la bizzarra consuetudine di Boskov, in occasione degli allenamenti settimanali, di sottoporre i propri giocatori ad un massacrante e dispendioso “uno contro uno” a tutto campo. Come potete vedere quindi un personaggio fuori dagli schemi, tecnico magari stravagante ma altrettanto competente e preparato – la sua Sampdoria viene ancora oggi ricordata per il suo gioco divertente e spumeggiante – capace come pochi di “dribblare” con abilità e ineffabile ironia la facile e gratuita polemica. Un esempio forse da seguire per certi allenatori dei giorni nostri troppo spesso “impegnati” ad alzare i toni, dimenticando che alla fine parliamo sempre e solo di un gioco. Caro ed indimenticato Vujadin, parafrasando la tua famosa “partita è finita solo quando arbitro fischia”, per quanto inatteso ed inaspettato, è arrivato il triplice fischio finale. Persone come te mancheranno sempre al calcio di oggi. Ciao grande Vuja…
Enrico Brigi
twitter @enrico_brigi
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