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Partite, magari tornate, ma prima partite!

Creato il 30 novembre 2012 da Abattoir

venerdì 30 novembre 2012 di

La Sicilia è un’isola che lascia nel cuore, a chiunque la viva a pieno, lo stesso identico sentimento: contemporaneamente di amore e odio.

La dimensione di questi sentimenti non è però pari, ma cambia normalmente dalla distanza fisica che ci separa da questa terra. Finché la vivi ogni giorno, non puoi che odiarla con tutte le sue assurde criticità, con tutti i suoi paradossi divenuti normali.

Chi invece per necessità o per volontà si è dovuto allontanare non può che sognare la casa di mamma, i suoi manicaretti e i suoi panorami di campi color oro nelle caldi estati e dell’azzurro del cielo e del mare che si uniscono all’orizzonte.

Sia tra chi è partito sia tra chi è rimasto c’è un comune senso di insoddisfazione: tra chi vive in Sicilia c’è chi vorrebbe partire, tra chi è emigrato qualcuno vorrebbe tornare, altri invece stanno in ogni caso bene dove sono.

Tra quelli che vivono in Sicilia, e che vogliono rimanerci, ho conosciuto alcuni affermare che emigrare è facile e che la cosa giusta da fare è cambiare la Sicilia dal suo interno. La maggior parte di loro non fa nulla per cambiare la propria terra, tranne che lamentarsi di tutto e di più con aria disfattista anche di fronte alle situazioni positive.

Per questi ultimi non ho molte speranze; ma per tutti gli altri, che vogliano scappare dalla Sicilia o che ci vogliano morire, do lo stesso identico consiglio: partite!

Non accontentatevi di vacanze più o meno lunghe, ma approfittate di progetti comunitari come il Leonardo, l’Erasmus, tirocini o lavori stagionali all’estero. Bisogna entrare nelle viscere delle altre culture, ampliare al massimo la nostra visione del mondo mettendola a serio confronto con quella delle altre culture. 

Partite realmente se volete andarvene da qui, solo così saprete se siete veramente disposti e capaci di affrontare il sacrificio di un’emigrazione. Fate i conti con il frigo vuoto perché eravate troppo impegnati per fare la spesa. Fate i conti con il vostro portafoglio o con il vostro cuore. Solo lontani da casa potrete fare una reale valutazione.

Partite anche voi che volete abbeverare questa terra secca con il vostro sudore e le vostre lacrime perché c’è bisogno di idee nuove, di aria fresca, o questi vostri sforzi rimarranno inconsistenti.

Il confronto con le altre culture è necessario per lo sviluppo dell’animo umano che diventa superiore al suo provincialismo territoriale.

Gramsci suggeriva di insegnare l’italiano ai dialettofoni, non per una questione estetica, ma per una questione cognitiva. Uscire fuori dal proprio mondo linguistico e provare a superarlo con una lingua a più grande raggio.

Partite, confrontatevi con il mondo, più grande e lontano possibile dal vostro, per superarvi e portare con voi nella vostra terra una capacità di comprendere il mondo più ampia di prima.

In fondo spesso non servono idee innovative per essere innovativi dalle nostre parti, basta copiare qualcosa che ancora non c’è.

Io stesso ho fatto un’esperienza all’estero grazie al progetto Leonardo, in cui mi sono confrontato con me stesso in primis, e poi anche con un sistema diverso, nonostante le similitudini, che mi ha portato ad un accrescimento culturale che, come scrive la nostra Cristina, “a me ha cambiato la vita”.

La mia esperienza è stata abbastanza emblematica perché mi sono ritrovato a svolgere il mio tirocinio in Andalusia, che in fondo è un po’ come la Sicilia spagnola: caldo, belle spiagge, disoccupazione alle stelle, denigrazione da parte dei connazionali che vivono più al nord.

La città in cui sono stato però non era Siviglia, la grande città capoluogo, carica di storia e di burocrazia come può essere Palermo o Catania, ma Malaga, una città più modesta ma che mi ha insegnato molto.

Malaga ha un centro storico molto piccolo che confina in parte con il mare, come tutte le città che nascono dalla presenza di un porto. Intorno a questo centro storico poi si sviluppa un’area metropolitana abbastanza vasta dai tratti periferici: strade molto larghe e lunghe, con palazzi alti, grandi e tutti uguali, frutto di una politica edilizia degna di quella italiana. Il fatto di essere cresciuta soltanto negli ultimi cinquant’anni fa sì che sia una città che si è sviluppata all’interno di una cultura di modernità di stampo europeo. In fondo a Malaga oltre agli spagnoli e ai gitani vivono molti italiani, russi, sud americani e marocchini, per non contare le infinite “colonie” inglesi che vivono nei paesi della provincia lungo la Costa del Sol.

Uno sviluppo così moderno mi ha permesso di vivere comunque all’interno di una dimensione europea che banalmente si costata appena arrivati con la puntualità degli autobus e il rispetto per il pedone che sta attraversando sulle strisce, più profondamente nella loro organizzazione e nella concezione che la buona politica è una politica che sappia guardare al futuro.

Nonostante io ami la Sicilia e in fondo ci stia pure bene, sento sempre la necessità di partire, di confrontarmi e di mettermi in gioco, cosa che consiglio a tutti, perché partire, soprattutto nell’accezione di vivere fuori dalla propria terra, amplia il proprio punto di vista e così si riesce meglio ad abbracciare il mondo.


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