PAS-QUAnd je suis seule, PAS-QUAnd je ne suis.

Da Miwako
Non mi succedeva da anni.ANNI.Di ritrovarmi inginocchiata a terra a piangere dal dolore.Lancinante, abbacinante, obnubilante.Un'ora e venti minuti.Senza sosta, senza respiro, senza coscienza quasi. Cerco spigoli vivi dove battere la testa, mani sul viso per soffocare i singhiozzi e non svegliare nessuno, un solo pensiero fisso:
 Ma le persone sole, come fanno quando stanno male?
Le medicine, come polvere di gesso nell'acqua, si depositano sul fondo del mio stomaco senza scalfire minimamente il dolore. Una dopo l'altra, in mezzo ai capelli umidi e il sale delle lacrime, come niente fosse. Non ce la faccio, sveglio Stè, scendiamo nella pioggerella fredda di una Firenze addormentata, prendiamo la macchina e andiamo a cercare un dottore, uno sciamano, un santone, mi va bene chiunque al momento.Lo troviamo.Una donna con i rasta canuti mi apre la porta dell'ambulatorio fasciata in un kimono, con un paio di occhialetti sottili poggiati sulla punta del naso.Sorride serena. Noncurante, tranquilla e rilassata, mi prescrive una bombatomica sedativa senza nemmeno visitarmi. - Cosa pensi che sia?- mi chiede. Io lo so cosa penso che sia. Ma, tra le due, quella con le credenziali per affermarlo si suppone sia tu. Ma va bene comunque, "malasanità" si può leggere anche "Ma-La-Sanità?" Che fine ha fatto?Impugno il foglio, usciamo, farmacia, gocceatomiche, letto. Ore 7.30. Dormo fino alle 16. E finalmente, il dolore non c'è più.Il pensiero però rimane lì. Polvere di gesso, una volta ancora.
Ma le persone sole, come fanno quando stanno male? Come farò io quando questo pezzo di vita scadrà ed io sarò sola, in un'altra città, senza il lusso di avere qualcuno da svegliare in piena notte per correre al pronto soccorso?
Oggi, oggi che sto bene, oggi che è Pasqua, ci sono solo io in questa casa, nessuno se non un tarlo a forarmi il cervello. I coinqulini, partiti; rispettivi paesi, pranzi, nuclei familiari; i miei, a 300 km da qui, siedono a tavola in questo momento, a ridere tutti insieme, con la nonna alticcia e lo zio che punzecchia la "piccola" di casa. Io, grande assente, me ne sto qui di fronte a libri, appunti e fogli word, pensando alla solitudine brutta bestia.D'altronde, Natale in libreria, Pasqua sulla tesi; non fa una piega. Per fortuna, ho intorno persone che si preoccupano per me. Due inviti a pranzo, declinati per rispetto all'imprescindibilità del vincolo sanguigno come cardine di questi ritrovi annuali. Inviti sentiti, lo so, non lanciati a caso. E mi ha fatto un bene immenso, anche solo sapere di essere voluta, voluta bene.
Poi ieri sera è passato qualcuno a fumare una sigaretta tra una bibliografia e una nota a piè pagina. In tesi, tutti. Intesi, noi. Non se n'è andato che un'ora fa. Due in tesi, due intesi, a dormire abbracciati, col buio a fare da coperta, l'odore della pelle e dei pensieri a lasciare il cuore nudo.Non sono sola, anche quando sono sola. Lorenzo non ha detto niente di nuovo. Sono sola anche quando c'è qualcuno. Anch'io non ho detto niente di nuovo.Pasqua, d'altra parte, significa passare oltre.Ed io passo oltre il dolore, la solitudine, le prove del fuoco e del nove. E tutto torna. Soli lo siamo tutti. Però se lanci un urlo, forse qualcuno arriva. Chiedi e ti sarà dato. E' che a volte non so chiedere.Fortunatamente, chi mi conosce, ascolta anche quello che non dico.Quindi ora, un grazie, lo dico. Col cuore. Nudo.
Buona Pasqua

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