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Chi mente? Boh. Di certo resta solo che finora don Riccardo Seppia non è stato né spretato perché indegno del ministero, né scomunicato per aver gravemente offeso il sacramento del sacerdozio. Sospeso dal ruolo di parroco, questo sì, ma è anche vero che da una cella del carcere di Marassi sarebbe stato difficile dir messa e tenere le lesioni di catechismo.Ecco, allora, che sull’intrico della vicenda converrà astenerci da ogni commento, perché ogni impressione corre il rischio di essere ingiusta illazione. Di sicuro c’è solo il fatto che don Seppia resta per la Chiesa un alter Christus, nonostante tutto. Nessun seminarista potrebbe illudersi di diventare prete ammettendo anche la metà della metà di quanto don Seppia ammette, ma i sacramenti officiati da un prete, indegno quanto egli stesso ammette di essere, restano validi: era un tramite di merda tra Dio e i fedeli, ma pur sempre un tramite.
I genitori dei bambini battezzati da don Seppia, e che ora chiedono siano ribattezzati (*), sono cattolici stupidissimi, e chiedo scusa per il pleonasmo. In quell’untore drogato – pedofilo o no – c’era Cristo: almeno allora, quando tutti erano all’oscuro dei suoi dopomessa, Cristo c’era. A non volercelo vedere si fa offesa alla dottrina cattolica e a diritto ecclesiastico: a quei genitori non resta che ripassare il Catechismo e il Codice di Diritto Canonico. Così si renderanno conto che non possono nemmeno sbattezzare i figli, per poi farli ribattezzare: sarebbe insulto al sacramento, il loro. Via, pascolate lontano dai coglioni di Sua Eminenza.
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