Magazine Cinema
di Abel Ferrara (Italia, 2014)
con Willem Dafoe, Ninetto Davoli, Riccardo Scamarcio, Valerio Mastandrea, Adriana Asti, Maria de Medeiros
durata: 87 min.
★★★☆☆
Avvertenza: questo non è un film per tutti, ed è bene metterlo in chiaro fin da subito. Non lo è per chi si aspetta un film biografico puro e semplice, dal momento che è impossibile condensare in neppure un'ora e mezza di pellicola l'opera-omnia pasoliniana, ovvero l'uomo, lo scrittore, il regista, l'intellettuale, il poeta. E non lo è neppure per chi cerca un film d'inchiesta, dal momento che è evidente che ad Abel Ferrara importa molto poco di come sia morto Pasolini e di chi lo abbia ucciso: per quello guardatevi pure il bel film di Marco Tullio Giordana del 1995 (Pasolini, un delitto italiano), senz'altro molto più indicato. Se invece cercate qualcosa di coraggiosamente sperimentale, forse anche un po' incosciente, un ritratto neutrale e inaspettato (perchè girato da un americano) di uno dei personaggi ancora oggi più discussi e scomodi in assoluto a livello planetario, allora andate a vedere il film di Ferrara. Con le dovute precauzioni.
La trama è semplice: ci vengono raccontate (non in ordine cronologico) le ultime 36 ore di vita dello scrittore, di cui vediamo frammenti di vita privata e professionale. Solo che Ferrara li scompone e li rimonta a modo suo secondo il suo stile debordante e allucinato, che lo porta spesso ad 'esagerare' ma che è anche utilissimo per farsi un'idea della complessità del personaggio, che ci viene mostrato in tutte le forme: vediamo infatti il Pasolini al lavoro (mentre batte a macchina il suo ultimo romanzo, Petrolio, destinato a rimanere incompiuto), quello umano e intimo (tenero e affettuoso con la madre anziana e i familiari), quello che guarda al futuro e illustra i prossimi progetti cinematografici (il Porno-Teo-Kolossal, una specie di seguito di Salò) al giovane Ninetto Davoli, seduto al tavolo di una trattoria che si trasforma poi in luogo irreale dove prendono forma atmosfere (incubi?) oniriche e suggestive.
Ferrara costruisce un film dai toni surreali, evocativi, sotto certi aspetti disordinato e kitsch, eppure tremendamente affascinante nella sua babele di situazioni e di lingue (nella versione originale i personaggi, Pasolini compreso, passano con disinvoltura dall'italiano all'inglese - ma anche al francese e al romanesco - e curiosamente questo mix non disturba più di tanto, anzi: si può dire che l'alternanza di linguaggio permette di 'alleggerire' la visione e creare un certo stacco tra le sequenze 'reali' e quelle immaginifiche. Peccato che tutto questo andrà irrimediabilmente perso nell'edizione doppiata...). Merito di un regista che, nel bene e nel male, ha sempre rifiutato di scendere a compromessi produttivi e che ha girato una pellicola personalissima e particolare, imperfetta ma genuinamente d'autore. E merito anche, soprattutto, dell'incredibile mimesi fisica e artistica di uno splendido Willem Dafoe, semplicemente perfetto nell'umanizzare e rendere credibile il suo personaggio: un uomo sofferente, tormentato, incompreso, diffidente verso una società ottusa e perbenista che lo accettava solo per necessità, non potendone ignorare la statura di intellettuale.
Il Pasolini di Ferrara, a mio modesto parere, è un film riuscito: perchè, pur con tutti i suoi difetti (evidenti) riesce comunque nell'intento di trasportare lo spettatore nell'universo pasoliniano, spingendolo verso il suo mondo, il suo stile, le atmosfere tipiche dell'epoca. L'uomo-Pasolini che esce da questo ritratto sembra davvero vicino al reale, e la sensazione è che anche un regista dissacrante e politicamente scorretto come Abel Ferrara abbia tentato un approccio allo stesso tempo irriverente e deferente, rispettoso e appasionato, certamente non banale come il personaggio che racconta. Un film che non sarà utile da far vedere a scuola, ma che sorprende per la sua modernità.
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