![Pasolini – Show, ovvero il consumismo delle commemorazioni Pier Paolo Pasolini in uno scatto di S. Becchetti](http://m2.paperblog.com/i/303/3038917/pasolini-show-ovvero-il-consumismo-delle-comm-L-mMJznf.jpeg)
Di ALDO RICCADONNA
Ancora una volta si prepara una messinscena, che intende ribadire il business di un prodotto di mercato. Ma si tratta di qualcosa di ben più pregnante: il neocapitalismo ingloba, nelle sue possenti fauci, sempre nuove aree, prima a lui estranee, rendendole non solo fruibili come merci, ma funzionali alla sua visione del mondo: consumista, effimera, “da chiacchiera”. E così, anche le cose che non rientrano, o meglio si oppongono, vengono incanalate dentro il grande alveo del conformismo.
Quando si celebrano convegni su qualcuno, significa che questo qualcuno è ormai entrato a far parte del menage, è divenuto un ingrediente fra i tanti della salsa, un pizzico di gusto in più nella grande abbuffata. Essere promossi a vestire i panni della parata trionfale, è come diventare un granello sorridente e sottomesso, che sbircia timidamente, sotto lo scroscio di applausi ed apprezzamenti, la tabella che decreta il suo valore sul mercato. Ma non è solo un mercato di merci; è come una grande pressa che macina instancabilmente tutto quello che si approssima alle sue imponenti mandibole.
Già da molto tempo è accaduto ciò che Pasolini non avrebbe mai pensato che potesse accadere: egli è divenuto un prodotto di mercato sulle bancarelle del neocapitale. Verrebbe voglia di dire che egli, incredulo come sotto l’effetto di un incubo, si rivolta nella tomba.
Lacchè di vario tipo: giornalisti, critici, professori universitari, scrittori, sono impegnati nella “grande chiacchiera”, per rendere inoffensivo ancora una volta Pasolini. Osservare come tutti si approprino di Pasolini fa un effetto abbastanza misero e ridicolo.
Cos’ha a che vedere Pasolini con tutto ciò?
Borges: “Non v’è esercizio intellettuale che non sia finalmente inutile. Una dottrina filosofica è al principio una descrizione verosimile dell’universo; passano gli anni, ed è un semplice capitolo – quando non un paragrafo o un nome – della storia della filosofia. Nelle opere letterarie, questa caducità finale è ancora più evidente. Il Chisciotte – mi diceva Menard – fu anzitutto un libro gradevole; ora è un’occasione di brindisi patriottici, di superbia grammaticale, di oscene edizioni di lusso. La gloria è una forma d’incomprensione, forse la peggiore”.
Pessoa: “Nessuna idea brillante riesce ad entrare in circolazione se non aggregando a sé degli elementi di stupidità. Il pensiero collettivo è stupido perché è collettivo: niente supera le barriere del collettivo senza lasciarvi, come un’imposta, la maggior parte dell’intelligenza che possiede.”
Per rispettare Pasolini – in questo periodo di celebrazioni forsennate, e perciò ignobili e false – sembra estremamente opportuno tacere su Pasolini!
Si faccia silenzio e si ricordi Pasolini in questo suo autoritratto: “Sono passato, così, come un vento dietro gli ultimi muri o prati della città – o come un barbaro disceso per distruggere, e che ha finito col distrarsi a guardare, e a baciare, qualcuno che gli assomigliava – prima di decidersi a tornarsene via” (La Divina Mimesis).
Lasciamo che il poeta se ne torni, ancora una volta, via. Questo mondo, che lo incensa e lo applaude, non è il suo mondo.