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Pasolini – Show, ovvero il consumismo delle commemorazioni

Creato il 02 novembre 2015 da Criticaimpura @CriticaImpura
Pier Paolo Pasolini in uno scatto di S. BecchettiPier Paolo Pasolini in uno scatto di S. Becchetti

Di ALDO RICCADONNA

Ancora una volta si prepara una messinscena, che intende ribadire il business di un prodotto di mercato. Ma si tratta di qualcosa di ben più pregnante: il neocapitalismo ingloba, nelle sue possenti fauci, sempre nuove aree, prima a lui estranee, rendendole non solo fruibili come merci, ma funzionali alla sua visione del mondo: consumista, effimera, “da chiacchiera”. E così, anche le cose che non rientrano, o meglio si oppongono, vengono incanalate dentro il grande alveo del conformismo.
Quando si celebrano convegni su qualcuno, significa che questo qualcuno è ormai entrato a far parte del menage, è divenuto un ingrediente fra i tanti della salsa, un pizzico di gusto in più nella grande abbuffata. Essere promossi a vestire i panni della parata trionfale, è come diventare un granello sorridente e sottomesso, che sbircia timidamente, sotto lo scroscio di applausi ed apprezzamenti, la tabella che decreta il suo valore sul mercato. Ma non è solo un mercato di merci; è come una grande pressa che macina instancabilmente tutto quello che si approssima alle sue imponenti mandibole.
Già da molto tempo è accaduto ciò che Pasolini non avrebbe mai pensato che potesse accadere: egli è divenuto un prodotto di mercato sulle bancarelle del neocapitale. Verrebbe voglia di dire che egli, incredulo come sotto l’effetto di un incubo, si rivolta nella tomba.
Lacchè di vario tipo: giornalisti, critici, professori universitari, scrittori, sono impegnati nella “grande chiacchiera”, per rendere inoffensivo ancora una volta Pasolini. Osservare come tutti si approprino di Pasolini fa un effetto abbastanza misero e ridicolo.
Cos’ha a che vedere Pasolini con tutto ciò?

Borges: “Non v’è esercizio intellettuale che non sia finalmente inutile. Una dottrina filosofica è al principio una descrizione verosimile dell’universo; passano gli anni, ed è un semplice capitolo – quando non un paragrafo o un nome – della storia della filosofia. Nelle opere letterarie, questa caducità finale è ancora più evidente. Il Chisciotte – mi diceva Menard – fu anzitutto un libro gradevole; ora è un’occasione di brindisi patriottici, di superbia grammaticale, di oscene edizioni di lusso. La gloria è una forma d’incomprensione, forse la peggiore”.
Pessoa: “Nessuna idea brillante riesce ad entrare in circolazione se non aggregando a sé degli elementi di stupidità. Il pensiero collettivo è stupido perché è collettivo: niente supera le barriere del collettivo senza lasciarvi, come un’imposta, la maggior parte dell’intelligenza che possiede.”

Per rispettare Pasolini – in questo periodo di celebrazioni forsennate, e perciò ignobili e false – sembra estremamente opportuno tacere su Pasolini!
Si faccia silenzio e si ricordi Pasolini in questo suo autoritratto: “Sono passato, così, come un vento dietro gli ultimi muri o prati della città – o come un barbaro disceso per distruggere, e che ha finito col distrarsi a guardare, e a baciare, qualcuno che gli assomigliava – prima di decidersi a tornarsene via” (La Divina Mimesis).

Lasciamo che il poeta se ne torni, ancora una volta, via. Questo mondo, che lo incensa e lo applaude, non è il suo mondo.


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