È in arrivo la Pasqua, e io sono di pessimo umore.
Alle negatività che accompagnano in questo momento la mia vita si sommano l’angoscia e l’orrore per la consueta strage degli innocenti che si consuma in questi giorni in cui, chissà perché, alcuni (troppi) esseri umani ritengono di festeggiare versando il sangue di milioni di creature. Capirete che la cosa non mi solleva.
Due anni fa, grazie agli amici Rita Ciatti (che insieme ad altri si batte coraggiosamente e generosamente contro quell’atrocità che sono i mattatoi), Giorgio Cara, Francesca Giovannini e Marco Battisti (che ha mobilitato nientemeno che la sua classe del liceo — il “nostro” liceo — con tanto di docente annessa), ho inviato una lettera all’appena insediato papa Francesco, corredata delle firme di oltre duecento (223, per la precisione) visionari come la sottoscritta, per chiedere una parola del pontefice contro l’annuale massacro degli agnelli. Niente. Nemmeno un cortese cenno di riscontro come quello che si sollecita nella corrispondenza commerciale. Il bello di quell’iniziativa fallita (ma non per questo non bisognava tentare) fu che nell’occasione firmarono persone che io neppure conoscevo, persone di tutte le provenienze confessionali e ideologiche, che ancora oggi ringrazio per la loro fiducia.
Quest’anno rendo pubblico il testo di quella lettera. Se volete riprendetela, rilanciatela, moltiplicate quelle firme, urlate la vostra richiesta — facciamo finire questo assurdo massacro che non serve a lavare nessun peccato, nessuna mano e nessuna coscienza.
Santità,
desidero esprimerLe la mia commossa sorpresa per una frase che Lei ha pronunciato nel discorso di sabato 16 marzo ai giornalisti: una frase inaudita, che se fosse raccolta e portata alle sue logiche conseguenze potrebbe rappresentare veramente un punto di svolta nelle relazioni fra l’umanità e gli altri viventi.
Questa frase, Santità, è la seguente: «[...] l’uomo che ama e custodisce il Creato, in questo momento in cui noi abbiamo con il Creato una relazione non tanto buona [...]». Unitamente all’aver scelto come nome quello del Poverello di Assisi, e all’aver accarezzato con benevolenza il labrador di un non-vedente, l’aver pronunciato quelle parole mi induce a sperare che con il Suo pontificato possa avere inizio una nuova èra: un’èra in cui la Chiesa, che ha tanto a cuore il Creatore, rivolga finalmente uno sguardo di attenzione e di cura anche al Creato.
Fra pochi giorni sarà Pasqua, Santità: una festa che per i cattolici è fondamentale, una festa di vita e di amore. Eppure mai come a Pasqua i cattolici versano fiumi di sangue, strappando neonati alle loro madri per consegnarli nelle mani di carnefici spietati che li sgozzeranno e li squarteranno ancora palpitanti, infliggendo abissi di angoscia e sofferenza a milioni di creature. Sto parlando dei capretti e degli agnelli che verranno uccisi in occasione della Pasqua, Santità, per finire sulle tavole domenicali dei fedeli che commemorano la resurrezione del Cristo.
Il Suo Ordine, Santità, non ha mai mostrato particolare interesse nei confronti degli animali, è noto: eppure Lei ha voluto chiamarsi come quel Francesco d’Assisi che non trovò per nulla strano considerare “fratello” un lupo. Così, nell’imminenza della Pasqua, io Le chiedo dal profondo del cuore di pronunciarsi contro l’annuale mattanza degli agnelli e dei capretti; io Le chiedo di ricordare ai fedeli che non è il sangue di bestiole innocenti — macellate a centinaia di migliaia — che potrà lavare i peccati del mondo, e che dare la morte non è il modo migliore per celebrare il trionfo della Vita. Io, Santità, Le chiedo di porre fine, con la Sua autorità, alla barbarie che si ripete ogni anno e che conferma i più impermeabili alla carità nell’atroce convinzione che tutto sia lecito contro i nostri fratelli non umani.
Grata per tutto quello che potrà fare, da ora in poi, a tutela di tutte le creature che ci sono compagne in questo nostro viaggio terreno, Le porgo i miei saluti più rispettosi e i miei più fervidi auguri per il Suo cammino pontificale
Alessandra Colla