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Pasqua: tradizioni e riti tra sacro e profano nelle regioni del Sud

Creato il 20 marzo 2016 da Stivalepensante @StivalePensante

Si avvicina la Pasqua e tornano, soprattutto al Sud, tradizioni e riti che celebrano la festività tra sacro e profano. Tanti appuntamenti, in particolare, in Campania. Menzione speciale per la classica gita fuori porta a Pasquetta, con Ischia e Capri tra le mete preferite assieme alla Penisola Sorrentina. Fino al lunedì in Albis però è il sacro a farla da padrone con le tante processioni, spesso molto antiche, sparse in tutta la regione. Assume sicuramente una particolare importanza la Via Crucis del Venerdì Santo a Napoli, officiata come ogni anno dal cardinale Crescenzio Sepe.

(touringclub.it)

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Pasqua: tradizioni e riti tra sacro e profano nelle regioni del Sud. La processione più caratteristica è forse quella dei Misteri di Procida: carri allegorici fatti di legno, argilla e cartapesta percorrono l’isola raffigurando le tappe della Passione, della morte e della resurrezione di Gesù. Si tratta di una manifestazione a forte partecipazione da parte della popolazione di Procida, tra la realizzazione dei carri e dei vestiti da indossare durante la processione. A Sorrento, come è noto, si tengono due processioni, la Bianca e la Nera, che devono il nome al colore delle vesti che vengono indossate dai partecipanti. Si tratta di tradizioni secolari, in particolare la Processione Nera, rappresentante il ritrovamento da parte della Madonna del figlio morto sulla croce, risalirebbe almeno al XIV secolo. A Maiori, in Costiera Amalfitana, si ripeterà la tradizionale e suggestiva processione dei battenti , con gli incappucciati che visiteranno tutte le chiese del piccolo centro fino a tarda sera. Per l’occasione, Maiori rimarrà al buio illuminata solo dalle candele della processione.

In Calabria, la tradizione propone i “battenti” o “vattienti”, uno degli appuntamenti principali della settimana santa: tra il giovedì e il sabato, a Nocera Terinese i “fedeli penitenti”, durante la processione, si flagellano battendosi le gambe (da cui il termine “vattienti”) con pezzi di vetro, fino a sanguinare. Poi, pieni di ferite e con il corpo coperto di sangue, simbolo di quello salvifico di Cristo, percorrono le vie del paese, “visitando” le case di amici e parenti.

Il rito, che risale al 1473, ha una storia controversa: non autopunizione ma partecipazione alla sofferenza di Cristo, in passato è stato formalmente condannato dal Vaticano, tanto che i “vattienti” erano in via di estinzione; e la pratica fu in alcuni casi anche vietata dalle forze dell’ordine. Fino al 1997, quando la cerimonia è tornata in auge. Una tradizione che si tramanda da padre in figlio in Calabria: castigare la carne e unirsi simbolicamente a Cristo, nella sofferenza che precede la morte. I “vattienti”, che indossano un pantalone corto, una maglietta e un fazzoletto intorno al capo, si colpiscono ripetutamente le gambe con il “cardo”, un disco di sughero sul quale, con uno strato di cera ricavata da una candela fusa mista a cera vergine, sono infissi tredici pezzetti di vetro acuminati, e con la “rosa”, sempre di sughero lavorato con scanalature per fare scorrere il sangue prodotto dalle ferite. (ADNKRONOS)


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