Lo Speciale di Passaggio a Sud Est in onda questa sera alle 23,30 a Radio Radicale si occupa della situazione dei rom dei Balcani. Nei giorni in cui la Francia ha avviato il suo controverso piano di espulsione "volontaria" dei rom, e in cui il ministro degli Interni, Roberto Maroni, annuncia anche da noi un giro di vite repressivo, facciamo una sintetica panoramica sulle condizioni di vita dei Rom in Croazia, Serbia, Bosnia, Albania, Kosovo e Macedonia.
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Il popolo Rom è uno dei principali gruppi etnici della popolazione di lingua romanì, che si presume essere originaria dell'India del Nord. Come per la storia delle origini delle popolazioni di lingua romanì, anche l'origine del termine Rom è oggetto di discussione tra gli studiosi. I Rom propriamente detti sono un gruppo etnico che vive principalmente in Europa, distribuito in una galassia di minoranze presenti soprattutto nei Balcani, in Europa centrale e in Europa orientale.
I Rom non sempre si definiscono così, perché si identificano con la patria d'immediata origine: è questo il caso soprattutto dei rom della Romania presenti e radicati nel paese da diversi secoli. In Italia si fa spesso confusione e i Rom vengono definiti "romeni" o "slavi". In realtà non c'è relazione tra il termine "Rom" e il nome dello stato della Romania, o con il popolo dei romeni o con la lingua rumena che è una lingua neo-latina. Gli slavi poi appartengono a differenti gruppi etnici e linguistici.
Secondo le stime nel mondo ci sono tra i 12 e i 15 milioni di Rom. Il numero ufficiale di rom in molti paesi è i certo anche perché molti di loro rifiutano di farsi registrare come di etnia rom per timore di subire discriminazioni. La discriminazione e la persecuzione è infatti un dato costante della storia dei Rom che nel corso dei secoli hanno subito la riduzione in schiavitù, la deportazione e lo sterminio.
La loro storia è strettamente legata alla diffidenza verso di loro comparsa fin dal loro primo apparire in Europa nel Medioevo. Gli “zingari” sono stati definiti “stranieri pericolosi”, sono stati accusati di spionaggio, di stregoneria, di rapimento di bambini, di rifiutare di lavorare per la loro “predisposizione al furto”. Le credenze popolari basate su pregiudizi e luoghi comuni, avallati dai mezzi di comunicazione di massa, sfruttati dai politici, hanno contribuito ad aggravare la discriminazione nei confronti dei rom. La storia dei Rom e dei Sinti è una storia di persecuzioni che va dalle discriminazioni quotidiane all'emarginazione razzista, dall'eliminazione fisica fino al genocidio sistematico, come quello messo in atto dal nazismo. La parola Porajmos o Porrajmos (che in lingua romaní significa «devastazione» o anche «grande divoramento»), oppure il termine Samudaripen (che significa «genocidio») indicano lo sterminio delle popolazioni rom.
Lo sterminio nazista distrusse la gran parte delle organizzazioni sociali preesistenti tra i gruppi Rom e Sinti dell'Europa centrale ed orientale ed i sopravvissuti, a causa del trauma subito, non riuscirono a ristabilire una nuova identità Rom. La politica di assimilazione forzata dei paesi ex socialisti contribuì a mettere fine al carattere nomadico delle popolazioni rom ed alla struttura sociale che ne conseguiva. La tradizionale struttura sociale dei Rom si è così preservata solo presso alcuni piccoli gruppi.
Anche dal punto di vista della religione i rom non hanno una propria religione ma adottano la religione delle popolazioni fra cui vivono, perché considerano la religione come un elemento culturale da acquisire per realizzare una buona integrazione sociale. E' interessante notare che nella tradizione Rom il rispetto tra le persone e i gruppi, compresi i gruppi religiosi, è più importante che l'ideologia religiosa stessa. Nei Balcani la maggioranza dei rom è cristiana-ortodossa, ma ci sono anche Rom musulmani come quelli del Kosovo e della Bosnia.
Per quanto riguarda l'attuale situazione dei Rom dei Balcani bisogna dire prima di tutto che allo scoppio delle guerre jugoslave, all'inizio degli anni '90, molti Rom si trovavano sul territorio di altri paesi europei. Altri invece sono emigrati successivamente per fuggire dalla guerra e alle persecuzioni etniche, venendosi così a trovare di fatto nella condizione di essere di fatto degli apolidi. In molti casi le autorità dei paesi ospitanti non hanno tutelato questa condizione così come stabilito dalla convenzione di Ginevra. In Italia, per esempio, molti sono stati obbligati a fornire un certificato anagrafica del proprio paese. Una richiesta impossibile da rispettare sia per la distruzione dei registri anagrafici di molte località colpite dalla guerra in Bosnia e in Kosovo, sia perché si trattava di rom nati nel nostro Paese.
Lo Speciale di Passaggio a Sud Est di Radio Radicale è realizzato con la collaborazione di Marina Szikora e Artur Nura