di Gavino Puggioni. “Passavamo sulla terra leggeri”, il libro pubblicato postumo di Sergio Atzeni, lo scrittore sardo rubato alla vita in quel settembre del 1995, dal mare di Carloforte, ha ispirato l’incipit di riferimento e anche di identità a questo “piccolo” festival letterario di mezza estate, desiderato e voluto da Flavio Soriga e da sua sorella Paola, col titolo “sulla terra leggeri”, in quel borgo minerario che si chiama Argentiera, vicino Sassari.
E cosa esiste di più leggero se non il trascorrere cinque lunghe serate all’insegna della cultura propositiva, in compagnia di scrittori più o meno noti ma autentici, di giornalisti credibili, di lunga professionalità, con incontri di personaggi anche televisivi, però schietti e veri?
E cosa esiste di più bello e affascinante quando ti accorgi che questo borgo sta rivivendo altra vita, questa, che fa ritornare il sottoscritto agli anni felici della propria infanzia, quando la miniera funzionava e dava lavoro a tanti operai, anche se duro?
Oh! Quell’infanzia trascorsa tra la polvere e le discese ripide, verso le due spiagge, con le scarpe da tennis rotte, o scalzi, ché si faceva prima ad abbracciar le onde ed urlare di felicità.
E il mare? Era lì a pochi passi, che respirava anche lui, tranquillo, quasi civettuolo, in ascolto, con la sua battigia accarezzata da mille onde altalenanti, in quei silenzi che solo l’Argentiera sa donare a chi li sa ascoltare, e non sono pochi, adesso.
E questa leggerezza è stata sempre presente in questa quinta edizione perché Flavio Soriga l’ha resa vivace ed intelligente, con tanta musica, alla sera, e con le parole di tanti protagonisti che, dopo il tramonto, si sono impegnati in confronti ai quali molti di noi non erano abituati, almeno dal vivo, ad assistervi e a parteciparvi.
Da Olmedo, dagli amori semiseri che si possono costruire d’estate e poi raccontarli anche al bar, in un susseguirsi di voci quasi teatrali eppure divertenti, a quella serata dei Columella Swing presso l’Anfiteatro Comunale di Osilo, dove ancora voci e musica hanno fatto fare un po’ di amarcord, per ricordare l’ inconfondibile Fred Buscaglione con le sue musiche da locali in ombra, mai al buio, in suggestive emozioni di tempi andati, fino ad arrivare a Sergio Caputo, quello del “Sabato italiano” degli anni ottanta ma che ancora resiste nella mente e nei cuori di tanti di noi, innamorati di quella musica jazz e latino americana, imperdibile e mai dimenticata.
E poi la serata della presentazione di “Sulla terra leggeri”, ai giardini pubblici di Sassari, in una atmosfera davvero brillante dove Flavio e Paola Soriga ci hanno preparato all’ascolto di quelle voci, nuove o meno, che si stanno affacciando nel panorama letterario nazionale, con il critico Piero Dorfles a tenere le redini di una intervista spigliata con domande a sorpresa pur sempre intelligenti e ficcanti, davanti ad un pubblico numeroso e interessato.
E poi…e poi, tutti in piazzetta, all’Argentiera, in quell’angolo di mondo sperduto ed ora ritrovato, grazie alla visione quasi onirica dei fratelli Soriga e di coloro che agli stessi hanno creduto e sono sicuro che non se ne saranno pentiti.
E in quella piazzetta, gli appassionati della cultura, tanti seduti e altrettanti in piedi, erano in cinquecento, forse mille, non lo so, ma era evidente la passione e l’interesse per quegli incontri informali, pieni di umore buono e sano e di amore, mentre sul piccolo palcoscenico si alternavano tutti quei personaggi che hanno amato e amano l’Argentiera, fra case ancora diroccate e le mille braccia scorticate di quella vecchia miniera che erano e sono lì, quasi a volersi proteggere ed invocare mani umane per una carezza, per un ricordo indelebile, per quelle vite andate e consumate in uno di quei lavori più ingrati che l’uomo possa sopportare, il minatore.
Dicevo degli appassionati, sì, è vero, anche se di cultura e di lettura di libri, oggi, si parla poco perché sono pochi quelli che l’amano, quelli che leggono, in questo paese dove appaiono mille e una notizia al giorno, vuoi di politica, vuoi di economia, di cronaca nera, di spread, di bond e di default (parole che saranno inserite nel prossimo vocabolario di lingua italiana, se questa avrà la forza di sopravvivere!), ma assai poche di cultura, quella vera, dei bei romanzi scritti con amore e rispetto anche della nostra lingua o di sillogi poetiche, perché no? delle quali la maggior parte degli italiani continua a disinteressarsene, purtroppo!
Vorrei nominare tutti quegli ospiti che hanno calpestato questa mia terra e dire loro grazie per tutto quello che hanno detto e presentato, in quello spazio povero che mai e poi mai si sarebbe sognato di esser calpestato da umani che amano la cultura, la lettura e chi la promuove, nonostante i mezzi a disposizione siano sempre più esigui.
Ed eccoli, allora, a cominciare dalla nostra Geppi Cucciari, madrina del Festival, che interloquisce con Flavio Insinna, raccontando di televisione e di quanto loro stessi non debbano farsi condizionare dal maledetto “share” o dal capo del momento, quello dell’amore, ma che ora non c’è più e meno male!
“Il bambino della luna” di Matteo Caccia, che meraviglia! altro che esperimenti d’improvvisazione letteraria, è stata arte e recitazione pura che ha incantato i presenti e li ha estasiati davvero.
E la “Ninna Nanna”, opera inedita di teatro- danza, presentata dalla danzatrice Donatella Martina Cabras, di Cagliari, splendida la sua esecuzione, che ha dato un tocco di eleganza e musicalità alla serata, rivestita dalla solita magia creativa, dello stilista Antonio Marras.E dopo, ancora, alcuni giornalisti dalla penna sempre carica e graffiante, da Michele Serra a Luca Soffri, da Luca Telese a Giovanni Maria Bellu, entrambi ex di altri giornali ma sempre pronti a dir la loro su questa Italia agonizzante e perplessa, bella di notte e di giorno, nelle cartoline, ma altrettanto brutta se si va a vederne le “mostruosità” che la condannano a paese poco amato dai suoi stessi abitanti.
Non dimentico Matteo B. Bianchi, animatore e promotore del Festival, fine scrittore di libri attualissimi e di grande respiro, titolare anche lui di un blog letterario molto interessante e vero.
Come non dimentico Marisa Passera, simpaticissima e sempre pronta alle battute, prima di calcio e dopo anche di altro, incontrando Federico Russo e Sebastiano Mauri e i loro primi romanzi.
Devo ricordare, altresì, il professor Manlio Brigaglia, mio concittadino, che ha parlato dell’Argentiera e di alcuni episodi ad essa legati, con una preghiera ai giovani d’oggi che diceva così: “non buttate bottigliette e cartacce in strada e sulle panchine, siate civili, rispettate quello che è anche vostro!” e giù, una marea di applausi, sacrosanti.
Subito dopo è arrivato il turno del sottoscritto, ospite anch’io, grazie a Flavio e a Paola, il quale ha letto due sue poesie dedicate al borgo ed una, in prosa, dove l’Argentiera è stata narrata per quel che era, per quel che avrebbe voluto essere, per quello che spera di diventare se gli uomini la rispetteranno e la faranno rivivere almeno come museo-minerario all’aria aperta e questo lo meriterebbe davvero.
Forse ho dimenticato qualcuno che spero mi perdoni, sono andato un po’ a memoria e un po’ consultando il programma, sicuro e convinto che questo “piccolo” Festival di mezza estate possa attecchire in questa terra – borgo, dove poche luci si accendono ma questa lampada “sorigana” alimentiamola e bene, almeno una volta all’anno.
Featured image, locandina del Festival dell’Argentiera.
Seconda immagine, Sassari-rovine della laveria della miniera dell’ Argentiera. Resti dell’ antica laveria dell’ Argentiera. Fonte Wikipedia.