Passeggiando una sera verso l’ora di cena per San Miniato

Da Irenecampinoti

Sono le 19, resto sola con Libero e parto per una passeggiata a piedi con la carrozzina in direzione di San Miniato. E’ passata un’altra giornata caldissima, ma adesso si sta alzando un po’ di brezza e camminare è piacevole. Mi godo questo tempo, questa serenità… e passeggio senza darmi una meta e un orario di ritorno.
Giovanna e le amiche dai capelli bianchi, a fare salotto sui troppoli stasera non c’è, è già troppo tardi. Proseguo. Mi aspetto di incontrare Simone che porta a spasso il suo labrador, ma probabilmente è tardi anche per lui.
Inizio la salita della Nunziatina e vengo piacevolmente sorpresa dal rimbombo di un pallone: stanno giocando al campino da poco rimesso in sesto per iniziativa di alcuni samminiatesi.
Oltrepassato Palazzo Grifoni trovo una San Miniato davanti allo specchio, ha appena fatto la doccia per lavare via la fatica e l’afa di tutto il giorno e sta scegliendo il trucco per la sera. Qualcuno parla davanti alle botteghe aperte ancora per pochi minuti, ci sono i ragazzi della scuola internazionale di teatro che camminano tutti belli rivestiti per andare a cena fuori e poi, dai chiostri, mi giunge qualcosa, una sorpresa portata dalla brezza: musica. Mi fermo davanti ai chiostri, non posso salire, perché ho la carrozzina e lo scivolo laterale ha il cancello già chiuso (?!?). Un nugolo di persone si è riunito per ascoltare questo concerto che nella mia fantasia vuole essere improvvisato: una corale di bambini francesi sta cantando a cappella e per pochi minuti San Miniato e i suoi chiostri mi portano in volo trasferendomi in qualche città europea, dove ogni angolo, e persino sottoterra, ti puoi aspettare uno spettacolo, un concerto, una performance improvvisata. La canzone finisce e tutti applaudiamo. Cerco nella mia testa il pulsante per scattare qualche foto o addirittura il tasto REC per fare una ripresa, ma, come al solito, non lo trovo. Mentre sto per ripartire, scende le scale e viene da me una signora francese che, guardando Libero e indicandolo, con una faccia intenerita esclama: «Il’est petit!» E io, che capisco soltanto in quel momento che si tratta di una corale francese, rispondo: «Sì, parecchio petit!»
Riparto, dopo aver sentito una signora che diceva ad un’altra che stasera i bambini francesi avrebbero cantato sul prato del Duomo. Sorrido fra me e me, riflettendo che davanti al Duomo un prato non c’è, ma anch’io ho sempre detto così.
Oltrepasso Piazza San Domenico, il giornalaio, il bar Cantini, i nuovi negozi di Contessa Matilde e della ragazza che crea gioielli (sento che martella instancabile nel retro bottega) e la libreria che, immancabilmente, mi richiede una sosta.
Vado avanti verso il piazzale e, mentre passeggio fra i giardini, i miei occhi attraversano la strada e volano al campo di pallacanestro allestito per tre serate di tornei. Ho visto quel campo lì nel pomeriggio, quando ancora il torneo serale era lontano, pieno di ragazzini. Accidenti, per anni avevo pensato che a San Miniato non fossero nati più bambini! O dov’erano spariti tutti? Ma la risposta è, purtroppo, anche troppo ovvia.
Guardo il tiro a canestro di uno che a basket non ci gioca più, penso, almeno da quando io non gioco più a pallavolo, ma la sua voglia di farlo è parecchio più evidente della sua incapacità. Il canestro non lo fa, ma sono tutti contenti, compreso lui e compresa me che riparto con un’immagine in più da riportare a casa.
Riattraverso San Miniato, i negozi stanno chiudendo, i locali alzano la musica per gli apericena. Ridiscendo la Nunziatina, qualcuno mi saluta, qualcuno si interessa a quando metteremo il prossimo 6×3 sotto i chiostri, un ragazzo sulla sedia a rotelle mi dice che sono sempre stata bellina…
Attraverso le Colline, alla Cappellina lancio un’occhiata nostalgica a quel mostro spiaggiato che è diventato, ormai, il mio Liceo: sporco e decadente, ma ancora pieno d’orgoglio.
Ormai casa è vicina, il sole è arrossato. Ripasso davanti alla casa di Giovanna: è sull’aia in piedi che sta mangiando la susina più grossa del suo albero e fa alle sue gatte: «Bimbe, io vò su, è!» Esita un secondo prima di andare davvero, come se si aspettasse sul serio una risposta dai gatti. Anch’io esito un attimo nell’attesa… poi vò via.


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