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Alla radio notizie di città, e della mia Toscana, sommerse dall'onda di calore.
Bollettini meteo con temperature che leggevo la mattina ad Aqaba, quando all'inizio del mese, partivamo per le escursioni.
Apro la finestra dell'albergo, l'Albergo Alpina, in centro a Livigno. L'aria ha altre temperature, siamo di poco sopra ai 10 gradi.
Scarponcini, bermuda, polo a maniche corte, e una felpa legata in vita.
La cabinovia porta ai 2.750 metri del Ristoro Carosello. Giunti in vetta, qualche minuto e la felpa passa dalla vita ad essere indossata. Un vento insistente, a folate intermittenti soffia da sud-ovest. Forse lo stesso che affoga il resto della penisola, ma quassù, anche se lo zero termico è salito, anch'esso, ben oltre i 4.000 metri, fa stringere un po' le spalle.
Il termometro della stazione segna 15 gradi, nonostante il sole già alto, con l'orologio che segna le 10,15.
Con la mappa dei sentieri in mano si traccia la rotta.
Primo obiettivo, raggiungere la vetta più alta, quindi sentiero grigio.
Il sentiero sale a strappi, per poi riscendere prima di ogni ripida salita.
In basso, lungo le strade del paese, le montagne che chiudono la valle davano un senso di compiuto, di racchiuso, di definito e conosciuto. Ma quassù, il senso delle cose cambia completamente.
E' vero che raggiunta questa vetta se ne vedono altre, più alte e maestose che in qualche modo definiscono ancora il senso dello spazio. Ma tutto si è ampliato, anche se all'orizzonte, anche piuttosto prossimo c'è ancora una catena di montagne che chiude la vista e definisce lo spazio attorno, è il senso del tempo che prende un'altra dimensione.
Già la distanza con il crinale della montagna che si ha di fronte, diventa enorme, incalcolabile.
La mappa indica lunghezza e tempo di percorrenza del sentiero intrapreso, ma presto mi rendo conto che il mio passo non è allineato con quella tabella di marcia.
Sono già ben oltre le 12,00, ed il Ristoro Costaccia che la tabella indicava a poco più di 4 km dal mio punto di partenza, per un tempo stimato di 1 ora e 15 minuti, è ancora laggiù in basso, lontano almeno un terzo di quanto percorso.
Ma il mio passo è continuamente interrotto, oltre alla vista del paesaggio mi cattura ogni fiore che incontro, il colore ed il luccicare delle pietre, le impronte degli animali, il saluto dei gruppi di passeggiatori e ciclisti che si incontrano lungo i sentieri.
A quota 2.600 un laghetto con delle mucche al pascolo. Nel laghetto si muovono nuvole di grossi girini, mentre, nel prato, una coppia di bovini amoreggia.
Poi la discesa si fa più ripida, con il sentiero che scende lungo un'ampia pista da sci.
Poi proseguo per un altro sentiero, più stretto e per niente frequentato. Segue, quasi in piano, la curva di livello dei 2.400 metri, correndo in quota, lungo il paese, di poche centinaia di metri il limite della vegetazione degli alberi.
Sono pascoli scoscesi, ricchi di piccoli torrenti, con le sorgenti che affiorano o sopra o sotto il sentiero. Ci sono anche dei bufali al pascolo, e, di tanto in tanto, barriere antivalanga.
Il mio ginocchio, logoro di troppo calcetto giocato in palestra, comincia a fare le bizze, e nell'ultima, ripida e ciottolosa discesa, il dolore diventa serio.
Mi salva una stazione intermedia della cabinovia. Gli ultimi 400 metri li sbarco così.
Tocco terra dopo pochi minuti, ma sono già le 14,30. Mi rendo conto che per percorrere i circa 8 chilometri del sentiero ho impiegato 4 ore, contro le 2 ore scarse da tabella.
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