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Finalmente un'occhiata di sole dopo giorni e giorni di freddo e pioggia, dunque di reclusione forzata anche per via della febbre di Cappuccetto Rosso.
Biancaneve e l'Orco dopo il sontuoso pranzo dai nonni Orchi decidono di fare una passeggiata con i bambini, in questi giorni particolarmente frignoni e irritabili, tutti quanti.
"Dai, andiamo, sono tappati in casa da una settimana, hanno bisogno di uscire un po'"
Dopo tutta la pioggia caduta i parchi sono fangosi e pieni di pozzanghere, praticamente degli acquitrini, così si decide di fare un giro in centro e di prendere la metropolitana ancora fresca di inaugurazione.
Biancaneve si mette al posto di guida mentre l'Orco lega i bambini ai rispettivi seggiolini e si parte per il tragitto di una decina di minuti che separa il Castello dal capolinea della metropolitana; una volta arrivati inizia la prima difficoltà: bisogna fare i biglietti.
Chi non ha a che fare con bambini piccoli si domanderà dove stia la difficoltà nel fare un biglietto della metro una volta superate le scuole elementari; vero, solo che a un certo punto i bambini iniziano a scappare, a nascondersi, ad allontanarsi, a correre di qua e di là noncuranti dei richiami e della folla facendo perdere la trebisonda ai loro genitori.
Biancaneve e l'Orco sono in due, e loro sono in tre, quindi c'è sempre un bambino che può prendere il largo mentre mamma e papà si occupano degli altri due.
In questa situazione l'Orco sbaglia e prende un biglietto che vale per dieci viaggi, ma della stessa persona, invece del biglietto multipersona: il controllore se ne accorge prima che tutta la famiglia salga sul treno e manda Biancaneve a rifare il biglietto corretto; così l'attesa del secondo treno spazientisce ancora di più i bambini che persistono nel correre qua e là facendo impazzire Biancaneve e l'Orco.
Sul treno è tutto un tripudio di "Stai seduto, stai attaccata, non dare fastidio al signore, non dare calci alla signora, guarda che cadi, stai ferma, decidi se vuoi stare in piedi o seduta ma per carità non continuare a muoverti in questo modo"
Biancaneve e l'Orco sono scesi dalla metropolitana sudati e già un po' stressatini.
E qui comincia il vero incubo.
"Mamma, ma qui ci siamo già stati, non potevamo andare in un altro posto?"
"Mamma, ho sete"
"Mamma mi prendi in braccio ché mi fanno male i piedi?"
"Voglio un gelato!"
"Ma come, Piccolo Orco, abbiamo appena finito di mangiare dai nonni, come è possibile che tu voglia un gelato? per di più era un pranzo luculliano, non posso credere che tu abbia fame"
"Cosa vuol dire luculliano?"
"Vuol dire che c'erano un sacco di pietanze da mangiare"
"Sì, ma il gelato non c'era"
Ogni volta che qualcuno vedeva una fontana, cominciava la tiritera: "Ho sete"
"Tra poco prendiamo una bottiglietta d'acqua"
"Ma io voglio bere dalla fontana"
"Sì, lo so che vorresti bere dalla fontana ma l'acqua non è potabile"
"Cosa vuol dire che non è potabile?"
"Che no si può bere perchè potrebbe non essere pulita"
"Ma allora perchè quel signore con la barba l'ha bevuta?"
"Mamma sono stanca, voglio andare in braccio"dice a un certo punto Pollicina, e si pianta lì, seduta in mezzo al marciapiedi e non va più avanti né indietro"
"Dai, alzati che tra poco mangiamo il gelato"
"Va bene, allora arrivo"
Durante ogni minuto bisogna cercare di convincere il Piccolo Orco a non toccare proprio qualunque cosa, saracinesche abbassate, terra nei vasi di fiori, cartacce, reperti archeologici, tracce di DNA lasciate da chicchessia, e questa forse è la parte più faticosa.
"Ma qui non c'è neanche una gelateria, papà, te l'avevo detto che dovevamo fermarci prima!" piagnucola il piccolo Orco.
Alla fine, stremati, Biancaneve e l'Orco sono riusciti a guadagnare terreno e a riprendere la metro, dove i bambini hanno fatto nuovi capricci perchè irresistibilmente attratti dalla scala mobile (che funziona solo in salita), ma una volta saliti sul treno si sono seduti e se ne sono stati buoni fino al capolinea.
Scesi dal treno tutta la compagnia è risalita in auto e si è diretta a mangiare il tanto desiderato gelato:
i bambini si sono sporcati tutti, visi, mani, giacche a vento e cappotti.
Ma alla fine non importava, l'importante era lasciare il mondo fuori e rientrare al Castello.
La prossima gita, al parco, anche con la pioggia, le pozzanghere, la neve, l'uragano.
Basta che al parco ci sia una gelateria.
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