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Passi di libri, passi di vita - Dracula

Creato il 02 febbraio 2011 da Emanuelesecco

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Ogni volta che mi chiedono quale sia il mio libro preferito in assoluto, la risposta è una sola: Dracula di Bram Stoker.
La prima volta che tentai di leggerlo ero in quinta elementare. Lo mollai al capitolo 4, tanta era la paura che mi incutevano anche solo le prime pagine pregne di descrizione oscure e traspiranti del terrore di Jonathan Harker nel vivere nel castello del Conte. Non ne volevo più sapere, devo essere sincero, non riuscivo più ad affrontarlo; mettete di vedere un bambino di dieci anni che trema di paura leggendo un libro.
Come se non bastasse, lo stesso anno tentai persino di vedere il film di Francis Ford Coppola, ma anche con quello provai un terrore tale da convincermi di non volerne più sentir parlare per qualche anno.
Riprovai a leggerlo un anno dopo… e a quel punto fu amore. Non so cosa cambiò in me, so solo che il terrore che avevo provato la prima volta si era trasformato in piacere assoluto dei sensi e che il mio andare avanti con la storia aumentava sempre più in me la curiosità di scoprire pian piano lo svolgersi degli eventi descritti. Era fatta… avevo trovato il libro della mia vita.
Da quel giorno ho letto il mio amato Dracula la bellezza di 13 volte se non erro. E credo che sarebbe anche ora di passare alla XIV.
Bene, il frammento che voglio proporvi è estratto dal capitolo 3: ci troviamo in Transilvania e Jonathan Harker si trova già nel castello del Conte vampiro. Ed è poco prima di questa piccola parte che Jonathan comincia a notare alcune cose strane a proposito del ricco gentiluomo che lo sta ospitando. Posso anche aggiungere che questa parte è anche una delle scene più famose della letteratura gotica e dell’orrore in generale:

«Mentre mi sporgevo dalla finestra, il mio sguardo è stato attratto da qualcosa che si muoveva un piano sotto al mio e verso sinistra, là dove pensavo che, stando alla disposizione delle stanze, si dovessero trovare le finestre di quella del Conte. La finestra alla quale mi affacciavo era alta e profonda, con il davanzale di pietra che, per quanto logorato dal tempo, era ancora intero; da lungo tempo però mancavano gli infissi. Tenendomi al riparo dello stipite, ho guardato con maggior attenzione.
   Quella che avevo scorto era la testa del Conte che si sporgeva dalla finestra. Non ne vedevo il volto, ma lo riconoscevo dal collo e dal movimento di spalle e braccia. E comunque, non avrei potuto sbagliarmi sulle mani che avevo avuto tante occasioni di studiare. Dapprima ne sono stato interessato e alquanto divertito, poiché è straordinario come un prigioniero possa distrarsi con un nonnulla. Ma questa mia prima impressione si è tramutata in ripugnanza e in terrore, allorché ho visto l’uomo tutto quanto uscire lentamente dalla finestra, e prendere a strisciare giù per il muro del castello, al di sopra dello spaventevole abisso; a faccia in giù, il mantello aperto a guisa di due grandi ali.»

Mi è bastato aprire il libro per farmi venire voglia di leggerlo un’altra volta. Sì, ormai è deciso… lo ricomincerò appena mi stenderò a letto.
Ah, quanti ricordi e quante disavventure ho passato insieme a questo libro, quanti bei momenti passati a sfogliarlo e risfogliarlo, quante volte ho assaporato gli eleganti periodi di cui è composto sussurrandone a fior di labbra ogni singola parola; quante volte dopo aver spento la luce per andare a dormire sentivo le voci delle tre mogli vampire invitarmi a prendere parte ad un’orgia con un tragico e sanguinoso finale; quante volte, sempre al buio, mi è parso di intravedere l’ombra del Conte aggirarsi per la mia stanza alla ricerca anche solo di una goccia di sangue. Sono certo che anche questa volta proverò le stesse identiche emozioni.

E anche stanotte, prima di posare questo amato volume sul comodino, ne accarezzerò lievemente la copertina, ammirandone la figura stampataci sopra, e gli darò la buonanotte sussurrando queste semplici parole:

«Denn die Toten reiten schnell»

(trad. «Poiché i morti cavalcano lesti»)

 

E.


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