"Che schifo, sono a letto con Rachel Weisz..."
"Che schifo, sono a letto con Jude Law..."
La vita è tante cose. A volte è una cosa meravigliosa, altre una merda. A volte è bella, come dice Roberto Benigni, altre ‘na strunzata, come dice Tony Servillo. Secondo alcune teorie, la vita è come un cerchio. Quello che fai, sia di buono che di cattivo, prima o poi ti torna indietro, in un modo o nell’altro. What goes around… come around. Tutto ruota di 360°, come suggerisce il titolo originale di questa pellicola, ribattezzata in Italia con un banale quanto anonimo Passioni e desideri. Chissà se anche il male che fanno ai film i titolisti italiani presto o tardi tornerà loro indietro? È tutta una questione di karma, e io a queste stronzate ci credo pure. Il problema è quando ci si costruisce sopra un film, come l’agghiacciante Cloud Atlas, o una serie tv, come la pessima Touch. Quando si cerca di trovare una interconnessione a tutto, quando si cerca di trovare un senso all’intrecciarsi della vita di persone che vivono a parecchia distanza tra loro, ecco che lì si rischia di fare un patatrac. Le storie corali, ebbene sì, sono una delle cose più difficili da gestire e orchestrare al mondo. Come se la sarà cavata il brasiliano Fernando Mereilles, il regista del notevole City of God?
"Ferma Mads Mikkelsen, come Hannibal non vale niente!"
Il Mereilles evita il disastro, ma allo stesso tempo non riesce a convincere in pieno. In confronto a Cloud Atlas, questo Passioni e desideri è un capolavoro. Okay, non c’andava tanto. In confronto a pellicole ben più riuscite come Magnolia o Babel, invece, non vale nulla. Sta nel mezzo. Si lascia guardare, suscita un paio di riflessioni, ha qualche singolo momento non malvagio, eppure non riesce a dire niente di nuovo, né a livello cinematografico né esistenziale. È un esercizio di scrittura che riesce a tenere incollate insieme una serie di storie e di personaggi differenti, e lo fa in maniera accettabile, senza mai risultare troppo indigesto. Cosa non da poco. Alla fine non riesce però a chiudere il cerchio. O meglio, lo chiude alla buona, senza proporre una visione d’insieme che rimanga davvero impressa, un po’ come capitava già a un altro film corale sceneggiato da Peter Morgan, lo shyamalaniano Hereafter di Clint Eastwood.Quali sono, comunque, questi personaggi il cui fato è cucito insieme da Mereilles? C’è Jude Law che in viaggio d’affari a Vienna vuole andare con una
"E io che ci posso fare, Anthony? Aspetta che ti passo lo psicopatico di turno."
C’è la"Pronto? Sono lo psicopatico di turno. Cercavate me?"
Nel frattempo, tanto per complicare il quadro già bello articolato, la tipa brasiliana (Maria Flor) del giovane amante di Rachel Weisz scopre che il suo boyfriend la tradisce con la MILFona e decide di ritornarsene in patria, già che c’è per unirsi alle proteste anti Mondiali e anti Confederations Cup. No, questo no. Sull’aereo, la tipa brasiliana conoscerà Anthony Hopkins, un uomo la cui figlia è scomparsa nel nulla anni prima e che però non riesce ad arrendersi al fatto di non ritrovarla più. Mentre fa scalo a Denver prima di arrivare in Brasile, la fanciulla conoscerà anche un ragazzo, Ben Foster. Buon per lei? Più o meno, visto che lui è stato appena scarcerato dopo aver scontato una condanna per reati sessuali… Ho dimenticato qualcuno? No, non mi sembra. I personaggi principali sono questi e le loro vite, alcune più interessanti, altre meno, in qualche modo sono intrecciate, tra ambientazioni che comprendono Vienna, Parigi, Londra,Il cinema come la vita è tante cose. A volte è una cosa meravigliosa, altre una merda. A volte è bello, altre ‘na strunzata. E altre volte ancora è semplicemente così così. (voto 5,5/10)