- Italia vs Francia -
- La ricetta della Pasta alla puttanesca¹ si trova già nei libri di cucina di Vincenzo Corrado (Il cuoco galante del 1773) e di Ippolito Cavalcanti (Cucina teorico-pratica, del 1837) leggi: ambedue consigliavano l’uso dei Vermicelli. Si preparava un sugo velocissimo con gli ingredienti quasi sempre presenti in tutte le cucine napoletane, tenuti a portata di mano, senza bisogno di perder tempo per acquistarli così le donne che preparavano questo veloce e gustoso sugo potevano impiegare il tempo risparmiato, in attività… più allegre!!! E’ un primo piatto tipico della cucina napoletana e viene volgarmente detta anche, “Aulive ‘e chiapparielli” (olive e capperi). La primogenitura se la contendono Ischia, Capri e Positano. Nella puttanesca originale non vanno utilizzate ne’ alici ne’ prezzemolo. Esistono comunque un’infinità di varianti, come quella Laziale dove sono presenti le acciughe.
- La ricetta della Pasta alla bonne femme è simile alla puttanesca, ma piu’ elaborata e raffinata, dai sapori meno decisi.
Ingredienti per 4 persone
360 gr. di pasta (penne, vermicelli, spaghetti, linguine, maccheroni ecc.), 150 gr. di olive nere di Gaeta e verdi denocciolate, 4 acciughe, 1 spiccho d’aglio, 1 manciata di capperi sotto sale, salsa di pomodoro, prezzemolo, peperoncino, olio evo, sale.
Preparazione
Fate un trito di aglio e prezzemolo. Tagliate a fettine le olive e i capperi.
In una padella capiente mettete le acciughe nell’olio e quando saranno sfatte aggiungete il trito di prezzemolo e aglio, i capperi e le olive. Fate soffriggere, quindi versate la salsa di pomodoro e il peperocìncino. Mescolate e cuocere per una decina di minuti, continuando a mescolare.
Lessate al dente la pasta, scolatela e versatela nel sugo. Fate insaporire mescolando bene. Distribuite foglie di prezzemolo fresco.
Vino
Bianco: Falanghina dei Campi Flegrei (Campania), Fiano di Avellino (Campania),Rosso: Aglianico del Vulture (Basilicata), Negramaro (Puglia), Lambrusco giovane (Emilia).
- ¹Sul singolare nome esistono varie possibili interpretazioni. Arthur Schwartz riporta quanto segue circa questo piatto:
« … Per quanto riguarda la sua origine etimologica, (il termine puttanesca) è stato oggetto degli sforzi di immaginazione di molti studiosi, che hanno tentato in ogni modo di trovare la soluzione all’enigma. Alcuni dicono che il nome di questa ricetta derivò, all’inizio del secolo, dal proprietario di una casa di appuntamenti nei Quartieri Spagnoli, che era solito rifocillare i propri ospiti con questo piatto, sfruttandone la rapidità e facilità di preparazione. Altri fanno riferimento agli indumenti intimi delle ragazze della casa che, per attirare e allettare l’occhio del cliente, indossavano probabilmente biancheria di ogni tipo, di colori vistosi e ricca di promettenti trasparenze. I tanti colori di questo abbigliamento si ritroverebbero nell’omonima salsa: il verde del prezzemolo, il rosso dei pomodori, il viola scuro delle olive, il grigio-verde dei capperi, la tinta granata dei peperoncini.
Altri sostengono che l’origine del nome sia da attribuire alla fantasia di una ragazza di vita Yvette la Francese , che si ispirò alle proprie origini provenzali. Yvette, probabilmente, non era dotata solo di fantasia, ma anche di senso dell’umorismo e di un’ironia alquanto caustica, che forse sfruttò per celebrare, attraverso il nome di questo piatto, la professione più antica del mondo. … »
Jeanne Carola Francesconi riporta invece una versione diversa:
« … Questi maccheroni, sebbene più ricchi dei loro parenti, si chiamavano alla marinara. Ma subito dopo la seconda guerra mondiale, a Ischia, il pittore Eduardo Colucci, non so come né perché, li ribattezzò con il nome con cui oggi è generalmente conosciuto.
Colucci, che viveva per gli amici, d’estate abitava a Punta Molino – in quel tempo uno degli angoli più pittoreschi di Ischia – in una rustica e minuscola costruzione; camera con cucinino e un terrazzo in mezzo al quale si innalzava un albero di ulivo. Oltre ai consueti più intimi amici, sfilavano sulla sua terrazza le più svariate personalità italiane e straniere. E lui, dopo aver offerto come aperitivo un fresco e genuino vinello d’Ischia, improvvisava spesso una cenetta a base di questi maccheroni che erano la sua specialità. … »
Annarita Cuomo riporta una versione ancora diversa:
« …Fu infatti l’architetto Sandro Petti, ai fornelli del suo Rancio Fellone, una sera di normale routine culinaria, di un’estate qualunque dell’inizio degli anni ’50, a inventare il “Sugo alla Puttanesca”, utilizzando quei prodotti freschi dei nostri orti, che tutti hanno normalmente in dispensa. È lo stesso architetto Sandro Petti a raccontarcelo: “Quella sera di tanti anni fa, era molto tardi, ai tavoli del locale sedettero un gruppo di amici veramente affamati… io avevo finito tutto, e li avvisai: “Mi dispiace non ho più nulla in cucina, non posso preparavi niente”. Ma loro insistettero e mi esortarono dicendo: “Ma dai Sandro, è tardi ed abbiamo fame, dove vuoi che andiamo… facci una puttanata qualsiasi”. La “puttanata qualsiasi” che l’eclettico Sandro Petti (che in cucina è un autentico mago) portò in tavola di lì a poco, era proprio un fumante piatto di “Spaghetti alla Puttanesca” (solo che ancora non erano stati battezzati tali)… una pietanza che da quella famosa sera, divenne un must della tradizione culinaria dei ristoranti non solo ischitani, ma addirittura di tutto il mondo…. »