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Pasti memorabili in giro per il mondo

Da Claudsinthesky
  • Tra le altre cose, Parigi è stata per me la città delle prime volte culinarie: è qui che ho imparato a mangiare formaggio, da Chartier ho provato le famose escargot che prima mi facevano tanto schifo (e invece è stata una rivelazione di sapore!), il mio primo sashimi l’ho provato vicino alla Madeleine, il couscous in rue des Trois Frères e ho gustato hummous, babagannoush e tabboule per la prima volta da El Fares, un ristorante libanese non lontano dalla Torre Eiffel. Eppure, se dovessi citare un pasto che nella mia memoria è indissolubilmente legato al mio primo soggiorno francese, si tratterebbe delle splendide ostriche mangiate una sera in un ristorantino nella città corsara di Saint-Malo, dove, insieme alla mezza dozzina di ostriche d’allevamento ne servivano una selvatica: un vero concentrato di mare!

pasti memorabili in giro per il mondo

  • Eravamo nel mezzo delle desolate Jebel Akhdar, le Green Mountains omanite, quando all’improvviso sulla strada è spuntato un gruppo di bambini che si è avvicinato alla macchina per venderci delle strane bacche che nel dialetto locale si chiamano bout. Il gusto era ottimo e ricordava vagamente il sapore del gelso, ma da allora non sono ancora riuscita a scoprire se questi frutti crescono anche da qualche altra parte e quale sia il loro nome in una qualsiasi lingua a me intelligibile: persino l’amico emiratino che mi accompagnava non li aveva mai né visti né sentiti nominare… mistero!
  • A Cittadella c’è una pizzeria, El Cioro, che una volta alla settimana faceva una serata a tema all-you-can-eat e con qualcosa come sei euri si poteva mangiare pizza a volontà+sorbetto+bevanda. [tra l'altro Tripadvisor m'informa che la serata - si chiama "Giropizza" - esiste ancora, si tiene ogni mercoledì sera e costa otto euri]. Immagino che per il proprietario di questo posto sia un affare, ma con noi gli è andata male, visto che ci siamo scafate tre pizze a testa oltre a una pizza al cioccolato bianco per dessert.
  • Quando abitavo a Venezia, per qualche strana congiuntura astrale – in genere visite di parenti e/o amici vari – capitavo a Burano (che io adoVo) sempre il primo fine settimana di ottobre, quando si festeggia non so più quale festa popolare e la piazza principale, di fronte alla chiesa di San Martino, viene trasformata in un’enorme friggitoria a cielo aperto dove ho mangiato, per qualcosa come 5 miseri euri, il miglior fritto di pesce che ricordi. Ah beh, ora che ci penso anche quello della festa di San Piero de Castèo (ultimo weekend di giugno) non era affatto male!
  • L’inverno scorso mi sono incontrata con un’amica a Termoli e, per ricordare i bei tempi passati insieme ad Abu Dhabi, mi ha portata a mangiare pesce al ristorante Il Borgo: l’antipasto di crudo era talmente fresco che il pesce praticamente era ancora vivo e i mitili si ritraevano quando li succhiavi.
  • Quando sono partita per lo Sri Lanka avevo in mente uno di quei classici viaggi zaino in spalla, invece, alla fine mi sono ritrovata a girare alberghi di lusso che offrivano piatti stereotipati adattati ai gusti dei turisti occidentali (leggi: le spezie le avevano viste solo di striscio). È stato un bel cambiamento arrivare alla Mudhouse, dove, pur mangiando rice&curry tutti i giorni, i sapori – così tipici e variegati, pesce/pollo/melanzane/jackfruit/fiori di banana/anacardi/mango/uova – non mi hanno mai stufato. La parte migliore? Poter, finalmente, mangiare con le mani! [anzi, quasi quasi faccio un tutorial su come mangiare il riso con le mani alla maniera indiana] [e comunque, se qualcuno dovesse soggiornare dal mio amico Kumar, consiglio di prenotare un corso di cucina con il loro chef]

pasti memorabili in giro per il mondo

  • Prima di partire per Abu Dhabi (correva il lontano 2007), sono andata per una settimana in Spagna a trovare il mio migliore amico, che si era stabilito in Costa del Sol, e per la precisione nella gaiissima Torremolinos. Vabbé, chevvelodicoaffare, il posto è fintissimo come una qualsiasi altra colonia marittima per borghesi anglici con gli alberelli d’arancio tutti potati perfettamente allo stesso modo e quell’aria di mediterraneità messa in gabbia dalla compostezza vagamente depressa tipica dei British, MA c’è una marisqueria, Casa Flores (Avenida Palma de Mallorca 4, tel. +34 952 380872), che fa delle tapas che sono la fine del mondo e costa pure poco!
  • Il primo pasto “serio” da me fatto al Cairo, quindi senza contare l’abbuffata quotidiana di tammeya e uova sode di cui mi sono nutrita tutta la prima settimana, è stata quando dei ragazzi egiziani, per provarci con le mie amiche, ci hanno portate in un ristorante di Khan el-Khalili, el-Dahan (piuttosto popolare tra i locali, si trova a Hossein, proprio vicino all’ingresso del souq, tel. +20 2 25939325) dove ho assaggiato il piatto di carne migliore che abbia mai provato: nifa’, ovvero carne di gazzella grigliata così tenera che si scioglie in bocca.
  • Una delle cose di cui mi bullerò per tutta la vita con gli altri viaggiatori è che sono riuscita a vivere in Egitto per oltre tre mesi senza mai dover usufruire di Imodium et similia. Grazie all’impegno costante che metto nel curare la mia coltura di anticorpi intestinali – di cui, c’è da dire, vado molto fiera – (una volta un’amica mi disse: “Madonna CITS, se ti s’avvicina un batterio se ne scappa subito per paura che gl’attacchi qualcosa!”) sono una delle poche visitatrici che non è stata colta dalla maledizione di Tutankhamon! E sì che, tra l’acqua di rubinetto e le budella a Sayyeda Zeinab, di schifezze ne ho magnate! Credo che una delle esperienze da scrivere nel Moleskine sia decisamente quando i camerieri dell’Hard Rock Café, alla chiusura del locale (= alba), ci hanno riaccompagnato a piedi a casa (vabbé, eravamo a Garden City): c’era un carrettino che vendeva un foul molto liquido delizioso accompagnato da ‘aysh fragrante e ci siamo fermati tutti insieme a mangiarcelo sul cofano delle macchine parcheggiate lì vicino… uno dei ricordi più belli che ho del soggiorno cairota!
  • Dei miei cinque giorni a Rijeka ricordo con particolare affetto i tentativi della mia amica J. di farmi vivere da tipica studentessa croata, imbottendomi di borek per colazione e poi lasciandomi a starvare per l’intera giornata. Le cose che ricordo meglio, effettivamente, non sono cibi (a parte una meravigliosa torta Dobos da Vincek a Zagabria), bensì bevande, analcoliche – tipo i litri di cappuccino ingurgitati al Palach o la Cockta – o alcoliche – come il pelinkovac – oppure un misto di entrambe: il top è stato infatti una sera in cui siamo andate ad ascoltare un concerto, non particolarmente brillante come idea visto che ci eravamo scolate una bottiglia a testa di bambus (un misto di pessimo vino rosso e coca cola) e per arrivare al conservatorio ci siamo dovute fare più di 500 scalini! Immaginatevi in che condizioni siamo arrivate!
  • Ad Abu Dhabi non ho avuto esperienze culinarie davvero memorabili, a parte quando, arrivata da poco, un amico emiratino mi ha invitato a un iftar a casa sua e la madre ci ha preparato un banchetto squisito. L’unico pasto che sorpassa le prelibatezze della signora Al Junaibi è un altro iftar, che si colloca all’altra estremità della scala rispetto alla cheapperia di quelli elencati finora, ovvero quello dell’Emirates Palace a cui io e un collega siamo stati invitati. Il cibo era ovviamente delizioso, ma la cosa che mi ha scioccato maggiormente è stata la varietà e la quantità del buffet: basti pensare che il solo tavolo dei dessert era più grande della pizzeria di mia zia!

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